2018-04-05
Alternanza scuola-lavoro: sei in condotta a chi critica la riforma della Fedeli
A Carpi e Napoli, voto abbassato agli studenti per aver polemizzato con le aziende in cui avevano svolto il tirocinio. E ci sono ditte che chiedono ragazzi «di bella presenza». Scettici anche i prof: «I tutor si inventano di tutto per arrivare a 200 ore». L'alternanza scuola-lavoro, introdotta dalla riforma della «buona scuola», è un'innovazione con delle potenzialità offuscate da molti lati oscuri. A cominciare dal rischio che l'attività degli studenti, pensata come momento di formazione e di comunicazione tra scuola e aziende, si trasformi in una riserva di manodopera a costo zero, cui rifilare le mansioni screditate. A ciò si aggiungono le difficoltà nell'organizzare progetti costruttivi e persino un'atmosfera censoria, indirizzata contro il dissenso degli studenti insoddisfatti.È dell'altro ieri, ad esempio, la notizia di un ragazzo iscritto a un istituto tecnico di Carpi, nel modenese, cui il consiglio di classe ha attribuito un 6 in condotta per alcuni commenti postati su Facebook, a proposito della ditta metalmeccanica presso la quale egli aveva svolto il tirocinio obbligatorio. Ha sorpreso soprattutto la giustificazione del preside, secondo il quale le affermazioni del giovane, che «faceva riferimento all'alternanza scuola-lavoro come condizione di sfruttamento» e «lamentava di non essere pagato per mansioni che considerava ripetitive», sarebbero state «inappropriate sia verso l'azienda, sia verso gli insegnanti». Ma al di là dei toni eventualmente usati dallo studente, che, fermi restando i limiti derivanti dal diritto all'onore e alla reputazione, gode di piena libertà d'espressione, meraviglia che il dirigente scolastico abbia biasimato una «presa di posizione dovuta a convinzioni ideologiche sull'alternanza scuola-lavoro, probabilmente antecedenti rispetto all'inizio del periodo in azienda». È vero che gli educatori hanno il compito di scalfire i pregiudizi; ed è vero pure che il consiglio di classe aveva convocato il ragazzo, prima di punirlo. Non si capisce, però, perché delle «convinzioni ideologiche antecedenti» dovrebbero essere perseguite con il 6 in condotta. Alcune associazioni locali, tra cui il comitato Sisma 12, hanno parlato di «atteggiamento repressivo» nei confronti di un ragazzo, come precisato dallo stesso dirigente scolastico, «molto intelligente» e «bravo a scuola», cui non sarà preclusa la promozione.Quello di Carpi non è l'unico caso controverso. Pochi giorni prima, a Napoli, a una classe del Liceo classico Vittorio Emanuele II era toccato il 7 in condotta comminato dalla preside. Agli studenti era stata rimproverata la protesta messa in atto domenica 25 marzo, quando i ragazzi avevano dovuto fare da guide presso il museo di mineralogia della partenopea Università Federico II, in occasione della giornata del Fai. Forse irritati per la convocazione in giorno festivo, al rientro da una gita scolastica durata una settimana, gli studenti avevano indossato dei badge in cui la parola «lavoro» era stata sostituita da quella «sfruttamento». Suscitando così le ire della delegata del Fai, che il giorno dopo si era recata dalla dirigente d'istituto, ottenendo la sanzione disciplinare.Tra i giovani, il giudizio sull'alternanza scuola-lavoro non è univoco. La Rete degli studenti medi, a ottobre 2017, aveva pubblicato un report, basato su 4.000 questionari rivolti agli iscritti alla quarta superiore di istituti tecnici, professionali e licei italiani, dal quale si evinceva che il 33,2% degli intervistati non aveva trovato attività lavorative coerenti con il proprio percorso di studio. Consistente, però, era la percentuale (49%) di quanti dichiaravano di aver maturato nuove competenze. Nota dolente risultava soprattutto la logistica: il 41% dei ragazzi non aveva avuto un tutor con esperienza specifica nel campo di riferimento del progetto e il 5% era restato privo di supervisori. Difetti che, alla Verità, ha confermato un professore dell'Italia centrale, per il quale permangono «oggettive difficoltà di reperimento e organizzazione di attività che coprano il monte ore previsto», soprattutto nei licei, dove «a volte i tutor devono inventarsi di tutto per arrivare alle 200 ore» previste dalla riforma. Il quadro è complicato dalla differente reperibilità, tra nord e sud, di imprese disposte ad accogliere i ragazzi, ma anche dalle pretese di alcune delle aziende del turismo e della ristorazione, per le quali «bella presenza» o assenza di tatuaggi e piercing diventano requisiti di ammissione. Tant'è che il ministero è dovuto intervenire con una nota di diffida, diffusa dopo la pubblicazione di diverse inchieste giornalistiche e la lettera indignata della Rete degli studenti medi.Le manifestazioni studentesche dell'autunno scorso avevano indotto la «ministra» Valeria Fedeli ad annunciare la pubblicazione di una «Carta dei diritti e dei doveri», dedicata agli studenti coinvolti nei progetti di alternanza, oltre che ad approntare una sezione del sito «Scuola in chiaro», in cui i ragazzi potessero segnalare i problemi riscontrati durante il tirocinio. Resta però il sospetto che molti studenti/lavoratori imparino poco, siano scarsamente seguiti e ridotti a manodopera squalificata, minacciata dalle punizioni e repressa se contesta le direttive.
Matteo Salvini (Imagoeconomica)
La stazione di San Zenone al Lambro, dove il 30 agosto scorso un maliano ha stuprato una 18enne (Ansa)