2023-03-22
L’Aifa cancellava i dati sugli effetti avversi
Nuovo scoop di «Fuori dal Coro»: Nicola Magrini fece rimuovere da un report la frase «la probabilità di decesso in un anziano vaccinato è elevata». Sulla sicurezza dei sieri un funzionario avvertiva: «I fragili rientrano nelle popolazioni non studiate». Ma venne ignorato.Joe Biden decide la declassificazione dei documenti sull’origine della pandemia.Lo speciale contiene due articoli.Il muro di bugie raccontate durante questi tre anni di campagna vaccinale inizia a perdere pezzi, che crollano come macigni dirompenti portando alla luce la verità, quella verità che fa male proprio ai nostri anziani, i primi che dovevano essere protetti dal contagio del Covid-19. Eppure quando era partita la campagna per vaccinare soprattutto i fragili, non si aveva nessuna prova della reale efficacia di quelle punture. Ieri sera a Fuori dal Coro, su Rete4, sono stati mostrati dei documenti esclusivi, alcuni riguardavano proprio l’efficacia dei vaccini contro il Covid per i soggetti fragili: gli anziani e gli immunodepressi.Per i più deboli la vaccinazione è sempre stata fortemente raccomandata più e più volte anche in tv da note virostar come Bassetti, Crisanti e Burioni che quasi perdevano la voce per decantare la capacità di proteggere e la sicurezza di quei sieri. Peccato però che i documenti esclusivi interni dell’Aifa mostrano un quadro completamente diverso. A gennaio 2021, quando le vaccinazioni erano iniziate da una manciata di settimane, arriva una notizia preoccupante dalla Norvegia: 23 anziani muoiono dopo la dose di vaccino. Alla nostra Agenzia del farmaco si scatena il panico, c’è chi comincia a fare domande sulla pericolosità della puntura e così gli alti funzionari si interrogano sulla necessità di dover pubblicare delle risposte per tranquillizzare proprio quegli anziani che in quelle ore stavano facendo la fila per la dose, fidandosi della scienza e degli appelli. E così un funzionario scrive: «Sarebbe necessaria una Faq sui decessi. Cerchiamo di mettere qualcosa insieme». Una Faq, ossia una risposta, una spiegazione di quelle morti in Norvegia, da pubblicare sul sito dell’Agenzia, in cui non ci deve essere nulla di allarmante. Inizia uno scambio di note in cui si cerca di far passare il messaggio nella maniera più tranquillizzante possibile. Uno degli esperti ad un certo punto si lascia candidamente scappare, questa frase: «La probabilità di osservare un decesso in un anziano vaccinato da poco è elevata». Una frase troppo forte e decisamente molto esplicita che irrita proprio l’allora direttore generale Nicola Magrini che risponde piccato a pochi minuti di distanza riscrivendo la frase e commentando: «A me ancora genera un po’ di ansia e nervosismo leggerlo… quindi suggerirei di renderlo impeccabile nell’arco delle prossime 48-72 ore». Insomma non si può dire che gli anziani vaccinati possono morire, la linea da seguire ad ogni costo, anche ignorando palesemente la realtà, è che i vaccini sono molto sicuri. E proprio collegandosi alla sicurezza dei sieri, un altro esperto propone la frase: «Nella sua fase iniziale la campagna di vaccinazione ha l’obiettivo di proteggere, oltre agli operatori sanitari, proprio le persone più anziani e i soggetti fragili per condizioni di salute nei confronti delle quali i vaccini in uso hanno dimostrato una elevata efficacia». Ma quella frase non corrisponde alla realtà e viene cancellata. L’elevata efficacia per i soggetti fragili non esiste, perché non esistono gli studi che la dimostrano. Nel documento interno dell’Aifa del 15 gennaio 2021, mostrato ieri sera in esclusiva nel programma condotto da Mario Giordano, si vede chiaramente la frase cancellata, ma vi è di più. L’esperto dell’Agenzia spiega il