2020-12-08
Arcuri si improvvisa virologo, Miozzo fa il pm e Galli il mago. La tv dà alla testa
Domenico Arcuri (Ansa - iStock)
Il supercommissario discetta di vaccini, il capo del Cts minaccia denunce e il dottore dà i numeri. Nessuno fa più il suo mestiere.Un'accozzaglia di strumenti a fiato che fanno rumore. «Chi ha avuto il Covid sarà vaccinato dopo» (Domenico Arcuri, manager). «Serve la denuncia penale contro chi aggira i divieti» (Agostino Miozzo, medico). Karlheinz Stockhausen tirato alla massima potenza di decibel non arriverebbe a decostruire la musica con l'efficacia con cui Arcuri e i suoi discepoli violentano nello stesso istante intelligenza, logica e comunicazione. Messaggi che sembrano bombe a mano, annunci che somigliano a raffiche di mitra; nessun riguardo per la competenza, per il ruolo, per il destinatario che sarebbe il cittadino italiano già provato da mesi di pandemia e di incompetenza governativa.Dichiarazioni a caso, pura artiglieria pesante sull'onda del minacciato «trattamento sanitario obbligatorio» di Conte a reti unificate. Fra domenica e ieri l'offensiva è stata micidiale. «Sarà più urgente vaccinare chi non ha avuto il Covid perché non ne è immune. Quelli che l'hanno avuto, non saranno i primi e neppure i secondi», parola del commissario straordinario che davanti a Lucia Annunziata si trasforma in virologo, in luminare dell'Istituto superiore di Sanità e spiega in modo particolareggiato chi dovrà essere immunizzato prima, chi dopo. Aggiungendo qualcosa che suona come un azzardo, visti i precedenti da Ciccio Pasticcio: «Possiamo vaccinare fino a 101 milioni di persone, visto che ogni cittadino dovrà farlo due volte in poche settimane. Entro settembre 60 milioni di italiani saranno a posto». Parla come Erwin Rommel ma tutti sappiamo cos'ha combinato con le mascherine, i camici e i respiratori (arrivati con un mese di ritardo quando, per esempio, la Lombardia si era procurata tutto da sola); tutti ricordiamo come ha coordinato il varo dell'app Immuni, un flop planetario; tutti siamo in imbarazzo quando accenna ai banchi a rotelle, promessi per settembre e approdati con Babbo Natale a scuole chiuse. Faccia il suo mestiere, che è quello di reperire e distribuire materiale. Si occupi di ponti aerei, bancali, celle frigorifere, contratti, magari senza finire ogni volta dentro lo stagno dello scandalo. Invece pontifica d'altro ed è perfino metodico nell'enunciare una road map precisa al minuto da qui all'ultima iniezione (dalla partenza del bando per reperire siringhe e aghi fino allo smantellamento dell'hub di Pratica di Mare), andando a infilarsi in un calendario che gli verrà messo davanti al naso a ogni prevedibile complicazione. In un solo pomeriggio diventa lo Zelig del ministro dell'Interno, Luciana Lamorgese, e di quello della Salute, Roberto Speranza: «I migranti hanno diritti uguali a quelli degli italiani. Sarebbe molto importante che tutte le persone che attraversano le nostre strade, e che non lo facciano da clandestini, possano essere sottoposte alla vaccinazione». Poi indossa la giacca con pochette del premier ombra: «Sarà un Natale di responsabilità, sacrificio e speranza perché un po' di luce alla fine del tunnel si comincia a vedere». Parla di argomenti non suoi, invita i medici «ad aiutarci nelle vaccinazioni. Ventimila italiani fra medici e infermieri, dovranno mettersi a disposizione». È immarcabile, lo aveva dimostrato qualche giorno fa quando aveva indossato anche la toga del giudice della Consulta azzardando: «Ci vorrà il patentino di immunità». Allora evocò l'obbligatorietà del vaccino, poi smentita, dimenticandosi che non spetta a lui e neppure al governo prendere una decisione così delicata e divisiva, ma al Parlamento. Materia costituzionale, meglio stare alla larga.E invece no, siamo in pieno fraintendimento dell'atonalità. Nessuno che suoni lo strumento consegnatogli per decreto o per certificazione professionale. Basta che vedano un microfono acceso e stimati virologi, manager di lungo corso, membri del Cts diventano opinion leader. Presto un Corrado Formigli, una Myrta Merlino, un Giovanni Floris chiederanno un parere su un'enciclica papale o sull'accantonamento di Christian Eriksen all'Inter. E gli sciagurati risponderanno a tutta tromba. In tournèe con i Kraftwerk c'è anche Agostino Miozzo, coordinatore del Cts, destinato a fare la sua parte di rumore con un concetto leggiadro, non propriamente scientifico: «Se si presenta un furbetto con un'autocertificazione falsa non puoi limitarti a dargli 300 euro di multa. Devi portarlo di fronte a un giudice penale». Lui è un giurista? Un ministro di polizia? Parla perché è in possesso di dati inequivocabili che inchiodano gli italiani o perché ha visto due film con Alberto Sordi da bambino? Il fatto che sia un medico e che da lui passino decisioni delicate sul destino del Paese, allarma. Eccome se allarma, in questa Chernobyl del buonsenso perduto. Dove se i contagi calano è merito del governo e se crescono è colpa dei cittadini.Certe dichiarazioni sempre più frequenti, sempre più fuori tema, dei cosiddetti scienziati del terzo millennio fanno sanguinare l'orecchio prima del cervello. «I vaccini servono, no non servono», «Io mi fido, io non mi fido», «Il contagio sale, il contagio scende», dovrebbero essere materiale per l'istituto di neuroscienze di San Diego, il più famoso del mondo. Chi a marzo invocava l'evidenza scientifica ormai recita a soggetto, non solo in Italia. Anthony Fauci, il luminare Usa che si sta riposizionando sulle sensibilità di Joe Biden: «Rischiamo un'ondata dopo l'altra». L'importante è spaventare. Ci riesce benissimo Walter Ricciardi, come se non bastasse il coprifuoco: «Siamo nel pieno della seconda ondata, dicembre e gennaio saranno terribili». Però nessuno ha raggiunto finora la vetta di Massimo Galli, noto infettivologo della paura: «L'estate senza restrizioni ci è costata 20.000 morti», ha sparato ad Agorà. Nei bar si fa sempre cifra tonda. Eppure sono chiusi.
Viktor Orbán durante la visita a Roma dove ha incontrato Giorgia Meloni (Ansa)
Francesca Albanese (Ansa)
Emanuele Fiano (Getty Images)