2019-12-05
Bersani dà lezioni ma ignora la materia
Ogni volta che partecipo a un dibattito televisivo ho la prova che la riforma votata dalle Camere per ridurre il numero di parlamentari non solo è giustificata, ma è urgente: perché a Montecitorio e Palazzo Madama soggiornano a pagamento una serie di signori che spesso parlano di ciò che non conoscono, volendo per di più dare lezioni ad altri. In genere si tratta di politici di primo pelo, che hanno il loro momento di celebrità davanti alle telecamere. Non di rado però capitano anche alcuni professionisti della poltrona, con curriculum lunghi decenni ai vertici delle istituzioni. Martedì, a Cartabianca, mi è toccato Pier Luigi Bersani, ossia il presidente di Articolo uno, oltre che ex segretario del Pd. Argomento del contendere il cosiddetto fondo salva Stati, ossia il Meccanismo europeo di stabilità. Lasciamo perdere la definizione del Mes fornita dall'ex ministro dello Sviluppo economico, il quale ha paragonato quello che è un fondo di garanzia (...)(...) fra gli Stati a una specie di pronto soccorso: motivo sufficiente per chiamare il 118. Quando si è trattato di spiegare ciò che sta accadendo dentro il governo e in Europa nell'imminenza della firma dell'accordo sul Mes, Bersani prima ha voluto mettere in chiaro che ci sono critiche accettabili, che sono quelle che vengono da sinistra, e altre che sono faziose perché parlano dei rischi sui conti correnti degli italiani. Ma il meglio Bersani lo ha dato quando ha detto che «il buon Gualtieri sta andando là», cioè in Europa, «per alcuni essenziali contorni di questo accordo». Già parlare di «essenziali contorni» è un ossimoro, ma ancora di più è banalizzare qualche cosa che per stessa ammissione dell'ex segretario del Pd rischia di mandare a gambe all'aria il governo. Più di tutto, stupisce che il tre volte ministro prenda così alla leggera una questione vitale per il Paese, dimostrando di non capire, o forse di non sapere, che cosa Gualtieri stesse trattando a Bruxelles. Soprattutto ha dato prova di non afferrare neppure il centro, non solo i contorni, del problema. Perché la riforma del Mes è un argomento su cui il Parlamento, con una risoluzione del 19 giugno, aveva impegnato il governo di allora, chiedendo che prima di sottoscrivere l'accordo ci fosse una verifica. In queste settimane si è capito che così non è stato, e da più parti, ossia dal presidente dell'Abi Antonio Patuelli, dal governatore della Banca d'Italia Ignazio Visco e anche dall'ex commissario alla spesa pubblica Carlo Cottarelli sono giunti segnali d'allarme. Tutti preoccupati per l'impatto della riforma sulla tenuta dei conti italiani, in particolare sulla valutazione dei titoli di Stato nei portafogli delle banche. La preoccupazione per un'intesa che pareva ormai prossima alla sottoscrizione in sede europea non arriva solo da pericolosi sovranisti e non risale a mesi fa, ma a metà novembre. Dunque la critica non riguarda il contorno, ma il nocciolo del problema ovvero il rischio che questo provochi una ristrutturazione del debito italiano, con un impatto sul portafogli degli italiani.Il Mes è un fondo che dovrebbe aiutare i Paesi europei in difficoltà, ma se aiuta solo quelli che hanno un debito basso e i parametri che piacciono ai burocrati europei significa che l'Italia, nel caso in cui avesse bisogno del pronto soccorso, come dice Bersani, non potrà farvi ricorso oppure lo potrà fare solo a prezzo di pesanti condizioni. Non è tutto. Minimizzando ciò che sta accadendo, Bersani ha detto che ai contorni pensa Gualtieri. No, perché il governo si è spinto così in là nella trattativa che, come ha spiegato ieri il capo dell'Eurogruppo, Mario Centeno, non si può modificare una virgola. Perciò l'Italia dovrebbe prendere il pacco a scatola chiusa. Forse una scatola di quelle sardine che piacciono tanto a Bersani. Per tutta la sera l'ex segretario del Pd aveva dato per possibile ciò che invece è stato l'argomento di discussione di tutti questi giorni ovvero l'impossibilità di modificare un testo che probabilmente condizionerà il nostro Paese. Tutto ciò senza che nessuno, né la classe politica, né le istituzioni finanziarie, abbiano davvero approfondito gli effetti sull'economia.Ma se serviva una prova dell'incompetenza di certi politici, Bersani l'ha fornita in diretta, quando ha dichiarato che «il direttore di 'sta roba sarà un italiano», quasi a dire: state tranquilli, ci abbiamo messo uno dei nostri. In realtà il direttore del Mes è un tedesco di nome Klaus Regling. Segnalo all'ex ministro che nell'audizione parlamentare, il governatore della Banca d'Italia, ha detto: «Vi suggerisco di chiamare il direttore del Mes a rispondere alle domande». Tanto per dire chi comanda, Visco non ha suggerito Gualtieri e neppure il direttore del Tesoro Alessandro Rivera, bensì Regling. Mi raccomando però: non ditelo a Bersani, perché potrebbe smettere di smacchiare i giaguari.
Ursula von der Leyen (Ansa)
Antonio Filosa, ad Stellantis (Ansa)
Giancarlo Giorgetti (Ansa)