2022-03-01
In Bielorussia primi segni di disgelo: «C’è una base per soluzioni comuni»
Colloquio tra le delegazioni di Russia e Ucraina: 24 ore per riflettere, poi si fisserà un altro incontro al confine polacco. Vladimir Putin sente Emmanuel Macron: «Non spariamo sui civili, ma riconosceteci la Crimea». Si muove pure Pechino.Crisi ucraina: qualche timido segnale di disgelo sembra intravedersi all’orizzonte. Nella giornata di ieri, si sono tenuti i primi negoziati diplomatici tra la delegazione di Kiev e quella di Mosca. Le trattative, protrattesi per diverse ore e con due interruzioni, si sono tenute al confine ucraino-bielorusso, nei pressi del fiume Pripyat. Le bocche sono rimaste quasi del tutto cucite sull’esito dei colloqui, con le due delegazioni che hanno fatto ritorno alle rispettive capitali per consultazioni. Che le trattative non siano naufragate è tuttavia dimostrato dal fatto che dovrebbe tenersi un nuovo incontro. «Abbiamo appena concluso i negoziati con la parte ucraina, che sono durati circa cinque ore. Abbiamo discusso in dettaglio tutti i punti all’ordine del giorno e trovato alcuni punti su cui è possibile prevedere posizioni comuni», ha dichiarato l’esponente della delegazione russa, Vladimir Medinsky. «Oggi, le delegazioni ucraina e russa hanno tenuto il primo ciclo di colloqui, il cui obiettivo principale era discutere un cessate il fuoco e la fine dei combattimenti in tutto il territorio dell’Ucraina. Le parti hanno definito una serie di questioni prioritarie per le quali sono state delineate determinate soluzioni», ha affermato Mykhailo Podolyak, appartenente alla delegazione ucraina. I russi hanno fatto sapere ieri sera che elaboreranno una posizione nell’arco di 24 ore, mentre il prossimo meeting dovrebbe svolgersi al confine tra Polonia e Bielorussia. Insomma, il processo diplomatico - in cui è stato coinvolto anche il miliardario e proprietario del Chelsea, Roman Abramovich - sembrerebbe essere ormai avviato. Bisognerà capire nei prossimi giorni quali sono i punti di mediazione che sono stati individuati ieri dalle parti. Sempre ieri, poco prima che i negoziati terminassero, si era anche tenuta una telefonata tra il presidente russo, Vladimir Putin, e l’omologo francese, Emmanuel Macron. Nell’occasione, il leader del Cremlino aveva posto come condizioni «la sovranità russa della Crimea e la risoluzione degli obiettivi di demilitarizzazione e denazificazione dell’Ucraina e l’assicurazione del suo status neutrale». Bisogna dunque capire due cose. La prima: se queste richieste si armonizzino con i punti di mediazione raggiunti ieri dalle due delegazioni. La seconda: dare un significato preciso alle parole. Quando Putin parla di «demilitarizzazione», che cosa intende? Una demilitarizzazione totale o parziale dell’Ucraina? Stesso discorso vale per lo «status neutrale». È necessario capire se il leader del Cremlino intenda una neutralità integrale o una finlandizzazione: scenario, quest’ultimo, che porterebbe di fatto Kiev all’interno dell’orbita russa. Il che difficilmente potrebbe essere accettato dal governo ucraino e dagli Stati Uniti. Anche la questione della «denazificazione» va chiarita: Putin, nei giorni scorsi, aveva definito l’attuale governo ucraino come composto da «neonazisti». Anche nel suo discorso di annuncio dell’invasione giovedì scorso il presidente russo aveva parlato di «denazificazione». Sembrava quindi che non fosse disposto a riconoscere il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, come proprio interlocutore. Eppure i colloqui di ieri sembrano adesso suggerire il contrario. Dall’altra parte, è necessario capire se lo stesso Zelensky sarà ora disposto ad abbassare il tiro. Ricordiamo infatti che proprio ieri ha formalmente chiesto l’ingresso dell’Ucraina nell’Unione europea: uno scenario, questo, a cui Mosca non acconsentirà mai (e rispetto a cui, sempre ieri, Bruxelles ha mostrato significativa cautela). Insomma, il tema vero è adesso trovare il punto di equilibrio. Non sarà facile, ma almeno i negoziati di ieri non sono naufragati. E questo è già un inizio. Nel frattempo, Putin si sarebbe mostrato aperturista sui punti proposti da Macron nel corso del loro colloquio telefonico: cessazione degli attacchi contro i civili e gli edifici residenziali, conservazione di tutte le infrastrutture civili e messa in sicurezza delle strade principali. È chiaro che tutto resta appeso a un filo e che bisogna andare con i piedi di piombo, anche perché ieri si è intanto continuato a combattere in numerose zone dell’Ucraina. Tra l’altro, non sappiamo a che cosa poi effettivamente puntino entrambe le parti. È però anche vero che c’è un interesse concreto a fare dei passi avanti sul piano diplomatico. Da una parte, Zelensky è sotto pressione e punta prevedibilmente ad allentare l’accerchiamento politico-militare dei russi. Dall’altra, Putin sa perfettamente che sta rischiando di impantanarsi. Non solo la battaglia di Kiev prosegue ormai da svariati giorni e la tenacia della resistenza ucraina ha probabilmente sorpreso i generali di Mosca. Ma instaurare un governo amico comporterebbe per il presidente russo la necessità di sostenerlo con una presenza militare sul territorio ucraino: uno scenario che esporrebbe i soldati di Mosca al pericoloso e assai probabile rischio di una prolungata guerriglia. Rischio che, a livello militare e psicologico, farebbe ripiombare il Cremlino nell’incubo afgano vissuto dall’Unione sovietica negli anni Ottanta. Che Putin tema di restare invischiato in una guerriglia è testimoniato anche dal suo recente ricorso ai combattenti ceceni, che sono non a caso specializzati in controinsurrezione. Un’ultima notazione: occhio ai mediatori. Non solo questi negoziati stanno rendendo sempre più centrale la figura del presidente bielorusso, Alexander Lukashenko, ma è discretamente probabile che dietro le quinte si stia muovendo anche la Cina.
Jose Mourinho (Getty Images)