2024-01-05
«Basita da Amato, è finito il mondo in cui la sinistra ha più diritti»
Il presidente del Consiglio e le nomine alla Consulta: così può rompere un monopolio.«Credo si sappia che non è stata una mia iniziativa...». Nelle sue pulizie della Befana anticipate di qualche ora, Giorgia Meloni - inzigata da un giornalista - ne ha anche per Giuliano Amato. Inizia con l’eufemismo virgolettato qui sopra e riferito alla commissione sull’Intelligenza artificiale a cui capo è finito l’ex presidente del Consiglio. Poi, però, la risposta sterza sulle forti critiche avanzate da Amato sulla «destra populista» che potrebbe far «finire la democrazia» in Italia, come accaduto in Polonia e Ungheria.«Non ho nulla da dire nello specifico al professore», dice, prima di dire molte cose nello specifico al professore, con un’interpretazione non molto dissimile a quella fornita da Maurizio Belpietro su queste colonne lo scorso 3 gennaio: «Sono rimasta francamente basita dalle dichiarazioni che riguardano la Corte costituzionale». Come spiegato ieri sulla Verità, nel 2024 vanno rinnovati quattro membri della Consulta, tutti di nomina parlamentare. «Oggi la maggioranza è di centrodestra e quindi c’è un rischio di deriva autoritaria!», gigioneggia il premier che poi affonda il colpo sul presidente emerito della stessa Corte: «Questa idea che quando vince la sinistra deve avere tutte le prerogative e quando vince la destra, no, temo necessiti di qualche modifica costituzionale... Bisognerebbe proporre che i giudici li eleggesse il Pd sentiti alcuni intellettuali e Giuliano Amato». Ironia a parte, la Meloni chiarisce ulteriormente il punto: «Deriva autoritaria è piuttosto considerare che chi vince le elezioni se non è di sinistra non ha gli stessi diritti degli altri. Il mondo in cui la sinistra ha più diritti degli altri per quanto mi riguarda è fi-ni-to e farò di tutto per combatterlo».Salutate dal plauso di Maurizio Gasparri, le parole del premier hanno se non altro il merito di aver chiarito la portata e il perimetro dello scontro in atto: una battaglia di potere per non interrompere la tradizione che vede il Parlamento premiare personalità espressione della sinistra (l’attuale presidente della Consulta è un ex parlamentare di lungo corso, giusto per fare un esempio). La fortuita coincidenza che ha portato a una maggioranza di centrodestra mentre scadevano ben quattro membri regala, infatti, al centrodestrastesso la rara occasione di alterare questo equilibrio, non potendo contare su nomine «amiche» dal lato del Quirinale. Paradossalmente, da questo punto di vista Giorgio Napolitano aveva dimostrato, alla fine del suo primo mandato, una sensibilità più «plurale» rispetto a quella di Sergio Mattarella, che con le recenti scelte alla Corte ha rafforzato la componente più vicina alle grandi burocrazie e alla fedeltà all’Unione europea. Se le forze ostili a un cambiamento culturale sono molto chiare e definite, tocca ora soprattutto al centrodestra identificare nomi e profili che sappiamo dare credibilità e spessore a questo cambiamento, non solo perché ci vorranno i tre quinti del Parlamento per eleggere i quattro giudici entro il 2024, ma anche e soprattutto perché non saranno nomi facili da trovare. Il livello dello scontro che si è chiarito, però, dovrebbe essere il miglior stimolo.
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