2025-05-23
Bpm va allo scontro frontale con la Consob
Giuseppe Castagna, amministratore delegato di Bpm (Imagoeconomica)
L’istituto guidato da Giuseppe Castagna: «La sospensione dell’Ops di Unicredit è una scelta abnorme contro cui adotteremo ogni iniziativa» Nel voto per lo stop sarebbe stato decisivo Paolo Savona. Per Generali, utile del primo trimestre su del 7,6% e raccolta sopra i 3 miliardi.La guerra per banche travolge anche il galateo della finanza. Quello che imponeva toni felpati, conflitti ovattati e una liturgia paludata fatta di comunicati prudenti e riti misurati. Ora siamo allo scontro aperto. E non solo tra banche predatrici e prede riluttanti: nelle ultime ore la tempesta ha investito anche le autorità di vigilanza. Una frattura che non si era mai vista.A rompere gli schemi è stato Banco Bpm. L’istituto guidato da Giuseppe Castagna ha caricato a testa bassa la Consob, l’autorità di vigilanza della Borsa accusandola - nero su bianco - di aver preso una decisione «abnorme» e in «contrasto con la prassi». Un affondo senza precedenti che ha il sapore dell’estrema difesa in una partita che si gioca tutta sul filo del potere.La miccia è stata accesa dalla decisione della Consob di sospendere l’Ops lanciata da Unicredit su Bpm, concedendo all’istituto di Piazza Gae Aulenti 30 giorni in più per negoziare con Palazzo Chigi sui paletti imposti dal decreto golden power. In un momento in cui le banche sono diventate trincee e Piazza Affari un campo di battaglia, Banco Bpm ha visto in quel gesto una violazione delle regole. E ha risposto con parole di fuoco.L’amministratore delegato Giuseppe Castagna contesta tutto: la legittimità della sospensione, la tempistica, i presupposti giuridici. Come se Unicredit avesse ricevuto un trattamento di favore. Nel mirino finisce Paolo Savona, presidente della Consob, che con il suo voto - a quanto pare decisivo - ha fatto pendere la bilancia a favore del gruppo guidato da Andrea Orcel. Quasi che l’anziano presidente della Consob (89 anni a ottobre) avesse voluto mischiare le carte in un partita cui il governo tiene molto. Ma anche un modo di marcare il territorio vista la scarsa comunicazione fra Savona e il Mef (per non parlare di Palazzo Chigi). Non stupiscono perciò le voci secondo cui nessuno al governo era stato informato. E mentre la polemica monta Generali (che a ben vedere resta il vero tesoro da conquistare alla fine del risiko) presenta i conti del trimestre: utile netto in crescita del 7,6% a 1,2 miliardi, premi danni in aumento dell’8,6%, raccolta vita sopra i 3 miliardi (+30%). Ma all’ombra dell’albero degli zecchini, il Leone di Trieste è nervoso.Perché l’Ops lanciata da Mediobanca su Banca Generali di cui ha il controllo ha aperto un fronte delicatissimo. Ufficialmente, il consiglio d’amministrazione del colosso assicurativo non si è ancora espresso ma intanto prepara il campo: gli advisor sono mostri sacri della finanza globale - Zaoui & Co, Morgan Stanley, Bank of America, Deloitte. Tutti convocati per valutare un’operazione destinata a incendiare le polveri. Lo dimostrano le dichiarazioni di Lorenzo Pellicioli, presidente di De Agostini e uomo forte del cda Generali. Un personaggio che parla poco, ma stavolta sente il bisogno di esternare. Segno che la tensione è alta: «Un azionista di Mediobanca che vota per il progetto Banca Generali, come può consegnare le azioni a Mps? Se lo fa, è irrazionale». Fine delle ambiguità.Pellicioli ricorda che l’operazione Mediobanca-Banca Generali era in gestazione da quattro-cinque anni, e adesso «bisogna guardarla». Ma taglia corto quando gli si chiede se l’assemblea di Generali debba pronunciarsi: «A me sembra una stupidaggine». Il clima nel board? «Ottimo» La morale è una sola: la guerra bancaria è entrata in una nuova fase. I vecchi equilibri sono saltati, le authority vengono attaccate a viso aperto, i cda si muovono come piccoli stati maggiori. E i grandi capitali preparano allo scontro.Mentre i giganti si sfidano tra Opa e Ops, con advisor e golden power che piovono come droni su uno scacchiere sempre più affollato, la sensazione è che qualcosa di profondo stia cambiando. Non solo nei bilanci. Ma nell’anima stessa del capitalismo italiano.E chissà se davvero è solo questione di mercato. O se dietro ogni offerta, ogni voto, ogni sospensione, non si nasconda la più vecchia delle leggi: quella del potere.Intanto, a Piazza Affari, l’offerta di Mps su Mediobanca sconta - è proprio il caso di dirlo - un handicap clamoroso: uno sconto del 9% sulla capitalizzazione, una forbice da 1,5 miliardi da colmare per arrivare alla parità. Vuol dire che il gruppo senese, se vuole conquistare Piazzetta Cuccia, sarà costretto forse a un aumento di capitale. Ipotesi, al momento, neanche da prendere in considerazione.Il mercato se ne è accorto. Mediobanca corre in Borsa (+16,6% da fine aprile), Banca Generali la insegue (+8%), Generali osserva (+4,4%).
Pier Luigi Lopalco (Imagoeconomica)
Nel riquadro la prima pagina della bozza notarile, datata 14 novembre 2000, dell’atto con cui Gianni Agnelli (nella foto insieme al figlio Edoardo in una foto d'archivio Ansa) cedeva in nuda proprietà il 25% della cassaforte del gruppo