motivo di quel depennamento, scrivendo persino la frase in rosso: «Attenzione! I pazienti fragili rientrano nelle popolazioni non studiate». Ed allega a riprova della sua affermazione una parte dello studio Pfizer, quello con cui la casa farmaceutica ha ottenuto l’autorizzazione all’immissione in commercio, in cui si legge chiaramente nella sezione dedicata alla sicurezza: «Informazioni mancanti: uso nei pazienti fragili con co-morbilità come diabete, problemi cardiovascolari, problemi neurologici; uso in pazienti con malattie autoimmuni o infiammatorie». Questa è la verità, all’Aifa erano consapevoli che si stavano vaccinando i soggetti più fragili, quelli più ad alto rischio, senza avere alcuna certezza dell’efficacia e della sicurezza dei vaccini. Ma non vogliono e non possono dirlo. Per cui alla fine prendono questa decisione che non lascia spazio ad interpretazioni: «Non conviene stuzzicare il can che dorme e quindi per ora non si esce con niente». E infatti quel documento non sarà mai pubblicato. Dunque sembra che la nostra Agenzia del Farmaco agisca in questa maniera: per tranquillizzare nasconde le informazioni, preferisce mettere tutto a tacere. Anche perché lo fa in un altro caso clamoroso, mostrato ieri sera in prima serata su Rete4. Vi ricordate le rassicurazioni sugli effetti avversi? Le virostar minimizzavano costantemente la presenza di danni da vaccino con frasi come: «Sono pochissimi, una minima parte». Come se il fatto che l’essere pochi togliesse la legittimazione e il diritto alla cura. Peccato che anche i dati che venivano pubblicati erano filtrati per evitare di dare dei segnali preoccupanti.Nella bozza del quarto report sulla sorveglianza dei vaccini pubblicato dall’Aifa, doveva essere inserito il dato delle reazioni avverse dopo la seconda dose del vaccino Astrazeneca, ben 2.011. Un numero molto alto rispetto agli altri vaccini, Pfizer ne aveva 348, Moderna 121. Una funzionaria pone subito il problema e scrive: «Forse non lo riporterei neanche». Come viene risolta la situazione? Semplice: dal report pubblicato quel dato sparisce. E non è tutto. Il 18 gennaio 2021, sempre a inizio campagna vaccinale, l’Aifa manda una circolare a tutte le Regioni, spiegando le modalità da usare per pubblicare i report regionali delle reazioni avverse. I centri di farmacovigilanza territoriali si attivano, compilano i propri report e li mandano, come da protocollo, in approvazione all’Agenzia stessa. L’Emilia Romagna manda il suo, e nell’inserto compilato dall’Ausl di Bologna, si legge: «Il tasso di segnalazione regionale è 1.000 su 100.000 dosi», molto più alto rispetto a quello nazionale di 729 segnalazioni su 100.000 dosi, tanto che nelle stesse riflessioni degli esperti che hanno compilato il report locale viene definito un «alto tasso di segnalazione» e ancora «dato di segnalazione rilevante». Cifre alte che è preferibile non rendere note al pubblico, tanto che l’Aifa risponde scrivendo: «Tali rapporti devono essere utilizzati esclusivamente per uso interno [...] raccomandiamo che non vengano divulgati». Eppure la stessa Aifa aveva mandato pochi giorni prima le indicazioni per la pubblicazione. Strano no? Chissà se anche questa decisione sia stata presa per via di quel dato così alto sottolineato dalla scritta: «Alto tasso di segnalazione [...] dato di segnalazione rilevante».<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/aifa-cancellava-dati-effetti-avversi-2659633121.