2022-05-23
Biden va in Asia per arginare Pechino
True
Da sinistra, Yoon Suk-yeol e Joe Biden (Ansa)
Il viaggio di Joe Biden in estremo oriente è ricco di implicazioni geopolitiche. E ha nel mirino soprattutto la Cina.Durante la sua visita a Seul, il presidente americano e l’omologo sudcoreano Yoon Suk-yeol hanno discusso di una possibile espansione delle esercitazioni militari congiunte tra i due Paesi. La mossa sarebbe da intendersi come una risposta ai numerosi test militari effettuati quest’anno dal regime di Pyongyang. "I due presidenti condividono l'opinione che il programma nucleare [della Corea del Nord] rappresenti una grave minaccia non solo per la pace e la stabilità nella penisola coreana, ma anche per il resto dell'Asia e del mondo", si legge in una dichiarazione. "Entrambi i leader condannano escalation dei test dei missili balistici [della Corea del Nord] quest'anno". Ciononostante è stata presa in considerazione la possibilità di fornire assistenza a Pyongyang per la sua recente crisi sanitaria dovuta al Covid-19. "Per quanto riguarda la crisi Covid-19 in corso, siamo disposti a fornire assistenza attiva dal punto di vista dell'umanitarismo e dei diritti umani separatamente dalle prospettive politiche e militari", ha detto Yoon. “Chiedo alla Corea del Nord di rispondere positivamente a questa proposta e di iniziare a compiere passi concreti verso la denuclearizzazione”, ha aggiunto, per poi proseguire: “Se la Corea del Nord intraprenderà una sostanziale denuclearizzazione, prepareremo un piano audace per migliorare l'economia della Corea del Nord e la qualità della vita del popolo nordcoreano in collaborazione con la comunità internazionale". I due presidenti hanno anche discusso della crisi ucraina e dei suoi problematici impatti: in tal senso, hanno annunciato una cooperazione per tutelare le catene di approvvigionamento energetico. Infine, è stato affrontato il tema dell’influenza cinese sull’Indo-Pacifico, con Biden e Yoon che hanno nella fattispecie chiesto di "preservare la pace e la stabilità" nello Stretto di Taiwan. Tra l’altro, lo stesso Biden si è detto pronto a difendere l’isola militarmente. Chiaramente il viaggio del presidente americano rientra nel contesto più generale della difesa dell’ordine internazionale occidentale contro le mire revisioniste di Mosca e Pechino. In particolare, la Casa Bianca teme un effetto domino che, partendo dalla crisi afgana e da quella ucraina, possa prima o poi abbattersi proprio su Taiwan. Un’eventuale conquista dell’isola da parte del Dragone avrebbe per gli Stati Uniti due effetti dannosi (e interconnessi). In primo luogo, la caduta di Taipei rappresenterebbe un ulteriore picconamento dell’ordine internazionale occidentale (non è del resto un caso che le incursioni militari cinesi nello spazio di difesa aerea dell’isola siano riprese poche settimane dopo la caduta di Kabul l’anno scorso). In secondo luogo, si scorge un altro problema: qualora Taipei cadesse nelle mani della Repubblica popolare, ciò conferirebbe un pericoloso vantaggio ai cinesi sul fronte dei semiconduttori. Uno scenario da incubo, che gli americani puntano a scongiurare. È anche in questo quadro che, lunedì, si è tenuta una riunione del Quad: quartetto costituito da Stati Uniti, India, Australia e Giappone, che mira ad arginare l’influenza cinese sull’Indo-Pacifico. Il punto è che, per Biden, la strada non è in discesa. Nuova Delhi continua infatti a mantenere un atteggiamento soft nei confronti di Mosca: un fattore, questo, che la avvicina – seppur indirettamente – a Pechino.