2023-09-10
Dietro gli attriti governo-Gentiloni c’è il futuro della leadership del Pd
Elly Schlein è sempre più in difficoltà: se alle europee scenderà sotto il 20, dovrà lasciare e l’ex premier appare il candidato ideale per sostituirla. Ecco perché Giorgia Meloni, Matteo Salvini e Antonio Tajani alzano il tiro contro di lui.Paolo Gentiloni non è mai stato un leader politico. Prima che, per fare un dispetto a Lapo Pistelli, Matteo Renzi lo scegliesse quale sostituto di Federica Mogherini, nessuno al di fuori della cerchia romana sapeva chi fosse. Una volta divenuto ministro degli Esteri, la sua carriera pareva destinata a proseguire nell’anonimato, ma un bel giorno di inizio dicembre di sette anni fa, siccome gli italiani avevano deciso di rispedire a casa il bullo toscano bocciando il referendum costituzionale che egli aveva voluto, la vita dell’illustre sconosciuto svoltò. Così, paradossalmente, la caduta di Renzi è coincisa con l’ascesa di Gentiloni. Perché l’allora Rottamatore l’abbia scelto si sa: pensava che fosse sufficientemente trasparente da non fargli ombra. Fu lui, da presidente del Consiglio uscente e segretario del Pd ancora in carica, a indicarlo a Sergio Mattarella come possibile premier. Renzi si aspettava che Gentiloni gli tenesse in caldo la sedia giusto il tempo di indire nuove elezioni, ma quello invece gliela soffiò. A differenza di quanto credeva il bullo, il capo dello Stato si guardò bene dopo il dicembre del 2016 dallo sciogliere le Camere e fissare la data del voto. Al contrario, con Gentiloni prese tempo. Dovevano essere pochi mesi e invece si trasformarono in anni, durante i quali la leadership del fiorentino si sciolse come neve al sole. Il discendente di un’antica casata nobiliare marchigiana, imparentata con il cameriere di cappa e spada di Pio XI, in tal modo finì per diventare una di quelle figure chiave del Pd che non contano niente, ma che alla fine accontentano tutti, e dunque stanno sempre a galla e occupano, ogni volta se ne presenti l’occasione, un posto di rilievo. L’unico che non gli ha perdonato lo scherzo realizzato in combutta con il Quirinale è proprio Renzi, il quale per anni non gli ha parlato e quando ha aperto bocca lo ha fatto solo per attaccarlo. Ma nel frattempo, l’ex Rottamatore è uscito rottamato dalle elezioni e dunque dal fondatore di Italia viva Gentiloni non ha nulla da temere e da un Partito democratico balcanizzato com’è con la segreteria Schlein ha anzi tutto da guadagnare.Di regola, un presidente che viene battuto alle elezioni va a casa, ma questo vale fuori dall’Italia, non certo qui. Infatti, nel 2018 Gentiloni fu battuto e anche malamente, perché il suo mentore Renzi racimolò a malapena il 18 per cento, ma invece di tornarsene da dov’era venuto, eccolo a fine 2019 diventare commissario Ue, addirittura con delega agli Affari economici. Una poltrona importante, sulla quale Gentiloni si accomodò pur non avendo mai avuto alcuna esperienza in materia, ma questo, come spesso capita, è un dettaglio. A sostenerne la candidatura, insieme al Pd, furono i 5 stelle, i quali per quei curiosi ribaltoni che solo in politica possono avvenire, pur avendolo mandato a casa appena un anno e mezzo prima, poi acconsentirono a spedirlo in Europa in uno dei posti chiave, forse sognando una gratitudine quando i nodi dell’economia italiana fossero arrivati al pettine. Purtroppo, abbiamo una lunga tradizione di commissari Ue che, una volta sbarcati a Bruxelles, non solo si dimenticano di chi li ha sostenuti, ma addirittura, per non mostrare di essere condizionati, fanno esattamente il contrario di quello che servirebbe al nostro Paese. L’unico che si sia distinto è Antonio Tajani, ma gli altri, pur essendo italiani, all’Italia non hanno mai fatto sconti, al contrario di quello che fanno gli altri commissari. Tutto ciò spiega le accuse che di questi tempi gli sono piovute addosso da parte di Giorgia Meloni, Antonio Tajani e Matteo Salvini, i quali forse non si aspettavano che Gentiloni li favorisse, ma che almeno non si mettesse di traverso. Invece, nel difficile negoziato su materie quali debito e Pnrr, il commissario Ue non sta dando certamente una mano, ma anzi interpreta con rigore la linea dei falchi di Bruxelles.Qualcuno sostiene che la questione sia solo propaganda politica da parte ovviamente della maggioranza di centrodestra, che in vista delle elezioni europee, ma anche a causa delle oggettive difficoltà di bilancio registrate nell’ultimo anno, si prepara a una campagna per il voto del 2024. Certo, i leader dell’alleanza di governo guardano alla scadenza della prossima primavera, anche nella speranza che in Europa cambino gli equilibri e dunque le politiche economiche. Tuttavia, chi ha motivo di pensare più al voto che alla situazione è proprio Gentiloni, il quale con la fine dell’attuale Commissione europea sarà costretto a tornarsene a casa e trovarsi un nuovo lavoro. E quale miglior posto se non quello di futuro segretario del Pd? Tutti danno per spacciata Elly Schlein, soprattutto se alle europee scenderà sotto il 20 per cento. Nicola Zingaretti si è addirittura lasciato sfuggire l’ipotesi di un 17 per cento, ma se anche fosse il 18 ci sarebbe da ricordare che di fronte a quel risultato Renzi gettò la spugna. Dunque, se come tutti pensano, Elly ha i mesi contati, dopo aver bruciato tutti i candidati possibili, sfogliando la margherita non resterebbe che Gentiloni, ovvero il signor nessuno, un perfetto uomo in grigio per un partito che di rosso non ha da tempo più nulla, se non il risultato delle elezioni. Anni fa, quando venne incaricato da Mattarella di formare il governo dopo le dimissioni di Renzi, Luigi Di Maio, all’epoca ancora all’opposizione, lo salutò con una battuta che Churchill riservò a Clement Attlee, suo predecessore a Downing Street: «Un’auto blu vuota è arrivata al Quirinale e ne è sceso Gentiloni». Ora l’auto vuota si dirige verso Largo del Nazareno.
