2023-04-30
Con la scusa del panico social le Banche centrali chiedono la stretta su conti e liquidità
Christine Lagarde (Getty Images)
I governatori di Francia e Olanda fanno pressioni alla vigilia del nuovo aumento dei tassi Bce il 4 maggio. Confindustria: «I rialzi costano già 7 miliardi all’anno».I governatori delle Banche centrali di Francia e Olanda chiedono di rivedere le norme sulla liquidità con la scusa del panico innescato dai social. Il tutto alla vigilia del nuovo aumento dei tassi, che verrà comunicato dalla Bce il 4 maggio. Confindustria: «La stretta monetaria ci è già costata 7 miliardi». La data segnata in rosso sull’agenda è quella del 4 maggio quando la Bce di Christine Lagarde alzerà nuovamente i tassi. Gli operatori sono divisi tra chi stima un aumento da 50 punti base (se i dati sull’inflazione preliminare di aprile dell’Eurozona, in uscita martedì, saranno sensibilmente superiori alle attese) e chi vede, invece, un aumento da 25 punti. Mentre gli effetti del restringimento monetario in atto stanno già incidendo sulla crescita economica, a Francoforte si cercano nuovi alibi per altre strette e nuovi capri espiatori se l’impatto dei tassi alti comincerà a farsi ingestibile. Lo scorso venerdì, ad esempio, il governatore della Banca centrale francese, Francois Villeroy de Galhau, e il suo collega olandese, Klaas Knot, hanno lanciato l’allarme per una possibile fuga dagli sportelli innescata dall’effetto amplificatore dei social media. «I regolatori bancari della zona euro dovrebbero prendere in considerazione la possibilità di modificare una serie di regole, dalla quantità di liquidità che le banche dovrebbero detenere, a come vengono risolti i fallimenti, al fine di proteggere il sistema finanziario», hanno riferito i due banchieri centrali. Preoccupati soprattutto dal fatto che, per l’impatto eccessivo dei social media sul comportamento dei consumatori, i movimenti dei depositi potrebbero diventare più rapidi di quanto previsto dalle autorità di regolamentazione, mettendo in dubbio che le regole di liquidità e risoluzione rimangano adeguate. «Non si può negare che la velocità con cui i depositi sono stati ritirati da Silicon valley bank è stata molto più veloce del previsto, molto più veloce di quanto i calcoli del coefficiente di copertura della liquidità tengano conto», ha detto Knot, presidente del Financial stability board. Quindi, o il coefficiente di copertura della liquidità dovrebbe essere calibrato in modo diverso, o ci sarà bisogno di sottoporlo meglio allo stress test. Simile la considerazione fatta dal governatore della Banca di Francia, con Villeroy de Galhau convinto che il cambiamento delle regole di liquidità debba essere almeno discusso poiché la tecnologia e i social media supportano movimenti di deposito più rapidi. «L’altra priorità è passare dalla risoluzione per pochi, davvero per i troppo pochi, alla risoluzione per i molti, comprese le banche di piccole e medie dimensioni», ha poi aggiunto. Nel frattempo, secondo la congiuntura flash di aprile 2023 diffusa ieri da Confindustria, la stretta monetaria della Bce potrebbe costare 7 miliardi di euro alle imprese italiane. «Il maggior onere per interessi a carico delle imprese, ai valori attuali dei tassi (che potrebbero però salire ancora), crescerà di quasi 7 miliardi in un anno, pesando sui margini operativi già compressi», si legge nel documento dove vengono evidenziati i vari fattori che «contribuiscono al ridimensionamento della crescita degli investimenti nel 2023-24» e all’indebolimento della domanda. Secondo gli industriali, «le condizioni di offerta più stringenti per il credito hanno bruscamente fermato da fine 2022 i prestiti bancari erogati alle imprese, portandoli poi in negativo (-0,5% annuo a febbraio 2023)». Come riflesso, «i depositi bancari delle imprese, cresciuti molto nel 2020-21, hanno subito di recente un brusco ridimensionamento, pari al -12,9% a febbraio 2023 rispetto a luglio scorso (-56 miliardi). Tale calo è ancor più preoccupante se si considera che le disponibilità liquide delle imprese sono storicamente correlate alla crescita economica e quindi normalmente hanno un trend crescente, simile a quello del pil nominale», viene sottolineato nella congiuntura flash.Dal fronte delle banche, invece, sempre ieri è stata rilanciata la posizione del governatore di Bankitalia, Ignazio Visco: «La strategia migliore resta quella di un approccio cauto, basato sui dati» e di decisioni prese «volta per volta» dal Consiglio direttivo, ha ribadito Visco in una analisi su politica monetaria e ritorno dell’inflazione ai valori obiettivo, pubblicata presso il centro studi Cepr. «Dobbiamo continuare a vigilare attentamente gli sviluppi su tutte le variabili che potrebbero innescare effetti di secondo livello» dovuti all’alta inflazione, spiega il governatore. Ripetendo che la politica monetaria non può essere «l’unico attore in campo» per contrastare l’alta inflazione. E che guardando avanti i principali ostacoli all’intervento per calmierare il carovita nell’Eurozona potrebbero derivare proprio «da comportamenti inappropriati di altri attori coinvolti, che potrebbero portare a effetti di secondo livello». In questa prospettiva, un elemento rilevante sarà rappresentato dalle strategie sui prezzi delle imprese. «Dobbiamo valutare attentamente il trasferimento dei costi energetici in senso opposto», cioè se i prezzi finali, ora, rifletteranno ora anche i recenti declini sui prezzi dell’energia, dopo che nei mesi passati sono stati alzati a seguito dei rincari.
