2018-08-17
«Alla larga dal Pd, lì c’è solo nomenklatura»
Il sindacalista della Fim nega che parteciperà al nuovo progetto di Boeri, Bonino e Calenda: «Però in politica serve competenza» E attacca governo e opposizione: «Lega e M5s? Establishment camuffati da ribelli. E i dem sono sempre in preda a mal di pancia»Marco Bentivogli, nato a Conegliano 48 anni fa, capo della Fim, il sindacato dei metalmeccanici della Cisl, vive sotto scorta («Non l’ho chiesta, me l’hanno data considerando fondate le minacce di morte, una famosa giornalista ha detto: vent’anni fa un riformista come Bentivogli avrebbe già preso un colpo in fronte») e considera suo maestro e modello lo scomparso Pierre Carniti, il «sindacalista d’assalto». L’ho cercato per chiedergli conto delle notizie, riportate dalla Verità, su un suo futuro in politica - in proprio o in cordata nel progetto Bbbc: Tito Boeri, Emma Bonino, Roberto Burioni, Carlo Calenda - in un fronte alternativo all’attuale governo pentaleghista.Poi però c’è stata la tragedia del 14 agosto.Cosa è successo a Genova, Bentivogli? «Di ingegneri strutturisti improvvisati ce ne sono già troppi, quindi mi astengo dal fare ipotesi. Mi limito a rilevare che il nostro è un Paese con scarsa qualità e quantità di infrastrutture moderne, materiali e non. Non si può dare la colpa del crollo ai No Gronda (che si opponevano alla variante, ndr) come unica argomentazione politica, perché è solo un aspetto, e soprattutto perché alleato di quei Comitati era l’ex sindaco Marco Doria e tutta la sinistra ideologica radical. Allo stesso tempo mi sembra che tutti i governi abbiano sempre rinnovato le concessioni con fin troppa solerzia».Il governo Conte ha annunciato dure contromisure verso i Benetton. «La solita ammuina dei proclamatori in campagna elettorale permanente: vogliono revocare la concessione, poi si accorgono che costerebbe fino a 20 miliardi e allora dicono che lo faranno solo per quel tratto. Come la gara su Ilva. Il premier Conte in conferenza stampa gongolava: “Siamo lieti di informarvi di aver disposto lo stato d’emergenza”, con la polvere ancora alta e 40 morti, sembrava l’annuncio dei supermarket di uno sconto al reparto frutta. Tutti lì a Genova, senza nessun rispetto, ad attaccare perfino l’Europa e i camionisti polacchi. Ciliegina sulla torta, il magistrato che in poche ore butta un occhio e non ha dubbi: “Si tratta di errore umano”».Scusi, ma che avrebbero dovuto fare? Le immagina le reazioni se i ministri a Genova non ci fossero andati? «Lo ha letto il delirante tweet del ministro dell’Interno, Matteo Salvini, che impegnato a spezzare le reni ai venditori abusivi di cocco in spiaggia, in una giornata di lutto nazionale, a ponte crollato, con i morti ancora sotto le macerie, ha trovato il tempo di gongolare per aver fermato uno sbarco di migranti: “In una giornata così triste, una notizia positiva. La nave Ong Aquarius andrà a Malta”? Politicamente inqualificabile, umanamente incommentabile. Quando le macerie diventano un palcoscenico per i propri slogan vuol dire che è saltata ogni decenza. Ma lo capisco, bisogna nascondere che la Lega è stata alla guida della regione Liguria 8 anni negli ultimi 18».Va bene, ma allora il tweet di Luigi Marattin del Pd? Invitava a «pregare per vittime e feriti», ma anche la prossima volta a votare «per rimandare nelle fogne quelle miserabili teste di cazzo» che attribuivano le ragioni del disastro a spread e austerità. Linguaggio inquietante, o no? «Di certo io quel tweet non l’avrei fatto. Però mi permetta di rilevare che un conto è se a straparlare è un deputato dell’opposizione, altro discorso se a farlo è un ministro della Repubblica. Questo lo trovo ben più grave, scandalosamente inquietante».Prima del dramma quale era il suo giudizio sulle iniziative del governo? «Quali iniziative? Reddito di cittadinanza? Non pervenuto. Idem la flat tax. A parte le riserve, con riferimento per esempio alle coperture, sa cosa diceva don Lorenzo Milani? “Non c’è nulla di più ingiusto di fare parti eguali tra diseguali”. In una società in cui prosperano le disuguaglianze non si può continuare a premiare chi ha già più tutele, protezione sociale e redditi più alti. In realtà Luigi Di Maio e Salvini campano di annunci, fanno comizi mentre l’opposizione è afona, inesistente. Anche la Cgil, che ha concimato Lega e M5S con il populismo sindacale, è passata dall’opposizione totale ai governi precedenti al silenzio. Di Maio ha impedito le riprese televisive durante il negoziato sull’Ilva, altrimenti l’opinione pubblica avrebbe verificato la sua inettitudine, in difficoltà e incapace di reggere il confronto, salvo trasformarsi in un leone nelle conferenze stampa e nelle ospitate tv in cui fa monologhi, di fronte a giornalisti (non tutti) troppo spesso pigri che non si son letti neanche una riga per capire di cosa si stia parlando. A Di Maio piace vincere facile, come nella pubblicità».Lei ama parlare chiaro, come mai non s’intende con uno come Matteo Salvini, un altro che non le manda certo a dire? «Considero la domanda offensiva. Salvini è solo un abile impresario della paura, in cerca di