Nel riquadro, Giancarlo Tulliani in una foto d'archivio
A Fontanellato il gruppo Casalasco inaugura l’Innovation Center, polo dedicato a ricerca e sostenibilità nella filiera del pomodoro. Presenti il ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso, l’amministratore delegato di FSI Maurizio Tamagnini e il presidente della Tech Europe Foundation Ferruccio Resta. L’hub sarà alimentato da un futuro parco agri-voltaico sviluppato con l’Università Cattolica.
Casalasco, gruppo leader nella filiera integrata del pomodoro, ha inaugurato oggi a Fontanellato il nuovo Innovation Center, un polo dedicato alla ricerca e allo sviluppo nel settore agroalimentare. L’obiettivo dichiarato è rafforzare la competitività del Made in Italy e promuovere un modello di crescita basato su innovazione, sostenibilità e radicamento nel territorio.
All'evento hanno partecipato il ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso, l’amministratore delegato di FSI Maurizio Tamagnini, il presidente della Tech Europe Foundation Ferruccio Resta e il management del gruppo. Una presenza istituzionale che sottolinea il valore strategico del progetto.
Urso ha definito il nuovo centro «un passaggio fondamentale» e un esempio di collaborazione tra imprese, ricerca e istituzioni. Per Marco Sartori, presidente di Casalasco Spa e del Consorzio Casalasco del Pomodoro, l’hub «non è un punto d’arrivo ma un nuovo inizio», pensato per ospitare idee, sperimentazioni e collaborazioni capaci di rafforzare la filiera.
L’amministratore delegato Costantino Vaia parla di «motore strategico» per il gruppo: uno spazio dove tradizione e ricerca interagiscono per sviluppare nuovi prodotti, migliorare i processi e ridurre l’impatto ambientale. Tamagnini, alla guida di FSI – investitore del gruppo – ricorda che il progetto si inserisce in un percorso di raddoppio dimensionale e punta su prodotti italiani «di qualità valorizzabili all’estero» e su una filiera sostenibile del pomodoro e del basilico.
Progettato dallo studio Gazza Massera Architetti, il nuovo edificio richiama le cascine padane e combina materiali tradizionali e tecnologie moderne. I mille metri quadrati interni ospitano un laboratorio con cucina sperimentale, sala degustazione, auditorium e spazi di lavoro concepiti per favorire collaborazione e benessere. L’architetto Daniela Gazza lo definisce «un’architettura generativa» in linea con i criteri di riuso e Near Zero Energy Building.
Tra gli elementi distintivi anche l’Archivio Sensoriale, uno spazio immersivo dedicato alla storia e ai valori dell’azienda, curato da Studio Vesperini Della Noce Designers e da Moma Comunicazione. L’arte entra nel progetto con il grande murale di Marianna Tomaselli, che racconta visivamente l’identità del gruppo ed è accompagnato da un’esperienza multimediale.
All’esterno, il centro è inserito in un parco ispirato all’hortus conclusus, con orti di piante autoctone, una serra e aree pensate per la socialità e il benessere, a simboleggiare la strategia di sostenibilità del gruppo.
Casalasco guarda già ai prossimi sviluppi: accanto all’edificio sorgerà un parco agri-voltaico realizzato con l’Università Cattolica di Piacenza, che unirà coltivazioni e produzione di energia rinnovabile. L’impianto alimenterà lo stesso Innovation Center, chiudendo un ciclo virtuoso tra agricoltura e innovazione tecnologica.
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Da sinistra in alto: Piero Amara, Catiuscia Marini, Sergio Sottani e Luca Palamara (Ansa)
Ansa
A Chisinau gli azzurri faticano a sfondare il muro moldavo e sbloccano solo negli ultimi minuti con Mancini e Pio Esposito. Arriva la quinta vittoria consecutiva della gestione Gattuso, ma per la qualificazione diretta al Mondiale si dovrà passare dai playoff di marzo.