
La «rossa» Emilia-Romagna aumenta le rette delle residenze socio-assistenziali portandole a 1.500 euro all’anno: insorge il gruppo regionale dei meloniani che firma un’interrogazione. Scettici anche i sindacati. «Danneggiati famiglie e fragili».Con il welfare ci incensiamo noi, ma gli aumenti li pagate voi. Con un blitz a fine anno la Regione Emilia Romagna, che si autopromuove come la più inclusiva d’Italia, ha deciso di attuare una stangata sulle rette delle residenze per anziani e disabili: 4,10 al giorno per ospite, vale a dire più di 120 al mese, quasi 1.500 all’anno che finiscono per gravare sulle famiglie. Un rincaro indiscriminato con un valore sociale e politico importante perché riguarda anche quelle categorie più fragili con un posto sempre dominante nelle parole del governatore Stefano Bonaccini ad ogni convegno a tema. «È il nostro fiore all’occhiello», sottolinea lui. Salvo scoprire che a pagare il marketing istituzionale sono i cittadini.L’aumento era nell’aria poiché le tariffe erano ferme dal 2012 e nel periodo del Covid erano stati introdotti in ogni complesso sociosanitario protocolli costosi per garantire la sicurezza a ospiti e visitatori, anche se questi ultimi non hanno potuto visitare i parenti per un paio d’anni. Era nell’aria ma nessuno poteva prevedere un ruggito così liberista, un morso così mercatista proprio nella regione del presidente e del segretario del Pd. Contro l’iniziativa si è mossa l’opposizione in consiglio regionale, con un’interrogazione della capogruppo di Fratelli d’Italia, Marta Evangelisti, che chiede alla giunta e all’assessore al Welfare Igor Taruffi «quali siano le motivazioni alla base della scelta di aumentare le rette di 1.500 euro all’anno. La decisione avrà ripercussioni sulle famiglie delle persone in condizione di fragilità e metterà in difficoltà anche gli enti locali chiamati a integrare gli assegni. Questa è una scelta in controtendenza con quanto avvenuto negli anni precedenti quando la Regione aveva fatto ricorso al Fondo regionale per la non autosufficienza per assorbire gli aumenti».La capogruppo di Fdi chiede che venga aperto un tavolo per individuare soluzioni condivise e se la giunta non intenda «valutare il ritiro della delibera», che non ha lo stesso clamore di Bologna 30 ma che offre uno spaccato di gestione reale dei problemi molto lontano dalla narrazione politica. Messo davanti agli effetti negativi di una decisione che non piace a nessuno, l’assessore Taruffi ha risposto dando la colpa degli aumenti al «sotto finanziamento nazionale» (facile leit motiv applicato a ogni provvedimento impopolare, a partire dalla gestione dell’alluvione), a fronte di un impegno del governo di 74 milioni.Le giustificazioni stridono come unghie sui vetri e non hanno convinto neppure i sindacati, che per primi fecero muro davanti alla delibera presentata a dicembre. Cgil, Cisl e Uil, solitamente molto morbidi (ai confini dell’acquiescenza) con le iniziative della sinistra amica, avevano lanciato subito il grido d’allarme, peraltro rimasto inascoltato. «La decisione dell’aumento unilaterale delle rette è inaccettabile», avevano scritto in un comunicato congiunto. «L’aumento sarebbe stato possibile solo se legato alle nuove regole in discussione con la Regione con l’accreditamento sociosanitario. E in ogni caso avrebbe dovuto essere più contenuto perché le condizioni sociali della cittadinanza in questi anni di crisi economica sono peggiorate».Una valutazione che non ha impedito a Bonaccini di spingere sull’acceleratore per ottenere 1.500 euro all’anno in più da anziani e disabili. Un gesto ben poco solidale da parte di chi, mentre con una mano aumentava le rette, con l’altra firmava un provvedimento per agevolare l’ingresso degli stranieri nelle liste per le case popolari. Anche in questo caso bypassando le volontà dei singoli Comuni. Facile fare politica sulle spalle dei cittadini, facendo pagare alle famiglie (quindi alla collettività) i servizi di base. «Avevamo proposto l’introduzione dell’Isee per graduare l’aumento in base alle condizioni economiche degli ospiti ricoverati» hanno sottolineato i sindacati, «ma non siamo stati ascoltati. Gli enti locali non hanno proprio nulla da dire?». Gli unici ad essere soddisfatti della decisione sono enti, cooperative e associazioni con solidi agganci con i partiti che governano la Regione Emilia Romagna, da tempo in fibrillazione perché vedevano ridursi i margini di guadagno. Un bacino elettorale da salvaguardare, evidentemente più importante delle esigenze dei singoli cittadini. I gestori privati hanno fatto notevoli pressioni che il governatore ha preferito assecondare mettendo in secondo piano la responsabilità sociale di tali scelte. Ora lo scontro è aperto ed Evangelisti promette battaglia. «La scelta politica effettuata dalla giunta parla chiaro e non può essere addossata ad altri se non a se stessa. Gli aumenti non hanno niente a che fare con il governo ma attengono alla volontà di far ricadere sulle famiglie i costi delle Rsa. A beneficiare di tutto ciò è solo qualche cooperativa, ed è bene che i cittadini lo sappiano».
Nadia Battocletti (Ansa)
I campionati d’atletica a Tokyo si aprono col secondo posto dell’azzurra nei 10.000. Jacobs va in semifinale nei 100 metri, bronzo nel lancio del peso per Fabbri.
Ansa
Partita assurda allo Stadium: nerazzurri sotto per due volte, poi in vantaggio 2-3 a un quarto d’ora dalla fine. Ma la squadra di Chivu non riesce a gestire e all’ultimo minuto una botta da lontano di Adzic ribalta tutto: 4-3 Juve.
Maria Sole Ronzoni
Il ceo di Tosca Blu Maria Sole Ronzoni racconta la genesi del marchio (familiare) di borse e calzature che punta a conquistare i mercati esteri: «Fu un’idea di papà per celebrare l’avvento di mia sorella. E-commerce necessario, ma i negozi esprimono la nostra identità».
Prima puntata del viaggio alla scoperta di quel talento naturale e poliedrico di Elena Fabrizi. Mamma Angela da piccola la portava al mercato: qui nacque l’amore per la cucina popolare. Affinata in tutti i suoi ristoranti.