2022-02-26
«Archiviate i pm accusati da Renzi»
La richiesta della Procura di Genova dopo un «esame molto approfondito» sui giudici fiorentini titolari dell’inchiesta sulla fondazione Open, denunciati dall’ex Rottamatore.È durato poco il sogno di Matteo Renzi di portare alla sbarra i magistrati fiorentini che lo accusano di finanziamento illecito. Il 9 febbraio l'ex premier aveva oscurato la notizia della richiesta del suo rinvio a giudizio nel procedimento Open, annunciando la denuncia per abuso d’ufficio nei confronti degli inquirenti (Giuseppe Creazzo, Luca Turco e Antonino Nastasi) che avrebbero violato le guarentigie parlamentari. La comunicazione era stata accolta con un certo godimento in talk televisivi e sulle gazzette più renziane. La querela è stata depositata il 17 febbraio presso la Procura di Genova, competente sui reati delle toghe toscane. Il procuratore facente funzioni Francesco Pinto e l’aggiunto Vittorio Ranieri Miniati hanno studiato le carte con grande attenzione e ieri hanno presentato richiesta di archiviazione, disinnescando una delle ultime bombette mediatiche di Renzi. Cosa lamentava il leader Iv? Che negli atti allegati all’avviso di chiusura indagini fossero state depositate quattro mail inviategli da Marco Carrai nell’estate del 2019 e alcuni messaggi Whatsapp con lo stesso imprenditore, ma anche corrispondenza con la sua banca, compreso l’estratto conto del periodo 2018-2020. Ma a infastidirlo particolarmente era stata la sua chat con l’imprenditore Vincenzo Manes al quale nel giugno del 2018 aveva chiesto se avesse un «amico riccone» che gli potesse dare un passaggio in aereo per una passerella a Washington nel cinquantennale della morte di Bob Kennedy. Un invito di Bill Clinton, «una roba da seghe». Alla fine, per quella comparsata così eccitante, ha fatto pagare alla fondazione Open 134.900 euro, tanto da fare esclamare all’amico Luca Lotti: «Ma ha perso la testa?».Nei mesi scorsi i legali di Renzi si erano limitati a chiedere alla Procura di Firenze di «espellere dal fascicolo ogni qualsiasi corrispondenza acquisita senza il rispetto dell’articolo 68 della Costituzione», lo stesso che tutela le garanzie dei parlamentari. Il 22 febbraio, non essendo stata chiesta l’autorizzazione preventiva del Senato per l’utilizzo della corrispondenza contestata, Palazzo Madama ha sollevato il conflitto di attribuzioni davanti alla Corte costituzionale.I magistrati genovesi, però, non hanno riscontrato reati nelle decisioni dei colleghi fiorentini. A giudizio di Pinto e Miniati il tema da valutare non è l’eventuale «illiceità delle acquisizioni probatorie che evidentemente non sussiste», essendo avvenute presso terze persone, quanto «l’utilizzabilità degli elementi probatori acquisiti nei confronti del parlamentare», essendo invece «pacifica» la loro «utilizzabilità nei confronti degli altri indagati». Una questione che i pm, con un brutto termine, definiscono «endoprocessuale» e che «appartiene all’esclusiva competenza del giudice penale di Firenze» che si occuperà del giudizio in aula. Quindi la mancata richiesta di autorizzazione al Senato per l’utilizzazione dei documenti non configura reati? «L’utilizzazione è nel processo, finché non inizia non c’è nessuno uso» tagliano corto gli inquirenti. «Per ora c’è stato solo un deposito, ma, d’altronde, le carte del fascicolo non si possono mica fare sparire, anche perché sono utilizzabili nei confronti degli altri indagati». Dunque, a detta delle toghe, nessun abuso d’ufficio. La documentazione bancaria è stata acquisita dalla Guardia di finanza non presso il parlamentare, bensì nella banca dati del Sistema informativo valutario. Gli estratti conto, quindi, non «rientravano nella nozione di corrispondenza» e potevano essere «oggetto di sequestro», come puntualizzato dalla Cassazione. Le comunicazioni sono state, invece, prelevate «in maniera indiretta e