2023-07-09
La caduta di Rutte ci lascia scoperti in Tunisia
Frans Timmermans e Mark Rutte (Getty Images)
La crisi del governo olandese sui migranti leva a Giorgia Meloni una spalla nella trattativa con l’Africa. E ora resta solo Ursula Von der Leyen. A questo punto Frans Timmermans potrebbe correre da premier. E continuare a essere, come oggi in Commissione, una spina nel fianco.Per l’Italia un possibile alleato, Mark Rutte, e un sicuro nemico, Frans Timmermans. Due olandesi che presto potrebbero confrontarsi per la successione a premier d’Olanda. Il primo in un costante percorso di avvicinamento all’Italia sul tema immigrazione e sulla scelta di aiutare finanziariamente la Tunisia. Il secondo, attuale vicepresidente della Commissione e probabile scelta dei socialisti per la presidenza nel 2024, potrebbe invece decidere di rimescolare le carte in tavola e tornare a guardare all’Aja, dove - numeri alla mano - potrebbe conquistare la maggioranza. In entrambi i casi, a Bruxelles o in Olanda, Timmermans resterebbe per noi una spina nel fianco. In commissione sui temi del green, visto l’ecofollia che il suo partito rappresenta, e su quelli dell’immigrazione se dovesse far ritorno all’Aja. Temi di per sé molto caldi visto che sono la ragione per cui l’attuale premier si è dovuto dimettere la scorsa notte. Rutte e l’Appello cristiano democratico (Cda) spingevano per una limitazione netta dei ricongiungimenti familiari per i migranti. L’altra metà dell’alleanza, i liberali del partito D66 e i calvinisti dell’Unione cristiana, si sono opposti. Nella notte tra giovedì e venerdì è partita l’ultima, cruciale, trattativa.E alla fine Rutte ha dovuto alzare bandiera bianca. «Il primo ministro olandese ha annunciato le dimissioni del suo governo di coalizione, dopo che le divergenze tra i partiti su come limitare l’immigrazione si sono rivelate insormontabili», si legge in una nota. «Stasera abbiamo purtroppo raggiunto la conclusione che le differenze sono insormontabili. Per questo motivo a breve presenterò le mie dimissioni per iscritto al re a nome di tutto il governo», ha detto poi in conferenza stampa. Il quarto esecutivo guidato dal ministro-presidente (questo il nome ufficiale del capo di governo dei tulipani) aveva già avuto un parto difficile.Il partito Vvd (Popolari per la libertà e la democrazia), nel marzo del 2021 aveva vinto le elezioni senza però ottenere la maggioranza per governare da solo, cosa che in Olanda è praticamente sempre accaduta. In quell’occasione, tuttavia, i negoziati per la formazione dell’esecutivo erano stati più difficili. Dopo ben 271 giorni di trattative, nel gennaio del 2022, il governo Rutte IV vedeva la luce con la sponda decisiva dei liberali di D66, che ottenevano il cruciale ministero delle Finanze, assegnato a Sigrid Kaag. Di lì in poi il governo olandese ha comunque navigato in acque agitate. Fino al primo, vero campanello d’allarme: le elezioni locali stravinte nella scorsa primavera dal neonato partito degli agricoltori (Bbb), contrario alle politiche ambientali che hanno in Timmermans il massimo esponente. A far deflagrare esecutivo dell’Aja, tuttavia, è stato il dossier del ricongiungimento familiare. Un ultimo tentativo di mediazione era stato messo sul tavolo dal segretario di Stato Eric Van der Burg, che prevedeva lo stop temporaneo ai ricongiungimenti familiari in caso di eccessivo aumento di flussi i migratori. Per i liberali e, soprattutto, per l’Unione cristiana, la misura restava eccessivamente severa. La trincea calvinista non è caduta. A cadere è stato il governo. In Europa la fine dell’esecutivo Rutte è destinata a sferrare un altro colpo all’asse centrista che finora ha fatto da architrave alle scelte di Bruxelles.Il suo partito è membro dei liberali di Renew. Assieme a Viktor Orbán (la cui carica da primo ministro è più longeva di pochi mesi), Rutte è il capo di governo che continuativamente è stato al suo posto per più tempo in Europa. Secondo i media locali è ora molto probabile che si torni alle elezioni a ottobre. Visto la storia dell’Olanda è possibile che Rutte si giochi le carte per la quinta rielezione. Certo, nel frattempo il suo sostegno al tema immigrazione rischia comunque di essere indebolito. La visita in Tunisia del commissario per l’allargamento, Olivier Varhelyi, era prevista per lo scorso 27 giugno. Slittata per una improbabile scusa, quella delle feste religiose, non è ancora stata rimessa in agenda. All’ordine del giorno ci doveva essere il primo bonifico da 100 milioni per Kais Saied, il leader tunisino, in cambio dell’apertura alla pratica chiesta ai Paesi terzi. Cioè la triangolazione dei rimpatri. A supportare Giorgia Meloni c’erano due figure di spicco. Una resta. È Ursula von der leyen che così cerca aiuto dentro Ecr per una sua eventuale ricandidatura in Commissione. L’altra figura è appunto Rutte , che a sua volta aveva bisogno di placare la piazza interna. E vedremo quali mosse farà. L’importante è chiudere la partita Tunisia al più presto. Prima che lo Stato islamico deflagri. Prima che Timmermans prenda il posto di Rutte a ottobre. Il socialista farebbe danni. Almeno quanti ne sta facendo ora da vicepresidente della Commissione.