
Mauro Imparato era giudice onorario del Tribunale di Bologna. Nel 2011, assieme a due illustri colleghi, svelò le storture del sistema di gestione dei minori. «Abbiamo subito ostracismo e calunnie». Alla fine, i tre «ribelli» furono allontanati.Mauro Imparato è psicologo, neuropsicologo e psicoterapeuta. Dal 2004 al 2013, per tre mandati consecutivi, è stato giudice onorario presso il Tribunale per i minorenni di Bologna. A partire dal 2011, assieme ad alcuni stimati colleghi, ha ripetutamente denunciato le storture del sistema di gestione dei minori, le stesse che hanno portato all'esplosione del caso Bibbiano. Il risultato è stato che Imparato è stato fatto fuori, e le sue segnalazioni non sono state ascoltate da chi di dovere. «Durante il mio secondo e terzo mandato (2008-2010 e 2011-2013) ho avuto modo di affiancare, collaborandovi strettamente, il dottor Guido Stanzani e il dottor Francesco Morcavallo, entrambi giudici togati», racconta. «Al massimo delle mie possibilità li ho appoggiati nel loro strenuo impegno volto a contrastare le malpratiche del Tribunale, in particolare gli “allontanamenti facili" e altri interventi de potestate privi di effettiva e comprovata giustificazione (un reale pregiudizio per il minore). Mi sono quindi trovato a contestare e contraddire subdoli e delittuosi ripetuti tentativi dei colleghi (presidente, giudici togati, giudici onorari) di allontanare Stanzani e Morcavallo, con infamanti calunnie e mendaci addebiti disciplinari». Imparato spiega che «in diverse occasioni, tra il gennaio 2011 e la fine del mio incarico (2013)», ha indirizzato esposti scritti a «presidente del Tribunale dei minorenni, Consiglio superiore della magistratura, Consiglio giudiziario, Corte d'appello, ministro della Giustizia, procura generale presso la Corte di cassazione, e persino Commissione bicamerale per i diritti dell'infanzia». Inoltre, ha ripetuto le sue denunce «direttamente in udienza davanti al Csm e davanti al procuratore generale presso la Corte di cassazione». Che cosa segnalava l'allora giudice onorario? «C'era un grande appiattimento sulle relazioni dei servizi sociali. La Procura della Repubblica chiedeva l'apertura di procedimenti ablativi della potestà senza fare una propria indagine, limitandosi a recepire segnalazioni a volte anche anonime», dice Imparato. «Il Tribunale dei minorenni era sempre molto uniformato a quello che dicevano i servizi sociali, senza fare grandi istruttorie. Il Tribunale dei minorenni faceva dei procedimenti provvisori che non sono appellabili e anche se la prassi sarebbe quella di convocare prima i genitori e poi decidere, quasi tutte le decisioni venivano assunte in via d'urgenza e magari i genitori venivano sentiti mesi dopo».Imparato ricostruisce, parlando con la Verità, quanto accadde in quegli anni. «Noi ci opponevamo a delle malpratiche veramente aberranti», racconta. «La più grave riguarda le camere di consiglio. Anziché essere di quattro componenti, erano delle riunioni con più giudici togati e molti onorari, cosa che non sarebbe ammessa dalla legge. Si prendeva in mano il fascicolo del bambino Pinco Pallino. Non venivano indicati subito i due giudici onorari che dovevano seguire il caso, ma il giudice relatore e il presidente discutevano e, in base ai pareri dei giudici onorari presenti, sceglievano quelli che si conformavano al loro parere». Dopo le denunce, su Imparato, Stanzani e Morcavallo si scatenò la bufera. Secondo Imparato, contro Stanzani ci furono «calunnie proferite per iscritto, al presidente del Tribunale, da parte di almeno due giudici togati e almeno due giudici onorari. Addebiti del tutto falsi. Lo accusavano di aver modificato decisioni di camera di consiglio durante la stesura dei decreti». Tutte falsità, dice Imparato, che era testimone diretto degli eventi e infatti confutò le accuse, anche se ricevette forti pressioni per agire altrimenti. Anche a Morcavallo furono attribuiti comportamenti sanzionabili a livello disciplinare. Tutta la faccenda, nel 2011, finì davanti al Csm, che in prima istanza decise di allontanare sia Morcavallo che Stanzani, il primo tramite provvedimento cautelare, il secondo per trasferimento volontario. Stanzani - che nel frattempo è deceduto - decise di non presentare ricorso, mentre Morcavallo continuò la battaglia. La Corte di cassazione gli diede ragione: annullò il suo trasferimento e rimproverò il Csm di non aver tenuto conto delle sue argomentazioni. Ci volle circa un anno prima che