2021-03-30
BoJo mantiene la promessa sulle riaperture
Boris Johnson (Hollie Adams - WPA Pool/Getty Images)
Con Londra a zero vittime, si avvia la road map verso la liberazione. Il patto del premier Tory con i cittadini (ripartenza a tappe seguendo l'incremento dell'immunità) sia d'esempio anche per l'Italia. Specie ora che la letalità del virus sta diminuendo.Quella di ieri sarà una giornata da ricordare per i cittadini britannici. Per la prima volta negli ultimi sei mesi, infatti, Londra ha fatto registrare zero morti per Covid. Un piccolo miracolo, se si pensa che dall'inizio della pandemia solo nella City i decessi sono stati ben 28.000 (un quinto di tutto il Regno Unito) con picchi di 200 unità nel mese di gennaio. Ovvero pressappoco la metà di quelli che mediamente si contano quotidianamente nel nostro Paese. Tutto merito del combinato disposto tra le rigide misure di contenimento messe in campo da Downing Street e la massiccia campagna di immunizzazione. Secondo gli ultimi dati ufficiali, sono ben 30,4 milioni i sudditi di Sua Maestà che hanno ricevuto almeno la prima dose del vaccino, pari al 57% della popolazione adulta, e 3,67 milioni quelli a cui è stata somministrata anche la seconda. Crollano i casi, 4.654 nel corso delle ultime 24 ore (l'altro ieri erano stati 3.862), e i decessi, appena 23. Senza dubbio il premier Boris Johnson non poteva chiedere di meglio nel primo giorno di allentamento delle misure di contenimento, a quasi tre mesi di distanza dall'ormai lontano «Stay at home» (letteralmente «state a casa», ndr) del 4 gennaio scorso. A partire da ieri, i cittadini britannici potranno incontrarsi privatamente, e preferibilmente all'aperto, a gruppi di sei persone o due distinti nuclei famigliari. Riammesse anche le discipline sportive all'aperto, come il tennis, la pallacanestro e le piscine scoperte. Ma l'aspetto più importante riguarda il fatto che le riaperture di ieri fanno parte di quella che il governo Johnson ha ribattezzato «Roadmap out of lockdown», cioè la tabella di marcia per uscire dalle restrizioni. Quattro tappe che corrispondono ad altrettante date e obiettivi ben definiti. La prima, per l'appunto, ieri. La seconda, invece, è attesa non prima del 12 aprile, e prevede la ripresa delle attività commerciali non essenziali, come i parrucchieri e i centri estetici, la ripartenza delle palestre (non in gruppo), e buona parte del mondo dell'intrattenimento, vale a dire zoo, parchi a tema e cinema in modalità drive in. Il terzo step è atteso entro il 17 maggio, e contempla un ulteriore allentamento dei limiti della sfera sociale, la riapertura di gran parte delle attività come i cinema, e la possibilità di organizzare eventi con pubblico fino a 1.000 persone al chiuso e 4.000 persone (oppure il 50% della capienza) se all'esterno, fino a 10.000 persone per gli stadi più grandi. Finalmente, non prima del 21 giugno è atteso l'ultimo step, quando si prevede la rimozione di ogni limitazione alla socialità e il riavvio di quasi tutte le attività. Insomma, dall'altro lato della Manica si inizia a vedere la luce in fondo al tunnel. Non ci vuole un luminare per capire che per la popolazione avere di fronte a sé un calendario ben definito ha reso, e renderà nelle settimane successive, meno amara la pillola delle durissime restrizioni imposte. Sembrano lontano anni luci i tempi in cui i media nostrani si facevano beffe della gestione del Covid da parte di Downing Street! Ora invece le parti paiono totalmente invertite. Mentre nel Regno Unito si è deciso di andare fino in fondo con la strategia iniziale, a base di chiusure e vaccinazioni, in Italia il caos regna sovrano. Nessuno sa per certo se dopo Pasqua tornerà la zona gialla, l'unica che di fatto lascia un po' di respiro alle attività, specie quelle del settore della ristorazione. Per non parlare della campagna vaccinale, partita ormai tre mesi fa, e rallentata da difficoltà e dubbi di ogni sorta. Sulle riaperture vitali per l'economia e per il morale del Paese, per farla breve, poco o nulla è dato sapere.Noi della Verità ieri abbiamo provato a suggerire un canovaccio per la ripartenza, basato su cinque semplici punti. Primo: consentire alle aziende che lo desiderano di somministrare il vaccino ai propri dipendenti. Ciò permetterebbe di alleggerire il fardello organizzativo che grava sul Sistema sanitario nazionale, e al tempo stesso di imprimere una decisa accelerazione verso l'obiettivo dell'immunità di gregge. Secondo: coinvolgere il settore privato e turistico per il potenziamento del trasporto pubblico. Buono sia per i cittadini che per le imprese (in crisi nera) del comparto. Terzo: investire risorse umane ed economiche sulle terapie domiciliari, prendendo spunto dalle realtà di successo sul territorio (che esistono, eccome). Quarto: fissare una capienza per la riapertura dei locali. L'uomo è un animale sociale: inutile chiudere i bar, quando poi giovani e meno giovani bivaccano per strada. Meglio permettere di alzare le saracinesche, ovviamente in tutta sicurezza. Quinto: ormai le due regole base - distanziamento e mascherina - sono entrate nel Dna degli italiani. Non c'è bisogno di regolamentare ogni dettaglio, si traduca questa norma ormai comune in una «forte raccomandazione».Sono solo alcuni suggerimenti dai quali Palazzo Chigi potrebbe partire per stilare un piano sulla falsariga di quello messo in campo da Boris Johnson. Soprattutto ora che i dati descrivono un cambiamento di passo importante nella pandemia: i decessi sono in netto calo in proporzione agli ospedalizzati (reparto ordinario e terapia intensiva), così come sta diminuendo progressivamente l'età dei ricoverati. Segno che il virus «morde» ancora, ma grazie al vaccino la letalità nella fascia più debole sta lentamente calando. Segnali positivi ai quali, con la dovuta prudenza, deve far seguito la volontà politica di rimettere in moto l'Italia.