2018-12-10
Attenti alla nuova colonizzazione: è quella ispanica
Dall'Uomo Ragno portoricano ai tormentoni sudamericani Il nostro Paese di fronte a una nuova sottomissione culturale. Se dal cinema passiamo alla musica, il fenomeno è ancora più evidente. Ormai non c'è estate senza una pletora di tormentoni centro o sudamericani: Enrique Iglesias, Pitbull, Luis Fonsi, Daddy Yanke, Alvaro Soler e via ancheggiando sbucano puntuali appena si affaccia la bella stagione.Il 12 dicembre arriva nelle sale cinematografiche italiane Spiderman: un nuovo universo. Si tratta del nuovo film dedicato all'Uomo Ragno, che presenta due particolarità. La prima è che si tratta di una pellicola d'animazione. La seconda è che il protagonista non è più Peter Parker. A indossare i panni del super eroe è un ragazzino di nome Miles Morales. Senza svelare troppi particolari, possiamo dire che il film è ambientato in un universo alternativo in cui le origini dei personaggi più celebri della Marvel Comics (la casa editrice resa grande dal recentemente scomparso Stan Lee) vengono riscritte e adattate all'attualità. Dunque il secchione bianco e un po' sfigato Parker viene sostituito da Morales, che è nero e - per via di una singolare coincidenza - anche ispanico. Sua madre è Rio Morales, originaria di Portorico. Suo padre è l'afroamericano Jefferson Davis. Il personaggio è comparso per la prima volta nel 2011, e il motivo per cui è stato creato è abbastanza facile da intuire. Miles Morales rappresenta ben due minoranze etniche. Ma, in particolare, le sue avventure sono rivolte al pubblico latino. Ed eccoci al punto. Da qualche anno a questa parte stiamo assistendo alla proliferazione delle opere rivolte al pubblico ispanofono. Negli anni abbiamo subito varie colonizzazioni culturali, la più impressionante delle quali è stata senz'altro quella del mainstream statunitense. Bene, ora il vento sta un pochettino cambiando e siamo letteralmente sommersi dall'ondata latina. Il Sudamerica regna sovrano nelle serie televisive. Sull'onda del successo di Narcos, ispirata alla vita criminale di Pablo Escobar, sono arrivati prodotti come El Chapo, Narcos Messico, Regina del Sud. Ovviamente, alla biografia di Escobar ha attinto a piene mani pure il cinema, oltre ovviamente all'editoria: film, libri, saggi, inchieste, romanzi... Ma non c'è soltanto l'aspetto criminale della faccenda. Se la parte Sud del continente americano fa parlare di sé per trafficanti di droga e assassini, dalla Spagna arrivano opere di ogni tipo. La serie di Netflix La casa di carta si è rivelata un successo mondiale, e in attesa della nuova stagione la piattaforma online ha proposto Élite, un prodotto per «giovani adulti» con sfumature thriller. Benché l'attrice Eva Longoria si sia pubblicamente lamentata, qualche tempo fa, per la scarsa presenza di latinos nelle produzioni hollywoodiane, la verità è che sul grande e sul piccolo schermo i personaggi di origine latinoamericana spuntano come funghi. Tra i più celebri c'è la focosa colombiana Gloria interpretata da Sofia Vergara nella serie Modern Family. Dal 2012 al 2015, invece, ha spopolato anche in Italia la serie per bambini Violetta, ambientata a Buenos Aires. Persino la Disney ha celebrato a modo suo l'universo ispanofono con il film d'animazione Coco, del 2017. Se dal cinema passiamo alla musica, il fenomeno è ancora più evidente. Ormai non c'è estate senza una pletora di tormentoni centro o sudamericani: Enrique Iglesias, Pitbull, Luis Fonsi, Daddy Yankee, Alvaro Soler e via ancheggiando sbucano puntuali appena si affaccia la bella stagione. Tanto che gli artisti di casa nostra si sono dovuti adattare: dai rapper ai cantanti pop quasi tutti hanno abbondantemente saccheggiato i ritmi caraibici, il reggaeton, la bachata e l'immaginario latino. Un tempo erano i cantanti italiani a realizzare album in spagnolo per conquistare anche il mercato sudamericano. Ora, senza nemmeno bisogno di traduzione, sono sempre di più le celebrità ispanofone a dominare - anche qui - le classifiche di vendita. Questa colonizzazione linguistica e culturale è leggermente differente da quella anglofona. Il mainstream americano e la lingua inglese, infatti, sono state imposte dall'alto. L'invasione spagnola, invece, arriva dal basso. Le persone che parlano spagnolo sono sempre di più, e - nonostante siano tendenzialmente meno ricche rispetto agli anglofoni - hanno creato un mercato con cui i colossi dell'intrattenimento, volenti o nolenti, hanno dovuto fare i conti. Stando alla classifica elaborata da Ethnologue, lo spagnolo è la seconda lingua più parlata del mondo dopo il cinese. Praticamente tutti gli europei, a scuola, studiano l'inglese, lo spagnolo non è una delle lingue utilizzate dall'Unione europea per i documenti ufficiali (a Bruxelles preferiscono tedesco, inglese e francese), ma gli ispanofoni nel mondo sono oltre 500 milioni e il loro numero sta crescendo anche nel Vecchio Continente. In Italia, per dire, gli immigrati provenienti dal Sudamerica, all'inizio del 2018, erano circa 350.000, e la stragrande maggioranza di costoro parla, appunto, spagnolo. «Una lingua si aggira per l'Europa», scrivono scherzosamente Andrea De Benedetti e Carlo Pestelli nel libro La lingua feliz, appena pubblicato da Utet. Non è un caso che un volume del genere esca proprio adesso: con lo spagnolo veniamo a contatto ormai quotidianamente. Più in generale, veniamo a contatto con la «cultura latina», che ha poco a che fare con Madrid e Barcellona. A livello mediatico, nei prodotti di intrattenimento, i «latinos» appaiono come una sorta di miscuglio di nazionalità e culture diverse. Ci vengono presentati anche con un bel carico di stereotipi. In realtà, dei vari Paesi da cui queste persone provengono conosciamo pochissimo. Il mercato ispanofono richiede prodotti rivolti agli ispanici. Da un lato ci vengono presentati come la «minoranza emergente» bisognosa di diritti e di riconoscimento sociale. Dall'altro, però, ottenere questo riconoscimento significa finire nel calderone del mainstream in cui un portoricano, un colombiano e un messicano sono sostanzialmente uguali: gente dalla pelle olivastra con i baffi, un po' di pancia e una gran voglia di festeggiare il Cinco de mayo (una festività solo messicana). Talvolta sentiamo parlare delle terribili gang armate di machete che imperversano anche nelle nostre città, ma più raramente.È una colonizzazione dal basso, ma pur sempre una colonizzazione. Si impone a tutti i livelli, viaggia veloce grazie all'immigrazione. E gli italiani, intanto, faticano persino a ricordarsi i congiuntivi.
Jose Mourinho (Getty Images)