2019-10-25
Arezzo, salta il pm di Banca Etruria
Il Csm ha approvato la proposta (relatore Piercamillo Davigo) contraria alla riconferma di Roberto Rossi. Il giudice rimase consulente del governo Renzi mentre indagava sull'istituto.Alla fine ha prevalso la posizione di Piercamillo Davigo: Roberto Rossi non è stato confermato nel suo ruolo alla guida della Procura di Arezzo. Al Plenum del Csm passa con 16 voti contro quattro (un astenuto) la proposta di maggioranza della commissione per gli incarichi direttivi. Secondo la delibera (relatore Davigo), Rossi avrebbe compromesso «il requisito dell'indipendenza da impropri condizionamenti», almeno «sotto il profilo dell'immagine». Nonostante ciò c'è stato un tentativo di difendere a tutti i costi il magistrato che ha indagato su Banca Etruria.La toga lunedì aveva inviato al Palazzo dei Marescialli una memoria in cui sosteneva che si trattasse di un «clamoroso e sconcertante travisamento dei fatti».E dalla sua corrente si sono alzate delle barricate. Le arringhe difensive hanno cercato di dimostrare che l'imparzialità non era compromessa. A favore della permanenza del magistrato nelle funzioni di capo della procura c'era una relazione sostenuta dal solo togato di Unicost (la stessa corrente di Rossi) Marco Mancinetti. Ma tra i consiglieri in molti hanno pensato che per affidare un incarico direttivo di quella importanza non devono esserci dubbi. Negli interventi si è fatto leva sul prevalere dell'interesse generale. E quella linea di pensiero è prevalsa. L'ostacolo, dimostratosi insormontabile, era legato all'aver portato avanti l'incarico di consulenza con la Presidenza del consiglio dei ministri, che gli era stato conferito con il governo Letta e confermato dal Bullo, anche dopo l'apertura dell'indagine su Banca Etruria, in cui era coinvolto il consiglio d'amministrazione di cui faceva parte Pierluigi Boschi, padre di Maria Elena, in quel momento ministro.Nella proposta di maggioranza passata al Plenum veniva sottolineato che l'incarico aveva «compromesso il requisito dell'indipendenza da impropri condizionamenti, quantomeno sotto il profilo dell'immagine». Era stato avviato anche un procedimento disciplinare, concluso con l'archiviazione, tanto che nell'estate del 2016 il Csm decise di non avviare la procedura di trasferimento per incompatibilità. Questo però non ha salvato Rossi al momento della riconferma nelle funzioni direttive. Lo stesso guardasigilli Alfonso Bonafede non aveva dato il suo ok per la riconferma della toga.In Quinta commissione, invece, oggi si sono chiuse le audizioni degli aspiranti alla carica di procuratore di Roma, poltronissima lasciata cinque mesi fa da Giuseppe Pignatone e che ha innescato la guerra tra bande ricostruita in estate dalla Procura di Perugia. Il primo a essere ascoltato è Giuseppe Creazzo, il procuratore di Firenze considerato dalla famiglia Renzi una bestia nera per le indagini che hanno coinvolto i parenti del fu Rottamatore e personaggi di vertice del Giglio magico. A specifica domanda sulle intercettazioni di Perugia ha risposto in modo lapidario: «Mi ritengo parte offesa». Poi è toccato a Francesco Prete, procuratore a Velletri, e a Cuno Tarfusser, giudice all'Aja. Lunedì la commissione aveva sentito Francesco Lo Voi, procuratore di Palermo, Marcello Viola, procuratore generale a Firenze, Leonida Primicerio, pg di Salerno, Salvatore Vitello, procuratore a Siena, e Michele Prestipino, procuratore facente funzioni a Roma, considerato finora in pole. L'organizzazione dei lavori prevede però che prima della nomina del procuratore di Roma si affronti il fascicolo per la procura generale della Cassazione: sono infatti in calendario le audizioni dei candidati all'incarico lasciato vacante da Riccardo Fuzio, che si è dimesso a luglio scorso per i noti fatti di Perugia.