2023-07-08
Via Arenula passa al contrattacco. «Riforma dell’avviso di garanzia»
Il dicastero è pronto a cambiare le regole: «Silenzio fino a conclusione indagini».«Un indizio è un indizio, due indizi sono una coincidenza, ma tre indizi fanno una prova» assicurava Agatha Christie. Ricapitoliamo dunque i salienti fatti giudiziari capitati tra mercoledì e giovedì. Prima l’avviso di garanzia al ministro del Turismo, Daniela Santanchè: recapitato mezzo stampa durante la sua audizione in Senato. Poi, l’indagine sul sottosegretario alla Giustizia, Andrea Delmastro: imputazione coatta per rivelazione d’atti d’ufficio. Infine, l’inchiesta su Leonardo Apache La Russa, figlio di Ignazio, presidente di Palazzo Madama: accusato di violenza sessuale. Ogni giorno, per Fratelli d’Italia, ha la sua pena. Non politica, come doveroso. Giudiziaria, piuttosto. Il partito di Giorgia Meloni si sente cinto dalle Procure, come fu con il Cavaliere. L’avevano previsto, certo. Non si rassegnano, però. Del resto, la riforma della giustizia è sempre stata una priorità. Ora lo diventa ancora di più. Il ministro Carlo Nordio, a dispetto della maldisposizione corporativa, procede agguerrito. Adesso è pronto a intervenire sull’avviso di garanzia: dovrebbe tutelare l’indagato ma è diventato, da Mani pulite in poi, una clava politica.La notizia dell’imputazione coatta del suo sottosegretario hanno convinto il guardasigilli: non c’è tempo da perdere. In una nota, il ministero manifesta «ancora una volta, lo sconcerto e il disagio per l’ennesima comunicazione a mezzo stampa di un atto che dovrebbe rimanere riservato. La riforma mira a eliminare questa anomalia tutelando l’onore di ogni cittadino, presunto innocente sino a condanna definitiva». Via Arenula aggiunge: l’inchiesta sul Delmastro dimostra «l’irrazionalità del nostro sistema». E argomenta: «La grandissima parte delle imputazioni coatte si conclude, infatti, con assoluzioni dopo processi lunghi e dolorosi quanto inutili, con grande spreco di risorse umane ed economiche anche per le attività difensive. Per questo è necessaria una riforma radicale». Il decreto legge Nordio è già stato approvato in consiglio dei ministri: tra le altre cose, cancella l’abuso d’ufficio, limita il ricorso all’appello ed estende il divieto di pubblicare le intercettazioni. Il ministro è convinto che servano ulteriori strette. Sull’avviso di garanzia, intanto. Sulle indagini preliminari, per aumentare la segretezza. E sull’iscrizione nel registro degli indagati, punendo la pubblicazione di atti coperti dal segreto istruttorio. Il problema chiaramente non è il merito, ma il metodo. Non le accuse a Santanchè, Delmastro o La Russa junior. Piuttosto, l’inarrivabile abilità con cui vengono diffuse: rodata compagnia di giro, tempistica perfetta, nessuna impronta. Francesco Paolo Sisto, viceministro azzurro alla Giustizia, chiarisce il caso della collega indagata per bancarotta e falso in bilancio: «La notizia della pendenza del procedimento viene da soggetti non legittimati, che la diffondono a mezzo stampa». Con la riforma Nordio, «sarà vietata la pubblicazione anche parziale degli atti coperti dal segreto. L’informazione di garanzia non potrà essere divulgata fino alla conclusione dell’indagine». Provvedimento necessario, spiega Sisto, per evitare di «scambiare un atto a tutela dell’indagato per una sentenza mediatica». E rievoca la guerra con le toghe Il sottosegretario ai Rapporti con il Parlamento, Matilde Siracusano, berlusconiana pure lei: «Ormai è ufficiale: il governo è nel mirino di un pezzo di magistratura, che evidentemente vuole dare una mano all’opposizione». E i meloniani teorizzano: le tre inchieste sono la rappresaglia per sabotare la riforma della giustizia. D’altronde la linea bellicista l’ha data Palazzo Chigi due giorni fa, con una nota: «È lecito domandarsi se una fascia della magistratura abbia scelto di svolgere un ruolo attivo di opposizione. E abbia deciso di inaugurare anzitempo la campagna per le elezioni europee». Domanda retorica, appunto. E conseguente risposta: si procede a oltranza verso la prossima tappa forzata. Per rifondare l’ormai nefasto avviso di garanzia.
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)