2023-02-26
«Obiettivo semplificazione: si lavora per avere un’unica identità digitale»
Alessio Butti (Imagoeconomica)
Il sottosegretario all’Innovazione Alessio Butti: «Per adesso siamo in linea con i target del Pnrr. Per il dopo Spid pensiamo a progetti che potrebbero cambiare il volto della Pa italiana. Accelerazione sulla fibra per tutti entro il 2026».Se non ci sarà un cambio di passo, il nostro Paese rischia di perdere le risorse del Pnrr destinate all’ammodernamento delle infrastrutture per la digitalizzazione. È l’allarme che lancia dalle nostre colonne il senatore di Fratelli d’Italia, Alessio Butti, uno dei massimi esperti tra i politici italiani di digitale e Tlc, responsabile del settore prima per An poi per Fdi e ora sottosegretario con delega all’Innovazione. Un ruolo chiave, anche in virtù della rilevanza che hanno assunto negli ultimi tempi questioni come la lotta alla pirateria (presentò sette anni fa la prima proposta di legge per il contrasto), i diritti tv del calcio (per i quali ebbe un ruolo fondamentale nell’emendare la legge Melandri) ma soprattutto la semplificazione della Pa, per la quale annuncia l’intenzione di arrivare in tempi brevi a un’identità digitale unica.Sottosegretario, partiamo dalla «madre» di tutte le questioni: a livello di infrastruttura il nostro Paese sconta ancora un gap rispetto agli Usa e ad altre nazioni d’Europa. A che punto siete con l’attuazione del Pnrr per quanto riguarda la banda larga su tutto il territorio e la digitalizzazione della Pa?«Noi paghiamo la mancanza di visione strategica e le scelte sbagliate degli ultimi anni. Per quanto ci riguarda vogliamo dismettere la rete in rame nel minor tempo possibile, ma abbiamo vistosi ritardi degli operatori nella posa della fibra. Come governo stiamo cercando di accelerare gli investimenti per rendere possibile la cablatura dell’intero Paese con la fibra fino a casa entro il 2026, la data indicata dal precedente governo e concordata con Bruxelles. Ma questa data rischia di non essere rispettata. Ecco perché dobbiamo essere molto cauti sulle risorse del Pnrr. Perché non dovremo solo dimostrare di aver impiegato le risorse, ma anche di aver raggiunto gli obiettivi. Per quanto riguarda la mia delega sulla strategia della banda ultralarga, voglio essere molto chiaro. Stiamo lavorando per modificare scelte operative e politica degli incentivi, con l’obiettivo di individuare le misure per far rispettare la scadenza Ue ed il rispetto degli obiettivi su cui l’Italia si è impegnata perché, se non saranno rispettati, la Ue non pagherà un bel niente e il governo sarà costretto a pagare di tasca propria. Non può accadere». Si è parlato spesso, man mano che ci si avvicinava alla scadenza dei contratti coi provider privati, di una possibile archiviazione dello Spid, anche se non immediata. Resta il problema di un quadro generale che non tende alla semplificazione.«Partiamo dalla digitalizzazione della Pa: siamo al momento in linea con i target del Pnrr. Stiamo inoltre lavorando su molti progetti che potrebbero cambiare il volto della Pa italiana, per assicurare servizi adeguati a cittadini e imprese. Abbiamo l’obiettivo prioritario della semplificazione, che nessuno ha voluto considerare neanche minimamente negli anni passati. Semplificheremo processi e procedure e proseguiremo con la digitalizzazione, ma in un contesto diverso. Per quanto riguarda la partita sull’identità digitale, privilegeremo lo sviluppo di un’identità digitale unica, semplice e in linea con i programmi europei».Veniamo a una questione spinosa, per la quale condivide le competenze anche con altri esponenti del governo: di recente i vertici del calcio italiano si sono rivolti direttamente all’esecutivo affinché intervenga sul problema della pirateria. Secondo lei esistono delle contromisure efficaci, in un’epoca in cui ormai la Rete sembra un Far West ingovernabile? «La pirateria è una piaga per lo sport, ma