Gli abissi del Mar dei Caraibi lo hanno cullato per più di tre secoli, da quell’8 giugno del 1708, quando il galeone spagnolo «San José» sparì tra i flutti in pochi minuti.
Il suo relitto racchiude -secondo la storia e la cronaca- il più prezioso dei tesori in fondo al mare, tanto che negli anni il galeone si è meritato l’appellativo di «Sacro Graal dei relitti». Nel 2015, dopo decenni di ipotesi, leggende e tentativi di localizzazione partiti nel 1981, è stato individuato a circa 16 miglia nautiche (circa 30 km.) dalle coste colombiane di Cartagena ad una profondità di circa 600 metri. Nella sua stiva, oro argento e smeraldi che tre secoli fa il veliero da guerra e da trasporto avrebbe dovuto portare in Patria. Il tesoro, che ha generato una contesa tra Colombia e Spagna, ammonterebbe a svariati miliardi di dollari.
La fine del «San José» si inquadra storicamente durante la guerra di Successione spagnola, che vide fronteggiarsi Francia e Spagna da una parte e Inghilterra, Olanda e Austria dall’altra. Un conflitto per il predominio sul mondo, compreso il Nuovo continente da cui proveniva la ricchezza che aveva fatto della Spagna la più grande delle potenze. Il «San José» faceva parte di quell’Invencible Armada che dominò i mari per secoli, armato con 64 bocche da fuoco per una lunghezza dello scafo di circa 50 metri. Varato nel 1696, nel giugno del 1708 si trovava inquadrato nella «Flotta spagnola del tesoro» a Portobelo, odierna Panama. Dopo il carico di beni preziosi, avrebbe dovuto raggiungere Cuba dove una scorta francese l’attendeva per il viaggio di ritorno in Spagna, passando per Cartagena. Nello stesso periodo la flotta britannica preparò un’incursione nei Caraibi, con 4 navi da guerra al comando dell’ammiraglio Charles Wager. Si appostò alle isole Rosario, un piccolo arcipelago poco distanti dalle coste di Cartagena, coperte dalla penisola di Barù. Gli spagnoli durante le ricognizioni si accorsero della presenza del nemico, tuttavia avevano necessità di salpare dal porto di Cartagena per raggiungere rapidamente L’Avana a causa dell’avvicinarsi della stagione degli uragani. Così il comandante del «San José» José Fernandez de Santillàn decise di levare le ancore la mattina dell’8 giugno. Poco dopo la partenza le navi spagnole furono intercettate dai galeoni della Royal Navy a poca distanza da Barù, dove iniziò l’inseguimento. Il «San José» fu raggiunto dalla «Expedition», la nave ammiraglia dove si trovava il comandante della spedizione Wager. Seguì un cannoneggiamento ravvicinato dove gli inglesi ebbero la meglio sul galeone colmo di merce preziosa. Una cannonata colpì in pieno la santabarbara, la polveriera del galeone spagnolo che si incendiò venendo inghiottito dai flutti in pochi minuti. Solo una dozzina di marinai si salvarono, su un equipaggio di 600 uomini. L’ammiraglio britannico, la cui azione sarà ricordata come l’«Azione di Wager» non fu tuttavia in grado di recuperare il tesoro della nave nemica, che per tre secoli dormirà sul fondo del Mare dei Caraibi .
Continua a leggereRiduci