2024-06-28
Premierato alla tedesca, supercazzola di Bersani
Pier Luigi Bersani (Imagoeconomica)
Anni fa, durante una tribuna elettorale, a bruciapelo chiesi a Pier Luigi Bersani, all’epoca segretario del Pd, di quante righe fosse composta la proposta del suo partito in materia di lavoro. Non lo sapeva. Il problema, ovviamente, non era il fatto che l’uomo della sinistra, candidato a guidare il Paese, non conoscesse quante parole fossero dedicate al tema dell’occupazione nel suo programma, ma il fatto che l’aspirante presidente del Consiglio e il Pd, a un argomento così sensibile, dedicassero appena otto righe, per di più con frasi generiche e di nessun peso. Ricordo che Bersani, sentendosi all’angolo, provò a buttarla in vacca, con battute sulla mucca nel corridoio e il tacchino sul tetto, cercando di fare il simpatico, ma chiunque fosse di fronte al televisore ebbe la rappresentazione plastica di come l’erede di una forza politica che per anni si era riempita la bocca con la classe operaia, dei problemi di chi lavora sapeva zero e neppure era a conoscenza di quali e quante proposte avesse fatto il suo partito.Ricordo l’episodio perché mi ha fatto sorridere, ieri, l’intervista sulla Stampa dello stesso Bersani il quale, oltre a parlare della riscossa della sinistra dopo le elezioni amministrative («Serve subito un patto per l’alternativa»), si è lasciato andare anche ad alcuni commenti, correggendo il presidente del Consiglio sulla proposta di premierato che nel 1994 fu presentata proprio della sinistra. «Il massimo che si voleva fare era il sistema alla tedesca, che è lontano mille miglia dal premierato alla Meloni».Siccome si dà il caso che il primo a riesumare la proposta di Achille Occhetto «per un’Italia più giusta, più unita e più moderna» sia stato il sottoscritto, vorrei ricordare che l’idea di votare il presidente del Consiglio, con una scelta esplicita della maggioranza parlamentare e con il potere di nomina e revoca dei ministri da parte del premier, non è una sintesi o una forzatura giornalistica o politica, ma la trascrizione puntuale della riforma contenuta nella proposta del programma del Pds.Capisco che oggi, rileggendo le pagine del libro verde di Occhetto, a largo del Nazareno siano imbarazzati e non sappiano che dire, perché la proposta ricalca il premierato di Giorgia Meloni e spazza via le obiezioni della sinistra, ma il passaggio con cui Bersani cerca di differenziarsi rispetto alla riforma proposta dal centrodestra, parlando di sistema alla tedesca, è una supercazzola di quelle che l’ex segretario del Pd sfodera quando è in difficoltà. Ma qui non stiamo a pettinare le bambole, né smacchiamo i giaguari o asciughiamo gli scogli, come ama dire Bersani.Semplicemente, stiamo a ciò che sta scritto nel libricino che l’Unità di Walter Veltroni mandò in edicola riassumendo le proposte di quello che fino a qualche anno prima era il glorioso Partito comunista italiano. Non c’è dubbio sul fatto che il Pds, sigla con cui Occhetto cercò di far dimenticare la fine dell’Unione sovietica a cui il suo partito era legato da un cordone ombelicale oltre che, a lungo, da un finanziamento occulto, volesse l’elezione diretta del premier. Né si può mettere in discussione che Botteghe oscure (ai tempi il palazzo era ancora la sede del Pci e non un hotel di lusso) volesse introdurre un meccanismo che impedisse i ribaltoni, garantendo un governo di legislatura.Se si mettono insieme le proposte, ovvero la scelta del presidente del Consiglio da parte degli elettori, la nomina e la revoca dei ministri togliendo questo potere al capo dello Stato e al Parlamento, insieme all’indicazione esplicita di una maggioranza parlamentare, addirittura la proposta risulta ancora più radicale di quella presentata dal centrodestra, senza però che a sinistra nessuno, all’epoca, abbia denunciato rischi per la democrazia né abbia messo in guardia dall’erosione dei poteri del presidente della Repubblica.Detto ciò, da Bersani non si può pretendere che rimetta il dentifricio nel tubetto o spalmi la crema da barba nei Ringo (sono alcune altre sue metafore). Bersani è Bersani, un simpatico signore che ha smesso di fare politica per fare battute in tv e sui giornali, con massimo gaudio dei conduttori e dei direttori che lo ospitano. Del resto, se da candidato e segretario nemmeno sapeva quale era il programma sul lavoro del suo partito, si può pretendere che oggi sia a conoscenza della proposta del Pds quando il segretario era Occhetto? Al massimo, da lui ci si può aspettare (cfr. Bersani) «un tortello a misura di bocca». La sua.
Ecco #EdicolaVerità, la rassegna stampa podcast del 17 settembre con Carlo Cambi
Dario Franceschini (Imagoeconomica)
Papa Leone XIV (Getty Images)
Sergio Mattarella con la mamma di Willy Monteiro Duarte (Ansa)