2024-02-09
Bronchioliti, il piano per i neonati
Pubblicato su «Lancet» il primo protocollo per difendere i piccoli dall’infezione potenzialmente letale, con le indicazione per evitare il collasso delle terapie intensive.Sulla scorta dell’emergenza Covid, per evitare il collasso dei reparti della terapia intensiva neonatale e difendere i bambini più fragili dalla bronchiolite, un’infezione polmonare pericolosa soprattutto nei primi mesi di vita, è stato messo a punto il primo protocollo al mondo sulla gestione dei casi gravi. I contenuti sono nello studio pubblicato su The Lancet e Clinical Medicine, coordinato dai ricercatori di UniCamillus e promosso dall’Università Paris Saclay. Si tratta di un vero punto di svolta nel controllo efficace di una infezione respiratoria che è la prima causa di ricovero ospedaliero e in terapia intensiva (Uti) nei bambini al di sotto dell’anno di età e che, nei casi più gravi, causando un’insufficienza respiratoria molto critica, può essere letale. Nonostante l’aggressività e pericolosità di questa condizione, la letteratura scientifica esistente si basa prevalentemente su protocolli studiati su pazienti ricoverati in reparti di pediatria generale. Questo non aiuta ad affrontare le emergenze dovute alle epidemie e ai casi più gravi che richiedono ospedalizzazione in terapia intensiva. Provocata soprattutto dal virus respiratorio sinciziale (Rsv), la bronchiolite è una patologia stagionale estremamente infettiva che, sia in Europa che in Nord America - complici il freddo e la contagiosità negli asili nido - determina picchi di accessi ai pronto soccorso pediatrici tra dicembre e gennaio, rendendo critica la gestione all’interno di reparti e unità operative sempre più sguarnite di personale e posti letto. Alla luce di questi elementi si comprende il valore aggiunto del lavoro promosso da Daniele De Luca, professore ordinario di Neonatologia all’Università Paris Saclay, insieme ad altri ricercatori ed esperti di varie università e centri italiani - ospedale Bambino Gesù di Roma, Aou di Padova, nonché la Fondazione Policlinico Gemelli di Roma - e francesi, coordinati da Maria Rosaria Gualano, professore associata di Igiene all’Università medica internazionale. «Coniugando la ricerca basata sui migliori studi di riferimento con i dati della nostra realtà quotidiana», spiega la professoressa Gualano, «siamo stati in grado di raggiungere questo importante traguardo. Ci aspettiamo ottimi risultati dalle applicazioni del protocollo, sia dal punto di vista del miglioramento degli outcome clinici, sia da quello economico, visto il buon livello di costo-efficacia di questo approccio». Nel dettaglio, per evitare il collasso delle Uti e proteggere i neonati che si trovano in situazioni più delicate perché molto piccoli, con un sistema immunitario più debole e/o in presenza di altre malattie (comorbilità), le nuove linee guida prevedono una serie di azioni volte a formare e preparare i team ospedalieri a riconoscere i casi più seri da veicolare nei reparti di emergenza con criteri in grado di identificare vari livelli di gravità evidenziano anche modalità più appropriate e meno invasive per nutrizione, idratazione e terapia farmacologica, cercando di evitare di intubare i piccoli pazienti.
Il valico di Rafah (Getty Images)
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