2024-01-12
Altro stop per la produzione a Melfi. Ora l’indotto si ribella a Stellantis
Il colosso dell’auto non ha rinnovato l’appalto a una società locale di minuteria che per tutta risposta ha sospeso la fornitura bloccando la fabbrica. Pronti allo sciopero gli altri «piccoli» legati al sito del Sud.È successo di nuovo. Anche ieri la produzione della fabbrica di Stellantis a Melfi si è fermata. Alla base dello stop ci sarebbe il mancato rinnovo dell’appalto del gruppo franco-italiano con la società Fdm/Las, società di logistica che fornisce minuteria (piccoli pezzi necessari al processo produttivo) allo stabilimento lucano. In pratica, senza l’appalto di Stellantis i circa 100 lavoratori che lavorano nell’indotto dello stabilimento di Melfi hanno incrociato le braccia. «Per mancato rifornimento di materiali» l’attività produttiva nello stabilimento automobilistico Stellantis di Melfi «sarà sospesa dalle ore 14 alle ore 22 di oggi (ieri per chi legge, ndr)», fa sapere l’Ugl metalmeccanici della Basilicata.Proprio per trovare una soluzione, spiega alla Verità il segretario nazionale di Ugl Metalmeccanici, Antonio Spera, «ieri si è tenuto un incontro tra i sindacati, Confindustria e Fdm/Las ma non si è arrivati a nulla. Tanto che anche oggi la produzione a Melfi resterà ferma e già si parla per le prossime settimane di uno sciopero per tutto l’indotto di Melfi». Il punto è che Stellantis, nonostante i diversi stop alla produzione di Melfi e la chiusura e i rallentamenti produttivi di alcune fabbriche sul territorio italiano, continua a dettare condizioni per continuare a produrre in Italia quando in Francia tutto questo non sarebbe possibile. Tutto questo, mentre negli ultimi anni il colosso di Carlos Tavares in Italia si è mostrato ben lontano dal milione di auto prodotte ogni dodici mesi, i numeri sperati dal ministro delle imprese e del Made in Italy Adolfo Urso. Ne 2023, per intenderci, il gruppo ha prodotto 751.384 veicoli, circa il 25% in meno di quanto sperato. Eppure, non più tardi del dicembre scorso Stellantis si era incontrata con il governo all’interno del tavolo sviluppo automotive per fissare i paletti che avrebbero determinato la futura produzione del gruppo sul suolo italiano. Le richieste apparivano già molto chiare. «Per raggiungere le diverse ambizioni e sostenere il mercato automobilistico», spiegava a fine dell’anno scorso l’azienda, «sono però necessari specifici fattori abilitanti, come il rinvio o la rimozione della normativa (Euro 7) che impedisce la continuazione della produzione di modelli a prezzi accessibili in Italia, gli incentivi alla vendita di veicoli elettrici e la rete di ricarica per sostenere i clienti e il miglioramento del costo dell’energia per sostenere la competitività industriale di Stellantis e dei fornitori italiani». In parole povere: soldi pubblici per non tagliare ancora la produzione. Il problema è che a Parigi e dintorni tutto questo non potrebbe succedere perché il governo francese detiene il 7% delle azioni Stellantis con diritto di veto sui piani strategici. Il risultato, quindi è che il colosso guidato da Tavares non potrà mai chiudere stabilimenti in Francia ma lo farà in Italia, fenomeno che sta avvenendo, dato che non ci sono vincoli di sorta.Ecco che, dunque, la produzione in Italia è sempre in difficoltà. Non solo a Melfi. Basti pensare alla chiusura della storica fabbrica di Grugliasco nei pressi di Torino che Sergio Marchionne aveva immaginato come lo stabilimento adibito a polo del lusso che avrebbe dato i natali ai modelli alto di gamma del gruppo. Proprio con la fine di questo storico impianto si sono trovati in grossa difficoltà i lavoratori della Lear che avevano in Stellantis l’unico committente. Che dire poi di Mirafiori, sito produttivo che ha chiuso il 2023 a 85.940 vetture assemblate, il 9,3% in meno rispetto al 2022. Non va meglio a Cassino, dove la produzione è calata dell’11,3% nel 2023 a 48.800 veicoli assemblati. Per quanto riguarda il polo dei veicoli commerciali di Atessa la produzione nel 2023 è aumentata dell’11,3% rispetto a due anni fa, ma va comunque registrato che anche in questo caso la produzione è andata avanti a singhiozzo a causa del mancato approvvigionamento di alcuni elementi necessari per la produzione. Nel caso dello stabilimento lucano di Melfi, in particolare, la produzione va a singhiozzo da anni tra dipendenti in cassa integrazione e stop alla produzione per difficoltà di approvvigionamento. Come fa sapere Antonio Spera «ormai per l’impianto di Melfi è prassi comune avere almeno due giorni di stop a settimana da mesi per problemi di approvvigionamento di materie prime». Con questi chiari di luna non stupisce quindi che la produzione industriale in Italia non stia godendo di grande salute. Come spiega l’Istat, a novembre 2023 si stima che l’indice destagionalizzato della produzione industriale sia calato dell’1,5% rispetto a ottobre e del 3,1% in termini tendenziali (al netto degli effetti di calendario con 21 giorni lavorativi come a novembre 2022). Stesso andamento negativo anche nel trimestre settembre-novembre dove il calo produttivo è stato dello 0,8%. Nonostante, insomma, un colosso come Stellantis (in minoranza anche italiano) continui a battere cassa con il governo, la produzione e i livelli occupazionali continuano ad andare a rilento senza trovare una reale soluzione per i lavoratori e per l’indotto italiano. Una vera beffa quando pensiamo agli operai d’oltralpe che non ricevono lo stesso trattamento.
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(Totaleu)
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