2021-07-04
«La vera Via della seta è a Firenze e dal 1786 veste il mondo di stile»
L'Antico Setificio Fiorentino dal 1786
Il manager che, con il fratello, guida l'Antico Setificio: «I telai a mano portano avanti la storia. Colorando ville, yacht e giacche da sogno».La vera Via della seta ha un indirizzo preciso dal 1786: via Bartolini 4, nel quartiere popolare di San Frediano, a Firenze, nell'operoso Oltrarno. L'Antico Setificio Fiorentino ha trovato lì, fin d'allora, il luogo ideale per sistemare i suoi telai, uno dei quali si fa addirittura risalire a un progetto di Leonardo da Vinci. «Fu il desiderio di rendersi indipendenti dalla produzione “estera" della seta», scrive la storica dell'arte Cristina Acidini nel libro che racconta la storia del Setificio. Dove per «estera» s'intendeva perfino quella lucchese o napoletana. Le stoffe seriche, d'altronde, trionfavano come status symbol negli arredamenti, negli abiti e nei paramenti sacri. Cosa è cambiato da allora? Forse poco, a cominciare dal rumore dei telai in piena attività che si sente dalla strada. «L'hanno definita l'orchestra che suonava su quei telai manuali», racconta Filippo Ricci, che con il fratello Niccolò è a capo dell'Antico Setificio. «Dal 1850 si è iniziato con alcuni telai meccanici. Il cuore dell'artigianato fiorentino continua a battere a San Frediano e nel vicino Santo Spirito, quartieri storici dove c'erano gli artigiani del legno, gli argentieri, i cesellatori, i ciabattini. Oggi rimangono i restauratori e gli scultori e si respira ancora quella cultura del saper fare». Il Setificio è nato per la volontà di chi?«Del duca Pietro Leopoldo di Lorena che chiese alle famiglie fiorentine nel 1786, l'anno in cui abolisce la pena di morte in Toscana (forse il primo al mondo), di donare i loro telai per poterli mettere in un luogo unico. Ogni famiglia aveva nel proprio palazzo un telaio per le necessità della casa. Tutt'oggi chi ha donato quei telai - Corsini, Bartolozzi, Guicciardini, Strozzi - ha ancora qui il telaio con il suo nome». Da quando il Setificio è entrato a far parte del gruppo Stefano Ricci?«Dal 2010. Per tanto tempo è stato conservato e utilizzato da Emilio Pucci. Ci trovammo per un tè a palazzo dalla marchesa Pucci e tutto si pensava ma non di uscire come proprietari dell'Antico Setificio. Lei non poteva più seguirlo e aveva piacere passasse a noi per conservare un tale patrimonio per le generazioni a venire».La produzione è prettamente destinata all'arredamento?«Nasce per prodotti d'arredo anche se, sia nel passato che oggi, alla Stefano Ricci, utilizziamo certi tessuti per la nostra linea di giacche da sera limited edition. E i designer di tutto il mondo si rivolgono a noi per progetti particolari. È stato molto utilizzato anche dal mondo del cinema. Luchino Visconti ne era amante, Il Gattopardo e Morte a Venezia avevano molti costumi del Setificio fino ad arrivare a Maria Callas, che spesso indossava vestiti per le sue perfomance, fatti apposta per lei da Capucci, che qui ha sviluppato i suoi abiti scultura. Non ultimo Dolce e Gabbana, che per la sfilata di Firenze ha fatto un capo unico con il giglio di Firenze. Il Setificio è un patrimonio di tutti. Qui si può conoscere la preistoria del tessuto, un museo operativo tutti i giorni dove si possono vedere telai del 1600 realizzare pezzi straordinari per i designer di tutto il mondo». Quanto tempo occorre per fare questi tessuti?«Alcuni telai a mano producono 40 centimetri di stoffa al giorno, fino a un massimo di 10 metri su quelli meccanici. Si parla di numeri infinitesimali se raffrontati al mondo dei grandi tessitori. Chi ci richiede tessuti di questo tipo sa di dover aspettare alcuni mesi. Certi tessuti sono perfetti per le antiche case in Toscana e in Inghilterra, nei palazzi reali».È Elisabetta Bardelli Ricci, general manager dell'Antico Setificio a raccontare le novità, e non solo.Quali tessuti vengono prodotti?«Seta, seta e ciniglia, velluto di seta, seta e cotone e ora stiamo facendo degli esperimenti con la seta e il filo metallico all'interno e la seta con il cashmere. Fondamentale è mantenere la tradizione e il saper fare del passato ma proiettandoli nel futuro. Tutti i progetti che abbiamo in essere vanno in questa direzione. L'ermisino, un taffetà rinascimentale in seta leggerissima, il pane del setificio, consente di farne molti metri. Ne abbiamo un campionario di colori immenso, ma soprattutto riusciamo a creare per ogni cliente che lo richiede il suo colore. E non si troverà mai da altre parti lo stesso. Capucci lo usava molto». Chi sono i clienti del Setificio?«Sono sempre le famiglie nobili europee che rivestono le pareti di seta. Per questo abbiamo fatto la carta da parati dipinta a mano, che ripropone il disegno del tessuto. In alcuni casi il cliente è comune con la Stefano Ricci, penso al mercato della Russia e dei Paesi Arabi. Dopo l'acquisizione abbiamo sviluppato la yacht division con importanti cantieri e in collaborazione con la Stefano Ricci Home riusciamo a dare un pacchetto a 360 gradi per la nautica. In più, la parte che riguarda l'hotellerie».E l'abbigliamento?«È il 10 per cento, il restante è arredamento. Andrea Bocelli e il figlio vestono con abiti da cerimonia di Stefano Ricci e le giacche sono confezionate con tessuti dell'Antico Setificio. Morgan Freeman e Nicolas Cage hanno le giacche con le nostre sete. Da lì abbiamo sviluppato un mondo al femminile con delle capsule particolari di borse, sciarpe e scarpe. Per la donna il Setificio si trasforma in una sorta di atelier».
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