non solo. Penso al mondo cinematografico e dell’audiovisivo. Oltre ad essere un illecito che ingrassa la criminalità organizzata. Toglie risorse non solo al calcio e alle tv, ma anche, per effetto della mutualità, a tutto lo sport nazionale. È materia trasversale che politicamente coinvolge più amministrazioni. Parlando ora delle mie competenze, credo che si debba intervenire in modo netto, senza compromessi. E siamo pronti. Le misure efficaci, con l’aiuto dell’innovazione tecnologica, esistono e vedo che diversi parlamentari hanno ripreso, anche in questa legislatura, la battaglia da me intrapresa a suo tempo. Il Parlamento è attivo e al mio Dipartimento, in raccordo con altri colleghi, stiamo già lavorando in tal senso. Esistono diverse ipotesi e qualche proposta dettagliata. Dobbiamo solo confrontarci con tutti i portatori di interesse e nel rispetto delle deleghe assegnateci e condividerle, magari migliorarle. La soluzione può essere vicina».Nei giorni scorsi il governo ha stralciato dal decreto milleproroghe una norma presentata al Senato dal presidente della Lazio, Claudio Lotito, che prolungava di due anni i contratti in corso con Dazn e Sky per la trasmissione delle partite di Serie A. Lei che ha seguito per anni il tema ne ha parlato col diretto interessato? Cosa c’era che non andava bene?«Non ne ho mai parlato con il diretto interessato, anche perché pur essendo interessato alla materia dei diritti tv, da sempre e per deformazione professionale, la stessa non rientra nelle mie deleghe, ma ho sempre pensato che l’emendamento proposto avesse problemi giuridici evidenti: non si può per legge consentire ai privati di prorogare il termine dei loro contratti - peraltro dopo una gara sottoposta ai controlli delle autorità antitrust e delle comunicazioni - per altri due anni, a loro discrezione e opportunità. Ricordo che la nuova procedura per il prossimo periodo di vendita della Lega calcio serie A, a partire dal 2024 - per 3 o 5 anni, deciderà la lega - è già stata aperta due mesi fa con l’approvazione delle linee guida da parte delle due autorità; quindi, non era opportuno che il legislatore intervenisse».Negli ultimi anni, però, più di un parlamentare (lei compreso) ha sottolineato la necessità di superare o almeno fare un «tagliando» alla legge Melandri. Stavolta ce la farete? Può dirci a grandi linee secondo lei quali sono le priorità?«La Melandri ha funzionato discretamente in tutti questi anni, ma il mondo è cambiato rispetto al 2010. Bisogna da una parte snellire la procedura di vendita, con un controllo diretto di una sola autorità, quella della comunicazione e con meno divieti e oneri a carico delle leghe, calcio e basket. Poi bisogna rivedere la mutualità, da utilizzare anche per finalità diverse da quelle oggi individuate. Ma la mia è solo un’opinione personale e sono felice che oggi sia allo Sport il ministro Andrea Abodi, grande esperto in materia, persona concreta e con le idee molto chiare».
L'ex amministratore delegato di Mediobanca Alberto Nagel (Imagoeconomica)
Giorgia Meloni ad Ancona per la campagna di Acquaroli (Ansa)
«Nessuno in Italia è oggetto di un discorso di odio come la sottoscritta e difficilmente mi posso odiare da sola. L'ultimo è un consigliere comunale di Genova, credo del Pd, che ha detto alla capogruppo di Fdi «Vi abbiamo appeso a testa in giù già una volta». «Calmiamoci, riportiamo il dibattito dove deve stare». Lo ha detto la premier Giorgia Meloni nel comizio di chiusura della campagna elettorale di Francesco Acquaroli ad Ancona. «C'é un business dell'odio» ha affermato Giorgia Meloni. «Riportiamo il dibattito dove deve stare. Per alcuni è difficile, perché non sanno che dire». «Alcuni lo fanno per strategia politica perché sono senza argomenti, altri per tornaconto personale perché c'e' un business dell'odio. Le lezioni di morale da questi qua non me le faccio fare».
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