2023-08-28
«In Ucraina la trattativa è impossibile»
Il Generale Marco Bertolini (Stato Maggiore Difesa)
Il Generale Marco Bertolini: «Ormai è uno scontro di civiltà, almeno durante la Guerra fredda tra potenze nemiche ci si parlava. L’Occidente non capisce che Kiev nella Nato è una minaccia esistenziale non solo per Vladimir Putin, ma per la Russia».Il Generale di Corpo d’Armata Marco Bertolini è stato comandante del Comando operativo di vertice interforze e della Brigata Folgore.La guerra in Ucraina sembra prolungarsi e nessuno è in grado di fare previsioni. «Purtroppo credo che sia andata troppo avanti la retorica di guerra, fino al punto di delineare i contorni di uno scontro di civiltà senza vie d’uscita. Se così fosse, si tratterebbe di una fattispecie bellica imprevedibile fino a pochissimi anni fa, quando il presidente Putin faceva regolarmente visita in tutte le capitali. Sorprendentemente tutte le cancellerie europee si sono improvvisamente impegnate in una gara a chi prendeva provvedimenti più duri contro la Russia, elevando sanzioni addirittura controproducenti per noi stessi, sequestrando i beni russi nei nostri Paesi, fino anche a intervenire nel campo delle manifestazioni culturali stesse. E questa credo che sia una novità anche rispetto alla Guerra fredda, quando comunque tra i Paesi delle due alleanze si discuteva. Quando l’avversario (perché evidentemente di un avversario avevamo molta nostalgia) viene dipinto come la personificazione del Male Assoluto, non ci sono possibilità di intavolare discussioni e trattative. Proprio per questo, il provvedimento col quale il Tribunale penale internazionale ha incriminato Putin per “crimini di guerra”, a guerra ancora in corso, rappresenta uno degli ostacoli più difficili da superare in vista di una soluzione diplomatica. Chi sapesse che il suo destino a bocce ferme consisterà nell’umiliazione di un cappio al collo come Saddam o in un processo come per Milosevic avrà mille ragioni in più per combattere a oltranza. Ora, dopo oltre un anno di guerra senza quartiere, la situazione è ulteriormente peggiorata, rendendo per entrambi impossibili passi indietro che sarebbero interpretati come ammissioni di sconfitta. Insomma, temo che questa guerra si deciderà sul campo, sempre che la situazione non tiri dentro altri nel conflitto».Quale potrebbe essere la mediazione? «Credo che fosse già stata individuata poco dopo l’inizio della cosiddetta operazione militare speciale, quando i delegati ucraini e russi si erano incontrati a Minsk e ad Ankara: salvaguardia della sovranità ucraina in cambio della sua neutralità. Al riguardo, c’è infatti da osservare che per Mosca (non per Putin semplicemente) un’Ucraina nella Nato rappresenterebbe una minaccia esistenziale inaccettabile. Quando poi si mettesse in dubbio la “russicità” della Crimea, sede dell’unica delle sue 5 flotte in grado di operare nel Mediterraneo, il rischio per una Russia che ambisce ad essere una potenza globale sarebbe enorme. Significherebbe infatti scomparire completamente dall’Europa. Insomma, mi sembra che ci sia una certa faciloneria nell’Occidente al di qua dell’Atlantico nel non comprendere che per la Russia si tratta di una linea rossa invalicabile, per il carattere vitale che l’Ucraina ricopre per la sopravvivenza stessa della Federazione. Può non essere vero, ma è quello che la Russia percepisce da sempre; da prima che nascesse la Nato e venisse eretta la cortina di ferro».Spostandoci in Iraq: gli Stati Uniti stanno lentamente tornando nel Paese, una prova evidente di come il Paese non sia affatto stabile. Come valuta la situazione? «Non credo che gli Usa “tornino” in Iraq per favorirne la stabilità. In effetti non se ne sono mai andati e non si sono preoccupati della sua stabilità quando con una guerra a Saddam, dopo un decennio di sanzioni stringentissime che avevano affamato il Paese, lo gettarono in una sorta di anarchia strisciante nella quale hanno avuto buon gioco la nascita dello Stato islamico e il radicarsi Al Qaida con le sue emanazioni mediorientali. Invece, l’Iraq rappresenta un territorio di separazione tra Iran e Siria, entrambi nemici degli Usa ed alleati di Mosca, per cui il controllo dell’Iraq impedisce la saldatura di un ampio territorio sostanzialmente ostile a Washington in un’area di interesse strategico assoluto. Per la stessa ragione, gli Usa hanno sostenuto e sostengono i curdi, anche a costo di inimicarsi l’alleato turco, per controllare il territorio siriano sulla riva sinistra dell’Eufrate, impedendo contatti diretti tra Damasco e Teheran». Ritiene che in Niger ci sarà l’intervento militare dell’Ecowas?«Il Niger non è che l’ultima tessera di un mosaico francese che cede all’usura del tempo. Credo che Francia e Usa, entrambi presenti nel Paese con proprie truppe, non desiderino essere invischiati direttamente in un conflitto nell’area, che vede già l’opposizione di molti Paesi tra cui Mali, Burkina Faso, Giunea e soprattutto, Algeria. Per questo, un intervento per procura da parte dell’Ecowas potrebbe sembrare più opportuno, ma credo che anche i Paesi del Sahara occidentale siano consapevoli dei rischi ai quali verrebbero esposti in caso di una guerra che infetterebbe tutto il Sahel. Insomma, spero di no. In caso contrario, temo che ce ne accorgeremmo sulle nostre coste dove il flusso di migranti dall’Africa sud sahariana ha superato i livelli di guardia».
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