
Riferendo in Aula, Nordio ha rivelato di essere indagato per aver omesso atti d’ufficio. Si tratta di un’accusa differente da quella riportata nell’esposto di Li Gotti. Quindi la Procura è intervenuta nel merito e l’automatismo dell’indagine era una favola.Le opposizioni fanno il loro mestiere, che nel cosiddetto caso Almasri significa strillare a più non posso, accusando il governo delle peggiori nefandezze per aver riportato in Libia un torturatore. Poco importa che il carceriere di Tripoli fosse uno dei banditi con cui i governi di centrosinistra trattavano per evitare che i migranti partissero in mare e raggiungessero le coste italiane. E ancor meno interessa che i reati compiuti dal capo delle guardie della prigione di Mitiga comincino, come ha ricordato il ministro Nordio, proprio nel 2015, anno in cui datano le intese fra Italia e Libia. In altre parole, se davvero davanti alla Corte penale internazionale si arrivasse a processare Almasri rischieremmo di vederne delle belle, perché l’uomo che la sinistra avrebbe voluto consegnare all’Aia potrebbe decidere di vuotare il sacco e parlare dei soldi che Roma ha versato ai predoni libici e quali siano i referenti dei capi delle milizie. Per questo, quanto abbiamo visto ieri in Parlamento appare un teatrino a uso e consumo di un’opinione pubblica di bocca buona. Le opposizioni, come detto, strillano, ben sapendo però che le urla e l’indignazione non serviranno a nulla. Anzi, probabilmente se lo augurano, soprattutto se si tratta di esponenti del Partito democratico, alcuni dei quali negli anni 2015-2018, periodo a cui si riferiscono le accuse ad Almasri della Corte penale internazionale, stringevano le mani dei torturatori, sottoscrivendo i patti per fermare le partenze in mare. La ragion di Stato invocata ieri nelle aule di Camera e Senato per motivare l’espulsione del carceriere, più che evitare pericoli per la sicurezza dello Stato, in tal caso servirebbe per evitare a chi oggi parla di vergogna nazionale di dover essere chiamato a spiegare cosa sia successo in passato e quali intese poco commendevoli siano state strette.Però quelle che riguardano la politica non sono le sole contraddizioni a emergere. Abbiamo già raccontato come la linea adottata dal procuratore capo di Roma Francesco Lo Voi contrasti con quella del suo predecessore. Infatti, mentre il primo, appena ricevuta la denuncia dell’avvocato Luigi Li Gotti contro mezzo governo, si è affrettato a iscrivere il premier e i suoi ministri nel registro degli indagati, sostenendo la tesi dell’atto obbligato, Giuseppe Pignatone, che ha retto a lungo gli uffici giudiziari della Capitale, in una circolare di qualche anno fa invitava a non considerare atto dovuto esposti che al posto dell’accertamento processuale mirassero a ricadute politiche, proprio come nel caso Almasri. Tuttavia, dopo l’intervento in Aula del ministro della Giustizia possiamo aggiungere un ulteriore tassello all’iniziativa della Procura, per spiegare che la tesi dell’iscrizione automatica, senza neppure il vaglio della fondatezza delle accuse, è farlocca. Infatti, ieri abbiamo appreso che Carlo Nordio non è stato segnalato al Tribunale dei ministri per il reato di favoreggiamento e peculato, come denunciato dall’avvocato Li Gotti nel suo esposto del 23 gennaio, ma è stato iscritto con l’accusa di aver omesso atti di ufficio. Nel caso del ministro della Giustizia, e solo per lui, il procuratore capo di Roma ha dunque ritenuto che non sussistesse alcun reato di peculato per l’aereo di Stato che ha riportato in patria Almasri, ma piuttosto gli si potesse contestare di non aver fatto il suo dovere, cioè di non aver consegnato il torturatore libico alla Corte penale dell’Aia. Questo vuol dire che Lo Voi non si è limitato a prendere atto di un esposto, procedendo senza alcuna valutazione a passare la pratica al Tribunale dei ministri dopo aver iscritto il nome del premier e dei ministri nel registro delle notizie di reato. Evidentemente il procuratore capo ha valutato che per Nordio non ricorresse alcun reato di peculato e ai giudici che dovranno valutare le accuse ha segnalato altro, ovvero l’omissione di atti d’ufficio. E così facendo non se n’è lavato le mani, scaricando la patata bollente ad altri, ma è in qualche modo entrato nel merito dei presunti reati. E quindi viene meno la tesi dell’atto obbligato, da spedire senza esitazione al Tribunale dei ministri. Perché se il procuratore ha valutato che il ministro della Giustizia non può essere accusato di peculato, forse poteva anche arrivare alla logica conclusione che pure il resto delle accuse non stava in piedi ma serviva solo a far alzare i toni in Parlamento. O no?