applausi. Io non ho mai avuto paura dei fischi e delle contestazioni più dure. Salvini è stato coccolato in tv perché con i suoi slogan da bar faceva spettacolo. È un sobillatore che punta a spingere i poveri alla bullizzazione nei confronti dei più poveri. La rabbia rende ciechi, nessuno che gli rinfacci quante presenze ha fatto in 25 anni di politica, lui che si propone come nuovo, al Comune di Milano, al Parlamento europeo, oggi in Parlamento o al Ministero. L’ho accusato di assenteismo. Mi ha querelato. Ha perso».Secondo Giancarlo Giorgetti, sottosegretario leghista a Palazzo Chigi, a fine mese si scatenerà uno Sturm und Drang economico-finanziario da parte degli establishment italiani ed europei, che «vogliono far abortire questo governo». Una narrazione che va bene per gli analfabeti funzionali. La Lega è stata 10 anni al Governo negli ultimi 22 e c’è tutt’ora, il M5s è al governo, sono entrambi establishment camuffati da ribelli. Come vedere Mario Monti col basco di Che Guevara (en passant ricordo che io ero in Sardegna con gli operai dell’Alcoa quando abbiamo fatto scappare con l’elicottero i suoi ministri Corrado Passera, Fabrizio Barca e il sottosegretario Claudio De Vicenti). I mercati attaccano, ovvero: disinvestono, dove i Paesi hanno assetti fragili, fragilità che è inversamente proporzionale alla capacità di avere una politica economica concreta e fattibile. Qui invece ci balocchiamo con le chimere dei sovranisti, cui la lezione turca, con il tracollo di quella moneta, evidentemente non insegna nulla. A loro basta ripetere che hanno contro “i poteri forti”, lo stucchevole gioco dello scaricabarile che non può funzionare in eterno, lo conoscono perfino i bambini in spiaggia, che accusano il vecchietto - che gli buca infastidito il pallone - di essere George Soros».I 5 stelle invece? «Lo sperpero di denaro pubblico e il sentimento di impunità in cui viveva troppa politica meritava che per contrappasso nascesse un partito come il M5s, con lo slogan “facciamo piazza pulita”, lo auspicavo anche io. Ma questo non si fa con un gruppo dirigente improvvisato e opaco, all’ombra di una società privata, con un linguaggio da politicanti rimediati, omologhi ai sindacalisti, o ai burocrati, del blabla: quelli capaci solo di dire alla gente solo le cose che la gente vuole sentirsi dire. I suoi vertici ricordano i vecchi personaggi dei film di Carlo Verdone. Chi non aveva nel suo gruppo di amici, il belloccio con la lingua più veloce del cervello, che diceva monumentali fesserie con lo sguardo fisso e un po’ di traverso, come Alessandro Di Battista? Di solito gli si faceva un gavettone, adesso fa dichiarazioni dal Sudamerica riprese da tutti i giornali sulle nazionalizzazioni. Dopo di che, sono stati di certo più bravi del Pd».In cosa? «A prospettare un’idea di futuro, sgangherata e caricaturale nel caso delle “profezie” di Gianroberto Casaleggio, ma pur sempre una visione, mentre il Pd è sembrato sempre in preda a mal di pancia continui, un avvitamento su sé stessi, una nomenklatura autoreferenziale. Come amo dire, sono contro il collettivo Prati-Parioli. Cioè quelli che predicano per gli ultimi senza condividerne mai il destino. Vedono col binocolo poveri e operai di cui parlano dalla loro sede reale: più simile al Circolo canottieri Aniene che ai luoghi dove si dovrebbe costruire il futuro».Per questo c’è chi vede in lei il «papa nero», cioè un esterno che avrebbe tutte le carte in regola per farsi eleggere al sacro soglio di un’area alternativa all’attuale governo, dal Pd all’anima liberale di Forza Italia. Si racconta che lei stia addirittura mettendo insieme i suoi uomini sul territorio. «Bubbole. Dalle vicende del Pd, con tutti gli annessi e connessi, mi tengo alla larga, anche perché in quel partito, da Veltroni a Bersani a Renzi, si pratica egregiamente uno sport: cercare un leader, metterlo sul piedistallo e, dal giorno dopo, lavorarlo ai fianchi per farlo cadere. Se poi il leader si isola nella sua superbia... In realtà quel partito avrebbe bisogno di un’anima. E invece mi pare il revival di una sinistra in crisi strutturale ovunque nel mondo perché ha smarrito la sua funzione storica e non sa costruirne una nuova. Sono preoccupato che sia sparita la rappresentanza politica della società aperta e solidale, questo sì».C’è un’altra opzione, il progetto politico del quartetto Bbbc (Boeri, Bonino, Burioni, Calenda), di cui ha parlato La Verità pochi giorni fa, dove lei sarebbe la quarta «B»... «Se è vero, sono tutte persone in gamba, più brave di me, perché la competenza non basta in politica ma di certo ma ce n’è un gran bisogno, ma io davvero non ne so nulla».In conclusione, una sua entrata in politica è impossibile o improbabile? «Le rispondo così: sono un segretario nazionale “in via temporanea”, ma rimarrò un iscritto e un militante della Fim sempre e ovunque la vita mi porterà. Per mia figlia Emma, che ha 8 anni, e tutti i bambini come lei. Credo meritino un mondo migliore di quello che abbiamo ereditato. E penso di poter contribuire a lasciarglielo in una condizione meno indecente proprio facendo bene il sindacalista».