Morcavallo fosse reintegrato al Tribunale di Bologna. Ma per i tre giudici che avevano denunciato le storture del sistema i guai non erano ancora finiti. Imparato racconta che fu sospesa la rotazione dei giudici togati e onorari nelle camere di consiglio, in modo da impedire a lui, Stanzani e Morcavallo di condividere un qualsiasi collegio. Serviva «impedire che vi fosse mai alcun collegio in grado di opporsi, per maggioranza, ad allontanamenti ingiustificati di minori dalle loro famiglie o rigettare ricorsi inconsistenti della Procura della Repubblica». Insomma, i tre giudici sono stati messi in condizione di non turbare il funzionamento del meccanismo dell'affido facile. «Successivamente alle mie prime denunce e al mio rifiuto di calunniare Stanzani e Morcavallo», dice Imparato, «fui lentamente esautorato da qualsiasi attività istruttoria, per anni svolta in gran mole, e da qualsiasi delega di udienza, e fui “invitato" alle dimissioni dal presidente e da un altro giudice togato». Alla fine, però, diede le dimissioni, che non furono nemmeno prese in considerazione. «Il mio mandato fu fatto silenziosamente scadere senza che venissi più convocato (per ben 10 mesi) né mi fosse comunicata risposta per le mie dimissioni di denuncia e protesta da alcun ufficio o organismo competente», dice l'ex giudice. Ieri Maurizio Millo, ex presidente del Tribunale dei minori, parlando con il Resto del Carlino, ha dichiarato che «il Csm e l'Ispettorato non hanno trovato alcun elemento per dire che non svolgevamo il nostro compito in maniera corretta». Ma Imparato è sicuro: «Ciò che Millo dice non è vero. Se io avessi denunciato cose false e il Csm avesse verificato, ci sarebbero state pesanti conseguenze per me. Ma non è successo nulla. E comunque si può sempre controllare: basterebbe che i carabinieri facessero qualche verifica su ciò che ho denunciato».
Lucetta Scaraffia (Ansa)
In questo clima di violenza a cui la sinistra si ispira, le studiose Concia e Scaraffia scrivono un libro ostile al pensiero dominante. Nel paradosso woke, il movimento, nato per difendere i diritti delle donne finisce per teorizzare la scomparsa delle medesime.
A uno sguardo superficiale, viene da pensare che il bilancio non sia positivo, anzi. Le lotte femministe per la dignità e l’eguaglianza tramontano nei patetici casi delle attiviste da social pronte a ribadire luoghi comuni in video salvo poi dedicarsi a offendere e minacciare a telecamere spente. Si spengono, queste lotte antiche, nella sottomissione all’ideologia trans, con riviste patinate che sbattono in copertina maschi biologici appellandoli «donne dell’anno». Il femminismo sembra divenuto una caricatura, nella migliore delle ipotesi, o una forma di intolleranza particolarmente violenta nella peggiore. Ecco perché sul tema era necessaria una riflessione profonda come quella portata avanti nel volume Quel che resta del femminismo, curato per Liberilibri da Anna Paola Concia e Lucetta Scaraffia. È un libro ostile alla corrente e al pensiero dominante, che scardina i concetti preconfezionati e procede tetragono, armato del coraggio della verità. Che cosa resta, oggi, delle lotte femministe?
Federica Picchi (Ansa)
Il sottosegretario di Fratelli d’Italia è stato sfiduciato per aver condiviso un post della Casa Bianca sull’eccesso di vaccinazioni nei bimbi. Più che la reazione dei compagni, stupiscono i 20 voti a favore tra azzurri e leghisti.
Al Pirellone martedì pomeriggio è andata in scena una vergognosa farsa. Per aver condiviso a settembre, nelle storie di Instagram (che dopo 24 ore spariscono), un video della Casa Bianca di pochi minuti, è stata sfiduciata la sottosegretaria allo Sport Federica Picchi, in quota Fratelli d’Italia. A far sobbalzare lorsignori consiglieri non è stato il proclama terroristico di un lupo solitario o una sequela di insulti al governo della Lombardia, bensì una riflessione del presidente americano Donald Trump sull’eccessiva somministrazione di vaccini ai bambini piccoli. Nessuno, peraltro, ha visto quel video ripostato da Picchi, come hanno confermato gli stessi eletti al Pirellone, eppure è stata montata ad arte la storia grottesca di un Consiglio regionale vilipeso e infangato.
Jannik Sinner (Ansa)
Alle Atp Finals di Torino, in programma dal 9 al 16 novembre, il campione in carica Jannik Sinner trova Zverev, Shelton e uno tra Musetti e Auger-Aliassime. Nel gruppo opposto Alcaraz e Djokovic: il duello per il numero 1 mondiale passa dall'Inalpi Arena.
