2018-06-06
«Soros lavora per fermare pure la Brexit»
Parla Andrea Jenkyns, la politica inglese che ha lasciato l'incarico nel governo per dedicarsi all'uscita dall'Ue: «Qualcuno rema contro i risultati, Angela Merkel ci teme. Il blocco protezionista europeo vuole impedire il commercio con i Paesi emergenti, la crescita arriverà da lì».Andrea Jenkyns, classe 1974, è uno dei politici in ascesa nel panorama della destra britannica. Dopo aver fatto campagna per il Leave nel referendum del 2016, da pochi giorni ha lasciato il suo incarico nel governo britannico per concentrarsi solo ed esclusivamente sulla realizzazione della Brexit. Una scelta coraggiosa, che è lei stessa a raccontare alla Verità.«Come ho spiegato una volta al mio capogruppo, “la Brexit è più importante del mio ruolo nel governo, del tuo da capogruppo o del nostro essere deputati". Ho lasciato per focalizzarmi sul lavoro della commissione per l'uscita dall'Ue, che sta entrando nelle sue fasi cruciali. Voglio essere coinvolta maggiormente e vagliare nel dettaglio i futuri sviluppi nella fase più delicata dei negoziati».Soltanto sette dei 21 membri della commissione hanno votato Leave. Teme sia una minaccia per l'uscita del Regno Unito?«Come già spiegato dal premier Theresa May, la Brexit non può essere fermata e qualunque governo tentasse di ribaltare il volere del popolo britannico verrà punito alle urne. Credo, tuttavia, che ci siano numerosi attori, dentro e fuori dal Parlamento, che stanno cercando di ostacolare il processo, promuovendo una falsa Brexit, lontana dal volere degli elettori».Questi attori sono presenti anche nell'Ue?«È stato chiaro fin dal mattino successivo al referendum che i grandi attori europei, dalla Commissione a molti capi di Stato, non fossero felici dell'esito. In risposta, la cancelliera tedesca Angela Merkel ha organizzato un summit con solo cinque Stati membri invitati, rendendo chiaro che nell'Ue ci sono Stati che comandano e Stati che vengono comandati. È ovvio e ragionevole che l'Ue e i suoi Stati membri vogliano fare i propri interessi nel corso dei negoziati, come il Regno Unito, ma ci sono attori come George Soros e Gina Miller (l'attivista che ha portato la Brexit davanti alle corti britanniche, ndr) che non sono coinvolti nei negoziati e vogliono vanificare l'esito del voto». Secondo alcune indiscrezioni il premier starebbe pensando a un doppio periodo di transizione. Se l'Ue accettasse, la Brexit verrebbe completata soltanto nel 2023. Che rapporti dobbiamo aspettarci?«Non credo i cittadini sarebbero felici se la Brexit dovesse subire ulteriori ritardi. Loro hanno reso chiara la propria posizione e il governo dovrebbe - e credo lo farà - ottemperare al proprio mandato in tempi ragionevoli. Sono sicura che sia nel migliore interesse di entrambe le parti trovare un accordo rapido sul commercio e le dogane e sono fiduciosa che anche l'Ue sarà ragionevole. Compriamo prosecco italiano, auto tedesche, macchinari francesi: tutti hanno un interesse a commerciare col Regno Unito». Lei si è espressa a favore della soluzione denominata Max Fac, che prevede l'implementazione di un sistema altamente tecnologico di dogane - praticamente un telepass delle merci - entro la fine del 2020. Ma l'Hmrc (l'ente che si occupa delle entrate e dogane di Sua Maestà) sostiene servano almeno tre anni.«Prediligo la soluzione Max Fac rispetto alla partnership doganale, perché si tratta di una tecnologia che permette di combinare il controllo delle frontiere con la rapidità di accesso delle merci. Concordo con il Centre for economics and business research: l'Hmrc prevede un costo di 20 miliardi di sterline che il centro ha però definito fuorviante, dato che sono stati confusi il costo di un lotto con quello di un container carico. Non sarebbe la prima volta che le stime dei cosiddetti esperti sulla Brexit si rivelano errate». La May ripete che il Regno Unito esce dall'Ue e non dall'Europa, questa è la sua visione della Global Britain. Quindi Brexit è o non è il segno della fine della globalizzazione e dell'era liberale?«Dobbiamo stare attenti a non confondere Europa e Ue. L'Europa è un continente ricco di storia, con un profondo intreccio di relazioni tra i suoi Stati. L'Ue è un'organizzazione politica relativamente nuova che punta a diventare una federazione, con una centralizzazione di poteri a Bruxelles. Il Regno Unito ha deciso di lasciare questa organizzazione e di difendere la sua sovranità e la sua lunga tradizione costituzionale, ma vuole mantenere una stretta relazione con i nostri vicini». Quindi è l'Ue che limita i rapporti?«Oserei dire con orgoglio che i britannici hanno inventato la globalizzazione, creando una forte rete di relazioni commerciali con partner in Europa e in tutto il mondo, che ancora sopravvive nel Commonwealth. L'Ue ci mette anni a firmare accordi di libero scambio, sempre che non vengano respinti o annacquati da sindacati e Stati membri, basti pensare al Ceta o al Ttip. La nostra ambizione per un Regno Unito globale è di alzare l'asticella per gli accordi di libero scambio: mi piacerebbe potere commerciare liberamente con l'Europa e con il resto del mondo». Quale ruolo dovrebbe avere il suo Paese?