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="per-mettere-in-imbarazzo-la-cina-biden-chiede-chiarezza-su-wuhan" data-post-id="2659633121" data-published-at="1679447921" data-use-pagination="False"> Per mettere in imbarazzo la Cina Biden chiede chiarezza su Wuhan Ha lasciato passare più di una settimana prima di firmarlo, ma alla fine il presidente degli Stati Uniti Joe Biden si è deciso e ha posto la sua sigla sul decreto 619, o «Covid Origins Act», che impone entro 90 giorni la declassificazione di tutti gli atti relativi alle origini della pandemia, «compresi i potenziali collegamenti con l’Istituto di Virologia di Wuhan» e le «attività svolte dall’Istituto di di Wuhan con o per conto dell’Esercito Popolare di Liberazione». Obiettivo: inguaiare Pechino. Il disegno di legge ha avuto un percorso spedito: proposto al Congresso lo scorso 3 gennaio dai Repubblicani, è passato al Senato e poi alla Camera all’unanimità. Le origini del virus, tuttavia, dividono gli esperti per i delicati risvolti politici che vanno a toccare non solo la geopolitica internazionale (l’accertamento di responsabilità dei soli cinesi avrebbe un effetto pericoloso sulle già compromesse relazioni tra le due superpotenze) ma anche la famiglia del presidente e i suoi più stretti collaboratori, a cominciare dal consulente scientifico Anthony Fauci, che per tre anni ha propagandato la tesi del pangolino. Viceversa, molte prove documentali e lo stesso Fbi, sin dal 2021, indicano che ci sono forti probabilità che il virus sia fuggito dal laboratorio cinese, finanziato dagli Stati Uniti per lavorare proprio sui coronavirus. L’ipotesi «fuga di laboratorio» deteriora ulteriormente i rapporti tra Washington e la Cina, che continua a negare con forza il proprio coinvolgimento nell’incidente (o quantomeno, non accetta di essere additata come unico Paese responsabile). Ecco perché per il presidente non è stato facile firmare l’atto: incalzato dai Repubblicani ad adottare una linea più dura con Pechino, lo scorso 3 marzo Biden, quando i giornalisti gli hanno chiesto se ritenesse la Cina «responsabile della pandemia», si è bruscamente allontanato. Nel frattempo, una sottocommissione della Camera guidata dai Repubblicani sta esaminando gli interessi economici della famiglia Biden in Cina e ha pubblicato dettagli su oltre 1 milione di dollari elargiti a figlio, fratello e nuora del presidente. A complicare ulteriormente la spy story ci sono nuove informazioni che in un rapporto identificano non più il pangolino ma i «cani procione», sic, come responsabili della diffusione del virus. Parte dei dati erano stati mostrati, la scorsa settimana, dalle autorità sanitarie del Cdc cinese all’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms), per poi sparire dai database. Ieri, subito dopo la firma di Biden sull’atto di declassificazione, sono riapparsi sotto forma di «relazione di esperti internazionali», in cui si ribadisce che «il mercato di Wuhan è l’epicentro dell’epidemia». La loro attendibilità, però, è dubbia: a guidare il Cdc cinese che li ha rilasciati è quel George Gao che intrattiene da anni rapporti di grande fairplay con Avril Haines, la direttrice dell’intelligence nazionale americana cui Biden ha affidato ieri l’incarico di presentare entro tre mesi una relazione sull’origine del virus. Il cinese Gao e l’americana Haines avevano organizzato il panel «Event 201» che si tenne a New York il 18 ottobre 2019. L’evento, sponsorizzato dal World Economic Forum e dalla Fondazione di Bill Gates, simulò proprio lo scoppio di una pandemia di coronavirus, realmente deflagrata pochi mesi dopo. Avril Haines all’epoca partecipò in rappresentanza dei Democratici (era stata nominata vicedirettrice della Cia da Barack Obama), sedendo proprio accanto a Gao. Biden l’ha poi messa a capo dell’intelligence nazionale americana (Dni): sarà lei a controllare i documenti declassificati sul Covid.
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La commemorazione di Charlie Kirk in consiglio comunale a Genova. Nel riquadro, Claudio Chiarotti (Ansa)