2022-01-20
Berlusconi congela il vertice per il Colle
Enrico Letta e Roberto Speranza (Ansa)
Il fondatore di Forza Italia rimanda l’incontro con il resto della coalizione. Un big azzurro: «In caso di passo indietro, venderà cara la pelle». Summit Letta-Conte-Speranza con annuncio in fotocopia. Luigi Di Maio a Giuseppi: «Dobbiamo lanciare noi Mario Draghi». «Draghi sta facendo una campagna elettorale spietata, mai vista una roba del genere. Ma abbiamo gli anticorpi per trovare un’altra soluzione»: una autorevolissima fonte del Pd commenta così alla Verità gli ultimi sviluppi del Romanzo Quirinale, a quattro giorni dalla prima votazione in programma lunedì prossimo. Il centrosinistra resta in alto mare, dopo il vertice di ieri mattina tra Giuseppe Conte, Enrico Letta e Roberto Speranza. I tre leaderini dell’armata Brancaleone giallorossa si incontrano di buon mattino a Roma, a casa di Giuseppi. Meno di un’ora di colloquio, e del resto Pd, M5s e Leu hanno ben poco da dirsi, visto che sono al comando di truppe parlamentari (eccetto Speranza) che non controllano. Al termine dell’incontro, i tre rilanciano abbastanza comicamente lo stesso identico tweet: «Ottimo incontro. Lavoreremo insieme», scrivono contemporaneamente Letta, Conte e Speranza, «per dare al Paese una o un presidente autorevole in cui tutti possano riconoscersi. Aperti al confronto. Nessuno può vantare un diritto di prelazione. Tutti abbiamo il dovere della responsabilità». Responsabilità che si traduce con terrore allo stato puro: non è un caso che, se Silvio Berlusconi dovesse davvero entrare in gioco alla quarta votazione, Pd, M5s e Leu sono orientati a non presentarsi in aula, per evitare che qualcuno dei loro parlamentari nel segreto dell’urna scriva sulla scheda il nome del Cavaliere. Conte poi incontra pure Luigi Di Maio, alla Farnesina. A quanto apprende La Verità, Giuseppi chiede al ministro degli Esteri un aiuto per tenere il più possibile uniti i gruppi parlamentari, riferisce che l’incontro con Letta e Speranza è stato poco più che interlocutorio. Di Maio dice a Conte che l’unica cosa da fare è puntare su Mario Draghi, lanciare il premier in campo prima che qualcun altro se ne intesti l’incoronazione. Conte tentenna, sa che i parlamentari sono contrari, ma del resto deputati e senatori grillini sono allo sbando, e lo sarebbero in qualunque caso. «Alla fine andremo su Draghi», dice alla Verità un big del M5s, «pur non volendolo. Non lo sopporta nessuno, ha gestito tutto il potere da solo, con i suoi fedelissimi, scaricando sui partiti solo la responsabilità dei provvedimenti impopolari. Eppure, siamo ridotti a questo punto». La situazione, al di là delle dichiarazioni di rito, è questa: nel Pd l’unico a volere fortemente Draghi al Colle è Letta, e il più fiero oppositore di questa soluzione è Dario Franceschini; Leu non ne vuole sapere di Draghi; nel M5s Di Maio punta su Draghi, i parlamentari non lo vogliono, Conte è in mezzo al guado. Sul versante del centrodestra, invece, salta per ora il vertice decisivo, quello che servirà a Silvio Berlusconi per sciogliere la riserva in senso favorevole o a fare il famoso passo indietro: «Una volta si diceva nessuna nuova buona nuova, ora ho paura che sia il contrario: comunque sia aspettiamo che Berlusconi ci dica a che punto sta con i suoi conti e cosa decide di fare», un big del centrodestra commenta così il silenzio che regna dalle parti di Arcore. Un silenzio che dai piani alti di Forza Italia spiegano in questo modo: «Il momento della verità è vicino, ora si fa sul serio. C’è cautela perché ci sono riflessioni in corso. Il presidente è impegnato a lavorare, si è preso due giorni di tempo per le ultime verifiche sui numeri». Se ci fosse il passo indietro, si punterebbe su Draghi o Mattarella? «No», risponde il dirigente azzurro, «dovrebbe essere un nome di centrodestra. Se il presidente decidesse di fare passo un indietro, la pelle va venduta cara, dovrà dire la sua». A Rai Radio1, intanto, Vittorio Sgarbi sottolinea che tra coloro che non voteranno sicuramente il leader di Forza Italia c’è «tutto il Pd meno quattro persone, due alla Camera e due al Senato», e aggiunge che ci sarebbe «una fronda del M5s che si riunirà a Roma domani (oggi, ndr), in via Paolo VI, alle 10.30. Sono in tutto 59 e si riuniscono per prendere una posizione di corrente sul Quirinale». Giorgia Meloni, da parte sua, riunisce l’esecutivo di Fratelli d’Italia: la leader è orgogliosa di «poter garantire la compattezza del voto di tutti i suoi 64 grandi elettori. «Fratelli d’Italia», aggiunge la leader parlando ai suoi, «conferma la sua lealtà, senza subalternità, nei confronti degli alleati», ribadisce la disponibilità di Fdi, già ribadita nel corso dei vertici di coalizione, a sostenere la candidatura di Silvio Berlusconi. Nel caso in cui la sua disponibilità venisse meno, il partito è pronto a formulare le sue proposte per concorrere a costruire una convergenza più ampia su personalità autorevoli nel campo culturale del centrodestra che hanno tutte le caratteristiche per ricoprire l’incarico. «Il centrodestra e la maggioranza dei cittadini che rappresenta», aggiunge la Meloni, «hanno pieno diritto di cittadinanza e dignità per proporre personalità, anche non necessariamente provenienti dal mondo della politica, capaci di ricoprire ruoli istituzionali apicali, almeno quanto il centrosinistra». Anche Matteo Salvini riunisce i vertici del partito: è opinione comune, tra i leader delle forze politiche, che il capo della Lega abbia la possibilità di sbloccare lo stallo, se Berlusconi deciderà di ritirarsi. Dovrà fare un nome, e centrare la porta al primo colpo. Altrimenti si rischia un caos che potrebbe prolungarsi per molte votazioni, e che potrebbe portare tutti i partiti a chiedere a Sergio Mattarella di sacrificarsi per un altro anno.