Il toro iconico di Wall Street a New York (iStock)
Democratici spaccati sul via libera alla ripresa delle attività Usa. E i mercati ringraziano. In evidenza Piazza Affari: + 2,28%.
Il più lungo shutdown della storia americana - oltre 40 giorni - si sta avviando a conclusione. O almeno così sembra. Domenica sera, il Senato statunitense ha approvato, con 60 voti a favore e 40 contrari, una mozione procedurale volta a spianare la strada a un accordo di compromesso che, se confermato, dovrebbe prorogare il finanziamento delle agenzie governative fino al 30 gennaio. A schierarsi con i repubblicani sono stati sette senatori dem e un indipendente affiliato all’Asinello. In base all’intesa, verranno riattivati vari programmi sociali (tra cui l’assistenza alimentare per le persone a basso reddito), saranno bloccati i licenziamenti del personale federale e saranno garantiti gli arretrati ai dipendenti che erano stati lasciati a casa a causa del congelamento delle agenzie governative. Resta tuttavia sul tavolo il nodo dei sussidi previsti ai sensi dell’Obamacare. L’accordo prevede infatti che se ne discuterà a dicembre, ma non garantisce che la loro estensione sarà approvata: un’estensione che, ricordiamolo, era considerata un punto cruciale per gran parte del Partito democratico.
2025-11-10
Indivia belga, l’insalata ideale nei mesi freddi per integrare acqua e fibre e combattere lo stress
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In autunno e in inverno siamo portati (sbagliando) a bere di meno: questa verdura è ottima per idratarsi. E per chi ha l’intestino un po’ pigro è un toccasana.
Si chiama indivia belga, ma ormai potremmo conferirle la cittadinanza italiana onoraria visto che è una delle insalate immancabili nel banco del fresco del supermercato e presente 365 giorni su 365, essendo una verdura a foglie di stagione tutto l’anno. Il nome non è un non senso: è stata coltivata e commercializzata per la prima volta in Belgio, nel XIX secolo, partendo dalla cicoria di Magdeburgo. Per questo motivo è anche chiamata lattuga belga, radicchio belga oppure cicoria di Bruxelles, essendo Bruxelles in Belgio, oltre che cicoria witloof: witloof in fiammingo significa foglia bianca e tale specificazione fa riferimento al colore estremamente chiaro delle sue foglie, un giallino così delicato da sfociare nel bianco, dovuto a un procedimento che si chiama forzatura. Cos’è questa forzatura?
Zohran Mamdani (Ansa)
Nella religione musulmana, la «taqiyya» è una menzogna rivolta agli infedeli per conquistare il potere. Il neosindaco di New York ne ha fatto buon uso, associandosi al mondo Lgbt che, pur incompatibile col suo credo, mina dall’interno la società occidentale.
Le «promesse da marinaio» sono impegni che non vengono mantenuti. Il detto nasce dalle numerose promesse fatte da marinai ad altrettanto numerose donne: «Sì, certo, sei l’unica donna della mia vita; Sì, certo, ti sposo», salvo poi salire su una nave e sparire all’orizzonte. Ma anche promesse di infiniti Rosari, voti di castità, almeno di non bestemmiare, perlomeno non troppo, fatte durante uragani, tempeste e fortunali in cambio della salvezza, per essere subito dimenticate appena il mare si cheta. Anche le promesse elettorali fanno parte di questa categoria, per esempio le promesse con cui si diventa sindaco.
Ecco #DimmiLaVerità del 10 novembre 2025. Il deputato di Sud chiama Nord Francesco Gallo ci parla del progetto del Ponte sullo Stretto e di elezioni regionali.






