
Caos concessioni: dopo aver ordinato al governo di fare le gare, ora i giudici dicono che deve rimanere tutto fermo fino alla sentenza della Corte di giustizia europea.A meno di un mese dalla stagione balneare non c’è pace tra gli ombrelloni che restano chiusi e si ha l’impressione che ci siano delle vittime di colpi di sole sulla annosa questione della direttiva Bolkestein. Il Consiglio di Stato appena 15 giorni fa con un’ordinanza aveva stabilito che bisogna mettere subito all’asta gli arenili perché la proroga concessa dal governo Meloni contrasta con il diritto comunitario e aveva intimato ai sindaci di procedere senza indugio. Ora ci ha ripensato. Ma già lo stesso Consiglio di Stato in un altro pronunciamento aveva sospeso il giudizio in attesa della Corte di giustizia europea che è chiamata a giudicare la procedura italiana che intende stabilire se la risorsa arenili è scarsa o meno e soprattutto sulla legittimità dell’articolo 49 del nostro Codice della navigazione che dispone di fatto l’esproprio senza indennizzo delle strutture costruite dal concessionario una volta che la licenza sia scaduta. Per capirci: se il titolare di un lido ha realizzato un moletto, una volta che dovrà restituire la licenza vedrà il moletto incorporato dal demanio senza prendere un euro. Quanto all’applicazione della direttiva la Bolkestein, dice che si devono mettere a gara le concessioni solo se gli spazi di mercato sono ridotti. Il nostro governo ha iniziato la mappatura degli arenili, lo ha comunicato a Bruxelles e in attesa di finire questo lavoro tecnico ha esteso le concessioni fino al 31 dicembre. Dai primi risultati del censimento risulta che la risorsa non è scarsa e dunque la Bolkestein non andrebbe applicata. I giudici europei devono stabilire se è corretto che ogni Paese assolva agli obblighi della direttiva come meglio crede. Nel frattempo il Tar di Bari ha stabilito che la legge del 2018 voluta dall’allora ministro del Turismo Gian Marco Centinaio, che fissa la scadenza delle concessioni al 2033 è perfettamente operante. Il quadro è questo: per il Consiglio di Stato le gare vanno fatte subito, ma bisogna aspettare il pronunciamento della Corte europea, per diversi Tar le licenze sono valide per altri dieci anni, per altri sono già scadute. Nel frattempo metà dei Comuni indice le gare, un’altra metà sta ferma e i gestori non sanno più che fare. Quattro giorni fa il Consiglio di Stato ha cambiato di nuovo idea e smentendo se stesso: con un contrordine compagni ha stabilito che anche chi ha la concessione scaduta può continuare nell’attività e soprattutto che non vanno fatte le aste. L’ordinanza è del 14 maggio e stabilisce che in attesa che si pronuncino i giudici europei «prevale l’interesse privato a continuare l’attività dello stabilimento balneare, ancorché decaduta la concessione, poiché i Comuni non sono nelle condizioni di affidare a terzi il compendio demaniale». Non solo: stabilisce un altro principio da sempre invocato dalle associazioni di categoria - da Assobalneari con Federico Licordari a Base balenare con Bettina Bolla ad Antonio Capacchione di Confcommercio - «nel bilanciamento degli interessi contrapposti, appare preminente quello del privato, tenuto conto che in questo modo sono altresì soddisfatti gli interessi pubblici alla manutenzione dell’area e alla percezione dei canoni demaniali senza soluzione di continuità». Conclusione: «È sospesa la messa a gara delle concessioni demaniali marittime vigenti in attesa del pronunciamento della Corte di giustizia europea sulla validità dell’articolo 49 del Codice della navigazione». Dopo il «contrordine compagni» del Consiglio di Stato sui lidi riparte il dibattito in Parlamento. Alla Camera c’è in discussione la legge sugli indennizzi per i concessionari uscenti e c’è un’ampia maggioranza favorevole ai rimborsi. Le Regioni - con l’assessore ligure Marco Scajola che è il coordinatore del settore - chiedono al governo che ha fissato un tavolo tecnico per il 12 giugno una legge subito per mettere la parola fine a questi contenziosi arrivati ormai all’ultima spiaggia. Tenendo conto che il balneare vale per l’Italia 60 miliardi di fatturato turistico.
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