2019-05-30
Calenda appena eletto col Pd vuole sfasciare il Pd
L'ex ministro, tre giorni dopo essersi fatto eleggere al Parlamento Ue nelle fila dei democratici, annuncia in un'intervista: «Vedo l'utilità di una forza di centro». Poi la tragicomica retromarcia: «Andrei avanti solo se me lo chiedesse Zingaretti...».«E se oggi fondassi un partito?». Voi dovete capire il dramma di Carlo Calenda: ogni giorno deve inventarsene una per restare a galla sui giornali e in tv. Ultimamente, un po' a corto di idee, aveva pure cercato di trasformarsi in spadaccino, vestendo i panni di Zorro in diretta Facebook. Poi aveva provato la carriera di aspirante-martire-per-mano-dei-rozzi-leghisti, presentandosi a Milano, in piazza Duomo, al comizio di Salvini. In entrambi i casi, gli è andata male: in piazza Duomo nessuno l'ha sfiorato con un dito e vestito da Zorro, beh, è apparso perfino più credibile che con camicia e cravatta in certi dibattiti tv. Risultato: ha continuato a far ridere, cosa che però non lo ha mai spaventato più di tanto. Sempre meglio che lavorare, come si suol dire.Calenda, nato ai Parioli, «spermatozoo d'oro della Roma borghese», secondo storica definizione di Fulvio Abbate, già star a 10 anni negli sceneggiati con Johnny Dorelli e Ugo Pagliai, nonno regista, mamma regista, cresciuto fra camerieri in guanti bianchi, servito, riverito e poi svezzato da Luca Cordero di Montezemolo, la cui scia di lacca ha sempre cercato di inseguire, beh, di lavoro duro non ne ha mai fatto tanto. E per questo l'idea di fondare un partito gli è subito sembrata molto bella. L'ha confidata a Repubblica, in un'intervista a tutta pagina intitolata proprio così: «Pronto a fondare un partito alleato del Pd». Dichiarazione vibrante e definitiva: «Siamo Europei (il suo manifesto-lista-corrente, ndr) può diventare un partito. Io vedo l'utilità di avere una forza di centro, liberaldemocratica». Perché, è chiaro, bisogna «mettere insieme tre culture: la sinistra, il cattolicesimo democratico e il liberalismo». Tre culture e un Calenda, come da rubrica della Settimana Enigmistica: dov'è l'errore?Immaginiamo però il compiacimento del bel Carlo mentre ieri mattina rimirava la sua intervista a tutta pagina, congratulandosi con sé stesso. «Stavolta sono riuscito a far parlare di me senza troppi sforzi», rimuginava tutto trullo. In effetti: per guadagnarsi un affaccio in prima pagina altre volte era stato costretto a esibizioni spericolate, come quando aveva fatto il Sirenetto di alta montagna, fra lago e chalet, mettendosi in posa a petto nudo davanti a un allibito cigno. Adesso invece niente. «Come sono bravo», avrà pensato. «Già temevo, per tenere accesi i riflettori su di me, di dover travestirmi da Barbie, già progettavo di sfidare Salvini a taekwondo. Invece non è stato necessario. È bastato annunciare un partito e zac, paginona e richiamo in prima assicurati». Sono soddisfazioni, si capisce.Soltanto che mentre Carletto era lì a rimirare il suo genio comunicativo, la sua intervista suscitava qua e là qualche perplessità. E qualcuno deve averlo gentilmente avvertito. Ma come? Sei arrivato nel Pd l'altro ieri e già te ne vuoi andare? E poi: non hai appena fatto campagna elettorale con il Pd? Non ti sei fatto eleggere al Parlamento europeo per rappresentare il Pd? E che fai? Appena eletto cambi partito? Altro che Zorro, altro che Barbie: tu sei Zelig. Quando ti avevamo visto in quella famosa foto sul laghetto ci eri sembrato nudo come un verme. Ora ti sei soltanto rivestito.Immaginiamo che, in casa Pd, siano state più o meno queste le reazioni all'intervista. E infatti il giornale era appena arrivato in edicola e già Carletto, preoccupatissimo, si premurava di innestare la marcia indietro: «Non ho mai detto che fonderò un partito», ha mentito via tweet, ben sapendo di mentire. In effetti lo aveva detto (parole testuali: «Siamo Europei può diventare un partito, vedo l'utilità di una forza di centro»). Però, siccome si è pentito, o lo hanno fatto pentire, si è affrettato a precisare che lui il partito (che non vuol fondare) in realtà lo fonderebbe davvero, ma solo con il consenso del segretario del Pd Nicola Zingaretti. Che è un po' come quando a scuola si studiavano le Costituzioni octroyées (concesse dall'alto), ricordate? Ecco: qui siamo al primo esempio storico di scissione octroyée, concessa dall'alto. Spacco il tuo partito, caro segretario, ma solo se tu mi dai il permesso di spaccarti. Noblesse oblige, si capisce. Lo spermatozoo dei Parioli non si tradisce mai.Provate a pensare se la stessa cosa fosse successa alla Bocciofila Pautasso del basso Piemonte. Uno si iscrive, appena iscritto fa un casino infernale, convince il presidente, si fa selezionare per giocare le gare importanti