2020-06-13
Usano il voto per spostare il rientro a scuola
Lucia Azzolina non smentisce l'ipotesi di riaprire le scuole il 23 settembre: «Nessuna decisione definitiva». L'idea sarebbe quella di aspettare le elezioni regionali. Governatori in rivolta: «Così si riparte a ottobre».«Papà, quando si torna a scuola?». Vaglielo spiegare ai dolenti ragazzini che siamo nelle mani di Lucia Azzolina, pentastellata di complemento diventata ministra dell'Istruzione, e di Giuseppe Conte, premier per caso fattosi personificazione dell'andreottiano «meglio tirare a campare che tirare le cuoia». Intanto però, dopo mesi di imbarazzati silenzi, i genitori avevano almeno potuto balbettare l'agognata risposta ai figli: «A inizio settembre». Questo lasciavano intendere ministra, tecnici e governo. Invece no. Ci hanno ripensato. Bisogna rientrare in aula con calma: magari il 23 settembre. Con l'aria fresca e i bambini nuovamente nevrotici. Ma, soprattutto, con il primo turno delle attese amministrative alle spalle. Quel voto, insomma, che i presidenti ricandidati alle regionali implorano unanimi di celebrare a luglio. Ma il giurista di Volturara Appula non vuole sentir ragioni: meglio procrastinare qualsiasi appuntamento con gli elettori. La crisi incombe. Il vento sta girando. E ci vuole poco a trovarsi fuori dal lastricato uscio di Palazzo Chigi. A scuola il 23 settembre, dunque. Oltre sei mesi dopo la chiusura degli istituiti di ogni ordine e grado. Bene, segniamo allora la data sul calendario e la comunichiamo ai sempre più avviliti pargoli? Macché. Ecco che, dal dicastero di Viale Trastevere, giunge puntuale una smentita che non smentisce nulla: «Con riferimento alle possibili date di inizio del prossimo anno scolastico, il ministero dell'Istruzione precisa che non è ancora stata presa una decisione definitiva in merito». Ogni ipotesi rimane «infondata e prematura». Del resto, è davvero cosa «prematura» pensare proprio adesso alla riapertura delle classi. Mancano tre mesi, che diamine. Quante fregole. Il ministero, di conseguenza, informa: «È in corso un confronto con le Regioni». Seguiranno nuove informazioni.Insomma, siamo alle solite. La paventata didattica mista? La Azzolina rettifica: «Era solo una proposta». E le gabbie in plexiglas per gli alunni? «Mai pensato». E i salvifici nonché imminenti concorsi per i docenti? Vedremo. Ovvero, un passo avanti e due indietro. Si brancola nel buio. Meglio prendere altro tempo. Ma l'inadeguatezza di Lucia ora può finalmente saldarsi al machiavellismo di Giuseppi: un combinato disposto che rischia di mandare tutto alle calende greche. Sette Regioni, infatti, aspettano frementi la data delle amministrative: Veneto, Valle D'Aosta, Liguria, Toscana, Marche, Puglia e Campania. Così come 1.200 Comuni, tra cui Venezia e Trento. Il voto era previsto in primavera. Ma l'epidemia ha fatto slittare la tornata, che coinvolgerà un terzo degli italiani. I giallorossi stanno approntando l'election day per accorpare il referendum sul taglio dei parlamentari. Le date prescelte sarebbero il 20 e il 21 settembre. Il doge veneto, Luca Zaia, assalta: «Imbarazzante. Servirà almeno una settimana per sanificare le scuole usate come seggi. Quindi le riapriamo direttamente a ottobre, a sette mesi dalla chiusura?». Dalle opposte sponde democratiche, Vincenzo De Luca, presidente della Campania, reitera: «Sanificazione, voto, altra sanificazione, ballottaggio, ultima sanificazione. L'apertura così slitterà a ottobre». Il collega ligure, Giovanni Toti, suggella: «Sarebbe una responsabilità grave rinviare ancora l'entrata in classe. È una forzatura che saprebbe di arroganza». Perfino Anna Ascani, il viceministro dell'Istruzione, ammette: «Non possiamo permetterci di aprire le scuole e richiudere subito dopo, per trasformarle in seggi elettorali».Dunque, ecco l'ideona: ritardare, per l'ennesima volta, il rientro degli alunni. D'altronde, il governo ha già dimostrato sul tema formidabile insensibilità. Siamo stati i primi a interrompere le lezioni in Europa. E saremo gli ultimi a riprenderle. Con calma, però. Giusto il tempo di votare. Cosa volete che sia, ormai, un mese in più o in meno? In Francia, intanto, tutti gli istituti hanno riaperto. E il prossimo 28 giugno si celebrerà perfino il secondo turno delle elezioni amministrative, sospese a marzo per il Covid.Eppure l'ematologo Giuseppe Remuzzi, direttore dell'Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri, scienziato italiano tra i più titolati al mondo, già due mesi fa avvertiva: «È sbagliato chiudere le scuole. I bambini non si infettano. I loro genitori, più o meno giovani, difficilmente sviluppano malattie importanti. Ma noi lasciamo le nuove generazioni a casa dai nonni. Un altro modo di mescolare. A mio avviso, un grave errore». E ora anche il celebrato virologo dell'Università di Padova, Andrea Crisanti, conferma: «Il paper che uscirà a breve su Nature dimostra chiaramente che i bambini tra uno e undici anni non si ammalano, anche in presenza di una forte esposizione. Se permettiamo agli adulti di andare allo stadio e si pensa addirittura di riaprire le discoteche, non è coerente tutta questa resistenza nei confronti della scuola». E gli insegnanti? «Si potrebbero proteggere con le mascherine».Già, non è affatto coerente. O forse sì. Ma solo con le prodezze della sprovveduta Lucia e del diabolico Giuseppi.
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