2025-02-12
Blitz a Palermo: 181 arresti per mafia. I nuovi boss, tra chat criptate e nostalgia
Dall’ordinanza del gip emergono pure videochiamate fatte dal carcere: «Nobili principi, per me questo è Cosa nostra».La mafia del terzo millennio si divide tra la nostalgia per il passato, quello dei vecchi boss dell’epopea del pre pentitismo, e il nuovo approccio, con tanto di summit organizzati in videochiamata con la coppola in una mano e lo smartphone nell’altra, tra le mille chiacchierate VoIp infarcite, però, di riflessioni sulla vita e sull’onore. I nuovi capibastone, emerge dalla maxi inchiesta palermitana con 181 arresti tra i mandamenti mafiosi di Tommaso Natale, Porta Nuova, Noce, Pagliarelli, Carini e Bagheria, che ieri mattina ha fatto saltare le velleità di riorganizzare la Cupola provinciale su innovative basi, sembrano tenere le radici profondamente ancorate alla tradizione. Boss del calibro di Tommaso Lo Presti, il padrino che aveva celebrato le nozze d’argento nella chiesa di San Domenico, proprio dove è sepolto Giovanni Falcone, che è ritornato in carcere. Gli arrestati sono accusati (a vario titolo) di associazione per delinquere di stampo mafioso, tentato omicidio, estorsioni (consumate o tentate) aggravate dal metodo mafioso, associazione finalizzata al traffico di droga, favoreggiamento personale, reati in materia di armi ma anche contro il patrimonio e la persona, esercizio abusivo del gioco d’azzardo. I padrini, si è scoperto, avrebbero impartito ordini dal carcere, utilizzando le più innovative tecnologie digitali, grazie alla consegna di smartphone che poi venivano usati per impartire ordini all’esterno. Comprese le vendette. O gli agguati. Come quello ordinato dal boss di Porta Nuova Calogero Lo Presti che, oltre a suggerire le modalità di un pestaggio, ha assistito al massacro della vittima designata, in diretta, grazie a una video-chiamata. Per i summit, invece, c’erano i software criptati da installare nei cellulari. Nonostante la proiezione tecnologica, le fascinazioni del passato, però, non sembrano essere tramontate. I nuovi presunti mammasantissima sembrano degli Zarathustra della mala: ogni intercettazione un aforisma. Le parole di Francesco Pedalino, che sta scontando 30 anni di carcere per omicidio e che, stando all’accusa avrebbe guidato la famiglia di Santa Maria di Gesù, una borgata palermitana ai piedi del monte Grifone, appaiono come il manifesto di una visione romantica della mafia, paragonando l’appartenenza al clan a un matrimonio: «Cosa Nostra… la verità… domani esco… tà maritasti sta mugghieri e tà puorti finu a vita». Tradotto: te la sei sposata questa moglie e te la porti per la vita. Un legame indissolubile. Anche Gioacchino Badagliacca, durante un summit, mostra tutto il suo attaccamento alla tradizione: «Non ho mai creduto io nella Cosa nostra a fini di lucro… per nobili principi… per me questo è Cosa Nostra… ci ho sempre creduto dal profondo del mio cuore e mi sono fatto dieci anni di carcere». Con suo nonno Pietro che aggiunge: «Ti giuro sull’onore della Cosa nostra... superiore alla famiglia privata». Il denaro non c’entra. È una sorta di culto. Un giovane boss emergente di Brancaccio, Giancarlo Romano, poco prima di essere ucciso, rifletteva sul futuro della mafia con uno slogan da stadio: «Abbiamo degli ideali nostri dentro che non li facciamo morire mai». Una fede incrollabile che non ammette esitazioni: «In futuro noialtri preghiamo il Signore che certe cose non finiranno mai». Quali ideali? «Siamo contro lo Stato, contro la polizia». Parole che gli inquirenti riconnettono al «vincolo associativo» indissolubile con Cosa nostra. Ed è di Romano il lungo sfogo in cui sottolineava la decadenza dell’associazione. Che, a suo avviso, necessitava di un’adeguata formazione culturale delle nuove leve «per renderle capaci di ritornare ad interloquire, alla pari», annotano gli inquirenti, «con il potere politico ed economico»: «Il livello è basso oggi arrestano a uno e si fa pentito. […] Io spero sempre nel futuro… ti devi fare il cervello tanto […] perché noi dobbiamo crescere... a scuola te ne devi andare... Conoscerai dottori, avvocati, quelli che hanno comandato l’Italia, l’Europa... quando si parla dei massoni, che sono gente con certi ideali ma messi nei posti più importanti». C’è spazio per un riferimento al film di Francis Ford Coppola: «Se tu guardi Il Padrino, il legame che aveva... non era il capo assoluto... lui è molto influente per il potere che si è costruito a livello politico nei grossi ambienti». Ma nella sua gang c’erano solo piccoli spacciatori. Ed è partito il predicozzo: «Tu devi campare con la panetta di fumo, cioè così siamo ridotti? Le persone di una volta, quelle che disgraziatamente sono andate a finire in carcere per tutta la vita, ma che? Parlavano della panetta di fumo? Cioè se ti dovevano fare un discorso di fumo, te lo facevano perché di fumo doveva arrivare una nave. Quelli che fanno business ti ridono in faccia, siamo a terra ragazzi». E infatti nelle intercettazioni gli sgherri parlano di «100 euro di tangente dal benzinaio» mediante «fornitura di nafta». Ciononostante, ha spiegato il procuratore nazionale antimafia Giovanni Melillo, i clan sarebbero riusciti «a stringere partnership con la ’ndrangheta, grazie alla capacità di adattamento che la mafia ha sempre dimostrato, dando vita a organizzazioni criminali miste». E infatti c’è un aspetto che la maxi inchiesta ha messo in evidenza: è la voglia di Cosa nostra di rigenerarsi. C’era chi si dedicava alla formazione. Paolo Suleman, reggente della famiglia di Corso dei Mille, per esempio, spiegava a un picciotto: «Devi essere scaltro, umile». Mentre Giuseppe Marano conclude il pensiero: «Apri gli occhi…, se semini bene, raccogli». A Santa Maria di Gesù, invece, erano soddisfatti di un tale Guido Riccardi: «C’è un picciotto ri nuatri (di noialtri, ndr)», affermava orgoglioso Pedalino in una videochiamata dal carcere: «Tu non lo conosci, è bravo (…) a confronto di quello che c’era di qualche anno indietro, credimi… è 300 volte meglio…». Ma alla fine, la realtà della strada è più spietata di qualsiasi retorica criminale. E di capi veri, quelli di un tempo, a quanto pare, non ce n’erano più. Salvatore Aliotta è sorpreso: «Non c’è nessuno? Cù arriva cumanna?». Chi arriva comanda.
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)