cioè tramite acquisizione da altre persone». Inoltre non ci sono «evenienze» che facciano immaginare acquisizioni cosiddette “mirate”», ovvero fatte per accerchiare il parlamentare. Non sono stati perquisiti parenti di Renzi, ma indagati o finanziatori (come Manes) della fondazione, «rispetto alla quale lo stesso querelante ha sempre precisato di non rivestire cariche formali». Renzi, che ha chiesto di essere aggiornato sulla prossima decisione del gip per poter fare opposizione, ha commentato così: «Mi congratulo con la procura di Genova, che in poco più di una settimana ha trovato il tempo di leggere le novanta pagine della denuncia e ha dato una risposta tempestiva come sempre dovrebbe essere fatto davanti alle istanze dei cittadini. Anche a me è capitato di essere iscritto nel registro degli indagati - proprio a Firenze - e poi archiviato, ma dopo ben 17 mesi. Se Genova impiega solo dieci giorni significa che ha una straordinaria efficienza della quale non posso che rallegrarmi formulando molti complimenti. Sono certo che sia sempre così per tutti e non solo quando gli indagati sono colleghi magistrati».
(Guardia di Finanza)
In particolare, i Baschi verdi del Gruppo Pronto Impiego, hanno analizzato i flussi delle importazioni attraverso gli spedizionieri presenti in città, al fine di individuare i principali importatori di prodotti da fumo e la successiva distribuzione ai canali di vendita, che, dal 2020, è prerogativa esclusiva dei tabaccai per i quali è previsto il versamento all’erario di un’imposta di consumo.
Dall’esame delle importazioni della merce nel capoluogo siciliano, i finanzieri hanno scoperto come, oltre ai canali ufficiali che vedevano quali clienti le rivendite di tabacchi regolarmente autorizzate da licenza rilasciata dall’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, ci fosse un vero e proprio mercato parallelo gestito da società riconducibili a soggetti extracomunitari.
Infatti, è emerso come un unico grande importatore di tali prodotti, con sede a Partinico, rifornisse numerosi negozi di oggettistica e articoli per la casa privi di licenza di vendita. I finanzieri, quindi, seguendo le consegne effettuate dall’importatore, hanno scoperto ben 11 esercizi commerciali che vendevano abitualmente sigarette elettroniche, cartine e filtri senza alcuna licenza e in totale evasione di imposta sui consumi.
Durante l’accesso presso la sede e i magazzini sia dell’importatore che di tutti i negozi individuati in pieno centro a Palermo, i militari hanno individuato la presenza di poche scatole esposte per la vendita, in alcuni casi anche occultate sotto i banconi, mentre il grosso dei prodotti veniva conservato, opportunamente nascosto, in magazzini secondari nelle vicinanze dei negozi.
Pertanto, oltre al sequestro della merce, i titolari dei 12 esercizi commerciali sono stati denunciati all’Autorità Giudiziaria e le attività sono state segnalate all’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, per le sanzioni accessorie previste, tra le quali la chiusura dell’esercizio commerciale.
La vendita attraverso canali non controllati e non autorizzati da regolare licenza espone peraltro a possibili pericoli per la salute gli utilizzatori finali, quasi esclusivamente minorenni, che comprano i prodotti a prezzi più bassi ma senza avere alcuna garanzia sulla qualità degli stessi.
L’operazione segna un importante colpo a questa nuova forma di contrabbando che, al passo con i tempi, pare abbia sostituito le vecchie “bionde” con i nuovi prodotti da fumo.
Le ipotesi investigative delineate sono state formulate nel rispetto del principio della presunzione d’innocenza delle persone sottoposte a indagini e la responsabilità degli indagati dovrà essere definitivamente accertata nel corso del procedimento e solo ove intervenga sentenza irrevocabile di condanna.
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