2021-10-15
Guerriglia in Libano: sei morti e decine di feriti
L'esercito Libanese a Beirut dopo l'attentato del 14 ottobre (Epa/Ansa)
Spari e lanci di granate hanno sconvolto una manifestazione di Hezbollah a Beirut.Oltre trenta feriti e sei morti: è questo il bilancio di una manifestazione, tenutasi ieri a Beirut. La città è infatti piombata nel caos, si sono registrate violenze e sono stati esplosi colpi di arma da fuoco. Dopo circa quattro ore di scontri, nel pomeriggio di ieri la situazione sembrava tornata alla normalità. Ma lo spettro di una guerra civile continua ad aleggiare. La protesta, organizzata dai movimenti Hezbollah e Amal, chiedeva la destituzione di Tarek Bitar: il giudice che sta indagando sulla terrificante esplosione avvenuta nella capitale libanese l'anno scorso. Giudice che – secondo i registi della manifestazione – starebbe indebitamente agendo sulla base di calcoli politici. In particolare, il magistrato ha messo nel mirino una serie di alte personalità politiche libanesi: un fattore che ha innescato significative tensioni nel Paese. In questo quadro, martedì scorso, Bitar aveva emesso un mandato di arresto per l'ex ministro delle Finanze, Ali Hassan Khalil, che non si era presentato a un interrogatorio. Quest'ultimo è un esponente del movimento Amal e risulterebbe uno stretto alleato di Hezbollah: quei movimenti cioè che sono diventati tra i principali oppositori del giudice. Martedì, gli Stati Uniti – che considerano Hezbollah un'organizzazione terroristica – avevano preso le difese del magistrato. «I giudici devono essere liberi da minacce e intimidazioni, incluse quelle di Hezbollah», aveva dichiarato il portavoce del Dipartimento di Stato americano, Ned Price. Inoltre, nonostante non risulti ancora chiaro chi sia il responsabile degli spari di ieri, Hezbollah ha comunque puntato il dito contro le Forze libanesi. Il leader del partito maronita, Samir Geagea, ha condannato gli scontri, sostenendo che la violenza sia in realtà nata dalla «diffusa proliferazione delle armi». Ricordiamo, per inciso, che tutto questo si inserisce in un contesto economico particolarmente difficile e segnato da una profonda crisi. Il premier, Najib Mikati, si è intanto scusato per quanto accaduto, mentre il Kuwait ha invitato i propri cittadini a lasciare il Paese. Nove persone sono inoltre finite agli arresti, mentre oggi è stata proclamata una giornata di lutto nazionale. «La Francia è profondamente preoccupata per le violenze. […] La Francia invita tutte le parti a realizzare una riduzione dell'escalation», ha dichiarato il ministero degli Esteri francese in un comunicato. La situazione generale è poi preoccupante per le nostre truppe, che operano in loco nell'ambito della missione Unifil, mentre appelli alla moderazione sono stati lanciati anche dall'Onu. Inoltre, proprio ieri il presidente del Libano, Michel Aoun, ha ricevuto il sottosegretario di Stato americano, Victoria Nuland, la quale ha offerto altri 67 milioni di dollari a sostegno dell'esercito libanese. Tutto questo potrebbe infine complicare il tentativo, promosso dall'amministrazione Biden, di rilanciare l'accordo sul nucleare con l'Iran alleato di Hezbollah.
L'ex amministratore delegato di Mediobanca Alberto Nagel (Imagoeconomica)
Giorgia Meloni ad Ancona per la campagna di Acquaroli (Ansa)
«Nessuno in Italia è oggetto di un discorso di odio come la sottoscritta e difficilmente mi posso odiare da sola. L'ultimo è un consigliere comunale di Genova, credo del Pd, che ha detto alla capogruppo di Fdi «Vi abbiamo appeso a testa in giù già una volta». «Calmiamoci, riportiamo il dibattito dove deve stare». Lo ha detto la premier Giorgia Meloni nel comizio di chiusura della campagna elettorale di Francesco Acquaroli ad Ancona. «C'é un business dell'odio» ha affermato Giorgia Meloni. «Riportiamo il dibattito dove deve stare. Per alcuni è difficile, perché non sanno che dire». «Alcuni lo fanno per strategia politica perché sono senza argomenti, altri per tornaconto personale perché c'e' un business dell'odio. Le lezioni di morale da questi qua non me le faccio fare».
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