2018-10-11
Bus giù dal viadotto. Chiesti 10 anni per l’ad di Autostrade
Sulla A16 morirono in 40, secondo i periti perché sui guardrail non ci fu manutenzione. La Procura a Giovanni Castellucci: «Fu avidità?». Il procuratore capo di Avellino, Rosario Cantelmo, in aula ha chiesto ai giudici «una sentenza giusta, che non consenta a nessuno di farla franca».A togliere il sonno all'amministratore delegato di Autostrade per l'Italia Giovanni Castellucci non è solo l'inchiesta sul crollo del ponte Morandi di Genova. Ieri la Procura di Avellino ha chiesto di condannarlo a 10 anni di reclusione per un'altra strage: quella che per colpa di incuria e assenza di manutenzione ha permesso che un bus precipitasse da un viadotto della A16 Napoli-Canosa. Per i 40 morti nello schianto - oltre a una bimba costretta in sedia a rotelle - sono imputati in 12 (insieme a Castellucci sono a giudizio anche dipendenti e dirigenti della società). «Omicidio colposo plurimo e disastro colposo», recita l'accusa nel processo per il «viadotto della morte» denominato Acqualonga. Il procuratore capo di Avellino, Rosario Cantelmo, in aula ha chiesto ai giudici «una sentenza giusta, che non consenta a nessuno di farla franca». E ha argomentato: «Nulla di tutto questo si sarebbe verificato se Autostrade avesse semplicemente adempiuto al suo dovere contrattuale». Un terribile vizietto, quello dei risparmi sulla manutenzione, che come dimostrano le indagini accomuna il ponte Morandi e il viadotto Acqualonga. «Non ci sarebbe stata nessuna strage», rincara la dose il procuratore, «se fossero state compiute con osservanza le attività previste in concessione, per le quali Autostrade è retribuita lautamente dai pedaggi, dunque dai cittadini, anche quei 40 che a causa della scorretta manutenzione sono volati giù». Cantelmo ha commentato la condotta di Castellucci: «Avremmo voluto interrogarlo ma lui si è sottratto. È un suo diritto, così come è un nostro diritto dare una valutazione di questo silenzio». E ha aggiunto: «Al centro di tutto c'è la politica aziendale della società, volta al profitto. Ai tanti profitti. Come sono stati spesi? C'è stata una gestione avida?». La difesa è rimasta di ghiaccio: «Le richieste di condanna appaiono a dir poco sconcertanti», ha detto a fine udienza l'avvocato Giorgio Perroni, difensore di Autostrade per l'Italia, «perché non fondate su alcun dato scientifico oggettivo». È quasi svenuta, invece, una delle parti civili presenti al processo, Partorina De Felice, sopravvissuta all'incidente nel quale ha perso il marito, ha avuto un mancamento proprio mentre il procuratore ricostruiva le fasi clou del disastro. Poco dopo il vicepremier Luigi Di Maio ha chiesto a Castellucci di fare un passo indietro e di dimettersi, proprio per quello che sta emergendo su Autostrade. Il consulente tecnico scelto del giudice - che a fine dicembre dovrebbe emettere la sentenza - ha sostenuto nella sua perizia non solo che la strage si sarebbe potuta evitare, ma anche che si poteva «derubricare in un grave incidente stradale se solo le barriere fossero state tenute in perfetto stato». Ma il vero atto di accusa nei confronti di Autostrade per l'Italia è contenuto in un'altra relazione tecnica, richiesta dalla Procura a quattro periti: «La barriera non ha funzionato come avrebbe dovuto, a causa dell'elevato stato di corrosione dei tirafondi (uno dei componenti, ndr). E il degrado dei tirafondi è la causa fisica principale del fatto che la barriera non è stata in grado di contenere il veicolo». Quei tirafondi montati a fine anni Ottanta, già dopo qualche anno - hanno stabilito i periti - avevano subìto una estesa corrosione: «E in seguito», scrivono, «non è intervenuto alcun controllo o intervento manutentivo specifico benché localmente siano stati eseguiti negli anni alcuni lavori». Di certo, la parte inquietante della perizia è questa: «La stessa barriera con tutti i tirafondi integri, durante l'incidente avrebbe contenuto agevolmente l'autobus sul viadotto». L'automezzo, quindi, non sarebbe volato giù. In poche parole delle 40 vittime qualcuna - o forse tutte - avrebbe potuto non rimetterci la vita.
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