2023-03-12
L’intesa Riad-Iran è lo schiaffo cinese a Biden
Ripristinate le relazioni diplomatiche tra Arabia e Teheran, accordo mediato da Pechino. Xi Jinping aumenta così la propria influenza sul Medio Oriente, dove la Casa Bianca non tocca palla. Rilanciare il patto sul nucleare ha spinto i sauditi verso il Dragone e i russi.Che la politica mediorientale di Joe Biden fosse un disastro, non è mai stato un mistero. E i nodi stanno adesso venendo al pettine. L’altro ieri, l’Arabia Saudita e l’Iran hanno stabilito di ripristinare le relazioni diplomatiche. L’accordo, che è stato mediato dalla Cina, prevede che i due Paesi riaprano le rispettive ambasciate nel giro di due mesi. Riad e Teheran hanno anche deciso di ripristinare un vecchio patto di sicurezza, oltre a un’intesa, risalente al 1998, nei settori del commercio e della tecnologia. I due Paesi avevano interrotto le relazioni diplomatiche nel 2016, dopo che, a seguito dell’esecuzione di un religioso sciita in Arabia Saudita, manifestanti iraniani avevano preso d’assalto l’ambasciata saudita a Teheran. La Casa Bianca, dal canto suo, sta cercando di non farsi dipingere come marginalizzata. «I sauditi ci tenevano informati su questi colloqui che stavano avendo, così come noi li teniamo informati sui nostri impegni, ma non eravamo direttamente coinvolti», ha detto il portavoce del consiglio per la sicurezza nazionale Usa, John Kirby, mostrandosi cautamente favorevole all’intesa tra sauditi e iraniani. Tuttavia quanto accaduto è un autentico schiaffo a Biden. In primis, questa intesa diplomatica è stata negoziata con l’aiuto della Cina. Pechino aumenta in tal modo la propria influenza sul Medio Oriente, consolidando la propria immagine di mediatrice agli occhi dei Paesi in via di sviluppo. Un’immagine strumentale e finalizzata a massimizzare il proprio tornaconto geopolitico, certo. Ma qui il punto è un altro. Piaccia o meno, il Dragone ha messo a segno un risultato rilevante. E il proprio prestigio in Medio Oriente, Africa e America Latina adesso aumenterà. Del resto, Pechino aveva siglato a marzo 2021 un accordo di cooperazione venticinquennale con Teheran, mentre l’anno scorso il Wall Street Journal aveva riferito che Riad fosse in trattative con la Repubblica popolare, per fornirle petrolio dietro pagamento in yuan anziché in dollari. Insomma, il Dragone sta diventando un attore diplomatico di primo piano in Medio Oriente, approfittando di una Casa Bianca che non riesce di fatto quasi più a toccare palla in loco. E qui veniamo al punto nodale. La politica mediorientale dell’attuale presidente americano si è rivelata un totale fallimento. Ha tenuto una linea durissima nei confronti di Riad, aprendo contemporaneamente all’Iran per rilanciare il Jcpoa: il controverso accordo sul nucleare del 2015. Una politica che ha spinto i sauditi tra le braccia di cinesi e russi (non a caso, l’anno scorso, Riad giocò di sponda con Mosca contro Washington in sede Opec). Non solo: con questa linea soft, Biden non ha ottenuto alcuna contropartita dal regime degli ayatollah. Regime che, anzi, ha rafforzato i propri legami con Mosca e Pechino e che sta rifornendo la Russia di droni contro Kiev (oltre ad aver concluso ieri un’intesa per acquistare caccia dal Cremlino). Eppure Biden stranamente non ha ancora del tutto chiuso la porta al rilancio del Jcpoa: un accordo che, se ripristinato, favorirebbe economicamente Teheran, dando al Cremlino la possibilità di aggirare le sanzioni occidentali. Quanto si sta verificando oggi è l’esatto opposto degli obiettivi che erano stati raggiunti dall’amministrazione Trump, ritirandosi dal Jcpoa nel 2018 e mediando la negoziazione degli accordi di Abramo nel 2020. L’allora presidente repubblicano aveva creato un asse con Israele e Arabia Saudita, mettendo sotto pressione l’Iran per costringerlo a rinegoziare il Jcpoa da una posizione di netta debolezza. Un vantaggio che, per colpa di Biden, Washington ha adesso forse irrimediabilmente perduto. Tra l’altro, l’intesa tra Riad e Teheran è arrivata proprio mentre sembrava si stesse avvicinando una normalizzazione dei rapporti tra Arabia Saudita e Israele, mediata dagli Usa: una normalizzazione che ora potrebbe farsi più lontana. Non a caso, lo Stato ebraico è irritato per quello che sta succedendo. «C’era una sensazione di debolezza americana e israeliana, quindi l’Arabia Saudita si è rivolta ad altri canali», ha detto, secondo il Times of Israel, un alto funzionario israeliano, in quella che appare come una chiara stoccata a Biden e all’ex premier israeliano di centrosinistra, Yair Lapid. Va comunque sottolineato un punto. È vero che l’attuale premier conservatore israeliano, Benjamin Netanyahu, si è sempre fermamente opposto alla politica pro Jcpoa del presidente americano. Tuttavia, stando al Times of Israel, attriti sul tema con la Casa Bianca erano emersi anche a luglio, ai tempi della premiership di Lapid. Segno dunque che, negli ultimi due anni, i rapporti tra Washington e Gerusalemme sono complessivamente peggiorati, nonostante ieri un portavoce della Casa Bianca abbia detto che «non c’è maggiore sostenitore della sicurezza di Israele del presidente Biden». Parole che suonano tuttavia un po’ vuote. Il timore è che Pechino possa convincere Riad ad accettare il rilancio del Jcpoa: accordo fortemente auspicato da una Russia che è sempre più legata alla Cina. Ora, il Jcpoa non costituisce soltanto un pericolo per la sicurezza di Israele ma anche per il fianco meridionale della Nato: un fianco strategico per cercare di arginare l’influenza sino-russa sul Mediterraneo allargato. La fallimentare politica del presidente Usa ha isolato Gerusalemme e indebolito l’Alleanza atlantica, rafforzando Pechino, Mosca e Teheran. C’è chi ancora si ostina a presentare Biden come il paladino dell’Occidente. Non è così. Da quando c’è lui alla Casa Bianca, l’Occidente non è mai stato così debole.