«Voglio un Regno Unito che sia paladino del commercio libero, non solo in Europa ma globalmente. Al momento sono l'Ue e l'appartenenza a questo blocco protezionista che stanno bloccando il Regno Unito e altri Paesi europei davanti ai benefici del commercio con nuovi mercati emergenti da cui arriverà la crescita del domani». Torniamo alle ragioni di Brexit. Accountability è una parola chiave nel gergo politico britannico. La Brexit è anche figlia della mancanza di accountability degli eurodeputati?«Gli eurodeputati sono eletti democraticamente, e forse è anche per questo che molti di loro sono spesso euroscettici. La vera mancanza di accountability è nella Commissione, dove le decisioni sono prese da burocrati non eletti, e nelle relazioni sbilanciate tra Stati membri, con Germania e Francia che pesano molto più degli altri».Il Regno Unito è entrato nella Comunità economica europea. Negli anni l'Ue è diventata più invadente?«La ragione principale per cui il Regno Unito è entrato nella Cee era il mercato comune, con la possibilità di commerciare più liberamente. Ma dopo la firma del trattato di Maastricht è diventato chiaro che l'Ue stava diventando qualcosa di diverso da un semplice blocco commerciale: era una federazione in divenire, con una Germania riunificata il cui potere stava crescendo e uffici a Bruxelles con sempre maggiore influenza nella vita quotidiana dei cittadini. L'Ue è diventata ogni giorno più invadente e la maggioranza degli elettori britannici ha deciso di lasciarla».Quali sono i timori dei suoi elettori davanti alla Brexit?«A Morley (la constituency in cui è stata eletta, ndr) si tiene una delle più importanti parate di San Giorgio ed è stata scelta come “la cittadina più patriotica" della nazione dalla Bbc. Qui ha stravinto il Leave: i cittadini chiedono che le decisioni siano prese localmente e a Westminster e vogliono riprendere il controllo dei nostri confini e della nostra politica commerciale. Una minoranza non è d'accordo e hanno il mio rispetto, ma io devo combattere per quanto votato dalla maggioranza, per quello in cui credo e per i 17,4 milioni di britannici che hanno votato Leave».Lei è considerata un'eroina del Partito conservatore. È entrata in politica e ha subito sconfitto un peso massimo della sinistra come Ed Balls in una storica roccaforte laburista. Dove sta sbagliando la sinistra?«Credo il Labour abbia perso per quell'abitudine ricorrente della sinistra di vedere il mondo da una torre d'avorio, credendo di essere intrinsecamente migliori dell'opposizione e, spesso, perfino dei propri cittadini. Questa è una caratteristica centrale della sinistra nel Regno Unito e in tutto l'Occidente, cioè credere di sapere quello che vogliono I propri cittadini. Ora c'è una nuova ondata a sinistra, quella di Jeremy Corbyn e Bernie Sanders, che usa una retorica post marxista, vuole aumentare la spesa pubblica e i poteri dello Stato e si finge preoccupata per le future generazioni, ma ignora il fatto che il debito pubblico dovrà essere pagato dai più giovani».Anche i liberali classici - non i liberal bensì i liberali di destra - sembrano in difficoltà davanti alle sfide di questo nuovo mondo. C'è una via d'uscita?«Sebbene mi consideri conservative, e non liberal nel senso anglosassone del termine, credo che una delle ragioni per cui I liberali classici stiano faticando è che sono considerati troppo vicini all'establishment e sembra che gli importi più di essere politicamente corretti che della libertà. Sono convinta che i pilastri di ogni partito di centrodestra debbano essere la libertà, il rispetto della legge, uno Stato leggero, non invadente e con una gestione responsabile delle risorse. Allontanarsi da questo percorso aprirebbe spazio alla crescita della sinistra militante e dei populisti».Un'ultima battuta sul nuovo governo italiano. Pensa possa aiutare il Regno Unito nelle trattative per la Brexit?«Credo vada messo alla prova, ma non sembra ci sia interesse in una vendetta irrazionale contro la decisione del Regno Unito di lasciare l'Ue».
Giorgia Meloni al Forum della Guardia Costiera (Ansa)
«Il lavoro della Guardia Costiera consiste anche nel combattere le molteplici forme di illegalità in campo marittimo, a partire da quelle che si ramificano su base internazionale e si stanno caratterizzando come fenomeni globali. Uno di questi è il traffico di migranti, attività criminale tra le più redditizie al mondo che rapporti Onu certificano aver eguagliato per volume di affari il traffico di droga dopo aver superato il traffico di armi. Una intollerabile forma moderna di schiavitù che nel 2024 ha condotto alla morte oltre 9000 persone sulle rotte migratorie e il governo intende combattere. Di fronte a questo fenomeno possiamo rassegnarci o agire, e noi abbiamo scelto di agire e serve il coraggio di trovare insieme soluzioni innovative». Ha dichiarato la Presidente del Consiglio dei Ministri Giorgia Meloni durante l'intervento al Forum della Guardia Costiera 2025 al centro congresso la Nuvola a Roma.
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