al posto di altri giocatori iscritti da una vita, vince la qualificazione ai campionati europei, ma quando sta per andare a giocare in Europa con la maglia della Bocciofila Pautasso, dice: «Scusi presidente, se non la disturba io fonderei un'altra bocciofila e andrei a giocare in Europa con loro. Ma solo se lei è d'accordo, eh?». Alla Bocciofila Pautasso finirebbe con il soggetto in questione al posto del boccino: chi lo prende al primo colpo vince la medaglia. Siccome non siamo alla Bocciofila Pautasso ma nell'allegro caravanserraglio del Pd, invece, finirà a tarallucci e vino. Magari, pensate un po', ci sarà persino chi prenderà sul serio questa ultima trovata. E staremo per giorni e giorni, talk e talk, a dibattere sul Carletto in versione Montezemolo minore, che gioca a fare la politica e ama stare sui giornali. E perciò prima si iscrive al Pd, subito dopo lo vuole sfasciare, epperò lo vuole sfasciare con il consenso del medesimo Pd, con cui si è fatto eleggere in Europa ma che si schifa un po' di rappresentare perché manca delle tre culture che invece andrebbero rappresentate in un altro partito che lui si appresta a fondare e forse subito ad affondare. Se non ci avete capito niente, non preoccupatevi: è che Calenda ama molto travestirsi. E dopo aver provato con Zorro, gli è venuta quest'idea di fare il pagliaccio. Gli viene proprio bene, a quanto pare.
(Totaleu)
Lo ha detto l'eurodeputato di Fratelli d'Italia Paolo Inselvini alla sessione plenaria di Strasburgo.
Giornata cruciale per le relazioni economiche tra Italia e Arabia Saudita. Nel quadro del Forum Imprenditoriale Italia–Arabia Saudita, che oggi riunisce a Riyad istituzioni e imprese dei due Paesi, Cassa depositi e prestiti (Cdp), Simest e la Camera di commercio italo-araba (Jiacc) hanno firmato un Memorandum of Understanding volto a rafforzare la cooperazione industriale e commerciale con il mondo arabo. Contestualmente, Simest ha inaugurato la sua nuova antenna nella capitale saudita, alla presenza del vicepremier e ministro degli Esteri Antonio Tajani.
L’accordo tra Cdp, Simest e Jiacc – sottoscritto alla presenza di Tajani e del ministro degli Investimenti saudita Khalid A. Al Falih – punta a costruire un canale stabile di collaborazione tra imprese italiane e aziende dei Paesi arabi, con particolare attenzione alle opportunità offerte dal mercato saudita. L’obiettivo è facilitare l’accesso delle aziende italiane ai mega-programmi legati alla Vision 2030 e promuovere partnership industriali e commerciali ad alto valore aggiunto.
Il Memorandum prevede iniziative congiunte in quattro aree chiave: business matching, attività di informazione e orientamento ai mercati arabi, eventi e missioni dedicate, e supporto ai processi di internazionalizzazione. «Questo accordo consolida l’impegno di Simest nel supportare l’espansione delle Pmi italiane in un’area strategica e in forte crescita», ha commentato il presidente di Simest, Vittorio De Pedys, sottolineando come la collaborazione con Cdp e Jiacc permetterà di offrire accompagnamento, informazione e strumenti finanziari mirati.
Parallelamente, sempre a Riyad, si è svolta la cerimonia di apertura del nuovo presidio SIMEST, inaugurato dal ministro Tajani insieme al presidente De Pedys e all’amministratore delegato Regina Corradini D’Arienzo. L’antenna nasce per fornire assistenza diretta alle imprese italiane impegnate nei percorsi di ingresso e consolidamento in uno dei mercati più dinamici al mondo, in un Medio Oriente considerato sempre più strategico per la crescita internazionale dell’Italia.
L’Arabia Saudita, al centro di una fase di profonda trasformazione economica, ospita già numerose aziende italiane attive in settori quali infrastrutture, automotive, trasporti sostenibili, edilizia, farmaceutico-medicale, alta tecnologia, agritech, cultura e sport. «L’apertura dell’antenna di Riyad rappresenta un passo decisivo nel rafforzamento della nostra presenza a fianco delle imprese italiane, con un’attenzione particolare alle Pmi», ha dichiarato Corradini D’Arienzo. Un presidio che, ha aggiunto, opererà in stretto coordinamento con la Farnesina, Cdp, Sace, Ice, la Camera di Commercio, Confindustria e l’Ambasciata italiana, con l’obiettivo di facilitare investimenti e cogliere le opportunità offerte dall’economia saudita, anche in settori in cui la filiera italiana sta affrontando difficoltà, come la moda.
Le due iniziative – il Memorandum e l’apertura dell’antenna – rafforzano dunque la presenza del Sistema Italia in una delle aree più strategiche del panorama globale, con l’ambizione di trasformare le opportunità della Vision 2030 in collaborazioni concrete per le imprese italiane.
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