2022-04-30
Autostrade ritorna pubblica. Ai Benetton 600 milioni da Atlantia
Luciano Benetton (Getty Images)
La famiglia di Ponzano Veneto ha ceduto le proprie partecipazioni per almeno 8 miliardi. Ha potuto così affrontare l’assalto degli spagnoli e ora potrà mirare a nuovi obiettivi. Intanto sale al 4,7% di Generali.Una due giorni di assemblee. Atlantia, Autostrade per l’Italia e Generali. In tutte e tre un ruolo di rilievo per la famiglia Benetton. Giovedì si è tenuta infatti la riunione ordinaria di Aspi. Oltre all’approvazione del bilancio e relativo utile (circa 680 milioni) il consorzio guidato da Cassa depositi e prestiti ha dato luce verde alla cessione delle azioni di Atlantia e rimandato al prossimo 5 maggio la conclusione dell’assemblea per il rinnovo del cda. Lo stop va anche inserito nello schema di definizione dell’accordo con la controparte che altro non è che la società guidata dai Benetton. Con l’assemblea di ieri mattina Atlantia da parte sua ha perfezionato il deal e concluso un percorso di semi nazionalizzazione delle autostrade partito con il crollo del Ponte Morandi e la morte di 43 persone. A dispetto delle dichiarazioni iniziali da parte di mezza politica e dell’allora premier Giuseppe Conte non ci sono stati espropri né assalti.la cessione La famiglia di Ponzano Veneto ha ceduto le proprie partecipazioni avviando un trasferimento di fondi non inferiore agli 8 miliardi. In gran parte vincolati, ma nella sostanza in grado di avviare un percorso di rilancio del gruppo. Che, dotato di liquidità, ha potuto affrontare l’assalto degli spagnoli alla stessa Atlantia e ora potrà mirare a nuovi obiettivi. Uno di questi è stato la possibilità di salire in Generali. La terza società che in queste settimane ha visto i Benetton iperattivi al fianco della lista Caltagirone. È notizia di ieri, infatti, l’ulteriore investimenti che li ha portati dal 3,9% a circa il 4,7. Uno 0,8% che ai valori attuali vale poco più di 220 milioni. Ovviamente i soldi fanno giri strani, ma non è sbagliato dire che siano direttamente quelli derivanti dal beneficio delle cessione a Cdp. Così come i soci di Atlantia ieri hanno ringraziato anche per altri motivi. L’assemblea con il 98,78% del capitale sociale ha deliberato di destinare destinare una parte degli 1,1 milioni di euro a riserva e i rimanenti 600 milioni come utile per i soci. Certo sono lontani gli anni in cui i bocchettoni delle cedole avevano molti zero in più. Soprattutto a distribuire era proprio Aspi. Vale la pena ricordare che dall’analisi della distribuzione dei dividendi di Aspi e di Atlantia emerge che fino al 2016 quest’ultima, in quanto unico azionista, percepiva tutti gli utili destinati ai soci: la bellezza di 516,2 milioni di euro nel 2010, 549,2 nel 2011, 561,6 nel 2012, 693,7 nel 2013, 669,9 nel 2014, 670,5 nel 2015 e 775 nel 2016. L’anno successivo, il primo in cui entrano come soci di minoranza Appia investment srl (consorzio formato da Allianz Capital Partners, per conto di Allianz group, Edf Invest e Ddif) e Silk road fund (fondo d’investimento controllato dal governo cinese), Atlantia incassa una cedola monstre: 2,56 miliardi di euro, seguiti da 455 milioni nel 2018, anno del crollo del viadotto. Complessivamente, in otto anni Atlantia ha percepito da Aspi dividendi per 7,45 miliardi di euro. A sua volta i dividendi di Atlantia sono andati principalmente alla Edizione srl, società non quotata controllata direttamente dalla famiglia Benetton. Per certi versi il mondo è cambiato, ma non necessariamente per i Benetton. Anche nel pieno della tempesta, all’indomani del crollo, i proprietari di Atlantia, apparentemente messi all’indice, non sono rimasti in balia dei flutti: il più scettico sulla revoca si era mostrato Matteo Renzi, che caldeggiò la strada del maxi indennizzo. E anche Alessandro Rivera, direttore generale del Tesoro, ha uno storico rapporto di dialogo con i Benetton.Una volta passata la tempesta e cambiato il clima politico, deve aver fatto piacere constatare alla dinastia veneta che le cose, a Porta Pia, non sono cambiate di molto dall’età aurea, se è vero che alla corte del ministro Enrico Giovannini, come capo di gabinetto, c’è ancora Alberto Stancanelli (già in carica con la piddina Paola De Micheli) e come capo dipartimento dei Trasporti da un anno c’è Mauro Bonaretti, ex capo di gabinetto di Graziano Delrio, noto agli addetti ai lavori per avere praticamente mai assunto decisioni sgradite ai concessionari di autostrade, tra cui quella della proroga della Brescia-Padova. Altro filone che seppure originato dall’operazione Abertis è finito con il favorire il business di Ponzano Veneto.i passi futuriIn pratica il crollo del ponte è ormai un ricordo sbiadito. E gli azionisti di Atlantia possono concentrarsi sul futuro. D’altronde intrecciando le partite con la piccola ma aggressiva fondazione Crt costituiscono uno schieramento che una volta messo alla prova contro la lista di Philippe Donnet potrebbe essere replicato. Appurato che ieri la compagine del Leone, guidata dall’attuale management, ha superato la prova, in molti non escludono passi successivi mirati a Piazzetta Cuccia. O meglio sarebbe dire, contro Piazzetta Cuccia. Non è per nulla un segreto che a partire da maggio la poltrona di Alberto Nagel sarà di nuovo sotto un fuoco incrociato. Non è detto però che in questa battaglia i Benetton trovino le sponde politiche di cui hanno goduto in passato. I partiti di sinistra a oggi non si sono minimamente espressi sulla battaglia finanziaria in corso. Prossimamente potrebbero però riservare sorprese. Il Pd resta un azionista di maggioranza del governo. In uno schema nel quale fa valere i propri voti in base al peso specifico e non ai seggi.
Vladimir Putin e Donald Trump (Ansa)