Il 24enne di Sesto Pusteria, campione in carica e in corsa per chiudere l’anno da numero 1 al mondo, è stato inserito nel gruppo Bjorn Borg insieme ad Alexander Zverev, Ben Shelton e uno tra Felix Auger-Aliassime e Lorenzo Musetti. Il toscano, infatti, saprà soltanto dopo l’Atp 250 di Atene - in corso in questi giorni in Grecia - se riuscirà a strappare l’ultimo pass utile per entrare nel tabellone principale o se resterà la prima riserva.
Il simulatore a telaio basculante di Amedeo Herlitzka (nel riquadro)
Negli anni Dieci del secolo XX il fisiologo triestino Amedeo Herlitzka sperimentò a Torino le prime apparecchiature per l'addestramento dei piloti, simulando da terra le condizioni del volo.
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Gli anni Dieci del secolo XX segnarono un balzo in avanti all’alba della storia del volo. A pochi anni dal primo successo dei fratelli Wright, le macchine volanti erano diventate una sbalorditiva realtà. Erano gli anni dei circuiti aerei, dei raid, ma anche del primissimo utilizzo dell’aviazione in ambito bellico. L’Italia occupò sin da subito un posto di eccellenza nel campo, come dimostrò la guerra Italo-Turca del 1911-12 quando un pilota italiano compì il primo bombardamento aereo della storia in Libia.
Il rapido sviluppo dell’aviazione portò con sé la necessità di una crescente organizzazione, in particolare nella formazione dei piloti sul territorio italiano. Fino ai primi anni Dieci, le scuole di pilotaggio si trovavano soprattutto in Francia, patria dei principali costruttori aeronautici.
A partire dal primo decennio del nuovo secolo, l’industria dell’aviazione prese piede anche in Italia con svariate aziende che spesso costruivano su licenza estera. Torino fu il centro di riferimento anche per quanto riguardò la scuola piloti, che si formavano presso l’aeroporto di Mirafiori.
Soltanto tre anni erano passati dalla guerra Italo-Turca quando l’Italia entrò nel primo conflitto mondiale, la prima guerra tecnologica in cui l’aviazione militare ebbe un ruolo primario. La necessità di una formazione migliore per i piloti divenne pressante, anche per il dato statistico che dimostrava come la maggior parte delle perdite tra gli aviatori fossero determinate più che dal fuoco nemico da incidenti, avarie e scarsa preparazione fisica. Per ridurre i pericoli di quest’ultimo aspetto, intervenne la scienza nel ramo della fisiologia. La svolta la fornì il professore triestino Amedeo Herlitzka, docente all’Università di Torino ed allievo del grande fisiologo Angelo Mosso.
Sua fu l’idea di sviluppare un’apparecchiatura che potesse preparare fisicamente i piloti a terra, simulando le condizioni estreme del volo. Nel 1917 il governo lo incarica di fondare il Centro Psicofisiologico per la selezione attitudinale dei piloti con sede nella città sabauda. Qui nascerà il primo simulatore di volo della storia, successivamente sviluppato in una versione più avanzata. Oltre al simulatore, il fisiologo triestino ideò la campana pneumatica, un apparecchio dotato di una pompa a depressione in grado di riprodurre le condizioni atmosferiche di un volo fino a 6.000 metri di quota.
Per quanto riguardava le capacità di reazione e orientamento del pilota in condizioni estreme, Herlitzka realizzò il simulatore Blériot (dal nome della marca di apparecchi costruita a Torino su licenza francese). L’apparecchio riproduceva la carlinga del monoplano Blériot XI, dove il candidato seduto ai comandi veniva stimolato soprattutto nel centro dell’equilibrio localizzato nell’orecchio interno. Per simulare le condizioni di volo a visibilità zero l’aspirante pilota veniva bendato e sottoposto a beccheggi e imbardate come nel volo reale. All’apparecchio poteva essere applicato un pannello luminoso dove un operatore accendeva lampadine che il candidato doveva indicare nel minor tempo possibile. Il secondo simulatore, detto a telaio basculante, era ancora più realistico in quanto poteva simulare movimenti di rotazione, i più difficili da controllare, ruotando attorno al proprio asse grazie ad uno speciale binario. In seguito alla stimolazione, il pilota doveva colpire un bersaglio puntando una matita su un foglio sottostante, prova che accertava la capacità di resistenza e controllo del futuro aviatore.
I simulatori di Amedeo Herlitzka sono oggi conservati presso il Museo delle Forze Armate 1914-45 di Montecchio Maggiore (Vicenza).
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