2020-06-11
Agenzia delle entrate fa un’infornata di 10 nuovi dirigenti senza il concorso
Ernesto Maria Ruffini (Ansa)
Grazie a una circolare firmata dal Movimento 5 stelle, altri soggetti avranno incarichi manageriali con una nomina diretta Nell’Italia giallorossa di Giuseppe Conte i concorsi per i dirigenti della pubblica amministrazione sono ormai diventati un miraggio, nonostante l’articolo 97 della Costituzione impone che «agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni si accede mediante concorso». In piena emergenza sanitaria, infatti, il direttore dell’Agenzia delle entrate, Ernesto Maria Ruffini, ha appena nominato una decina di dirigenti che erano ancora in attesa del via libera dal suo predecessore. E tutto questo avviene mentre la Corte costituzionale sta in queste settimane affrontando le precedenti promozioni proprio nell’agenzia: domani è prevista un’altra udienza. Non solo. Il 30 maggio scorso la presidenza del Consiglio ha diramato una nuova circolare che prevede l’assunzione di personale senza passare dai concorsi pubblici. È firmata dal sottosegretario Riccardo Fraccaro, esponente del M5s che quando non era al governo si batteva spesso proprio contro gli incarichi a chiamata diretta. Ma i tempi sono cambiati. E come i precedenti governi di centrodestra e centrosinistra, anche i pentastellati hanno capito l’importanza strategica di avere manager pubblici vicini dal punto di vista politico. Va ricordato che i concorsi aperti sono un tema spinoso anche per Conte, già oggetto di polemiche per la commissione che gli assegnò il ruolo di professore ordinario dal momento che a giudicarlo fu il suo maestro Guido Alpa. Resta il fatto che nella circolare della presidenza del Consiglio del 30 maggio si scrive nero su bianco di poter fare ricorso al famigerato articolo 19 comma 6 del decreto legislativo 165 del 2001, la legge che l’ex ministro Franco Bassanini introdusse nella pubblica amministrazione. La speranza era che la norma servisse per assumere personale esterno qualificato, in modo da aumentare le competenze di cui c’è spesso stata carenza. Peccato che le intenzioni siano state vanificate dal governo di Matteo Renzi. Durante il suo mandato l’ex segretario del Pd, impegnato a occupare tutte le istituzioni, aveva riformato la legge sul testo unico aggiungendo all’articolo 19 comma 6 la possibilità di poter affidare questi incarichi anche da parte della stessa amministrazione. Ovvero il contrario dell’obiettivo di Bassanini, perché risulta difficile trovare competenze dove prima non c’erano. Così il governo giallorosso potrà assicurarsi una nuova infornata di dirigenti, scelti direttamente nelle agenzie e senza dare la possibilità di nuove assunzioni nel rispetto dell’articolo 97 della Costituzione. Con questo articolo si possono assegnare gli incarichi dirigenziali per i posti vacanti con una selezione interna discrezionale. In questo modo, per esempio, all’Agenzia delle entrate basterà pubblicare sul proprio sito Internet un «interpello», ovvero un avviso, per informare sui «posti disponibili di funzione dirigenziale». Sempre il governo, nel decreto milleproroghe (articolo 6), ha alzato l’asticella di assunzioni nella pubblica amministrazione tramite articolo 19 comma 6. Se prima la percentuale di incarichi esterni senza concorso era dell’8%, ora è passata al 10% (fino a qualche anno fa era del 5%). Ma i privilegi dell’ente diretto da Ruffini non sono finiti qui. Perché i legali dell’Agenzia delle entrate godono di un trattamento di favore anche sui compensi. Lo Stato impone un’equa retribuzione per i professionisti. Esiste anche un commissione che sanziona chi non rispetta le regole. Peccato che in una postilla della legge ci sia stata una deroga proprio per gli agenti della riscossione, che possono richiedere «compensi adeguati» al loro incarico.Il governo ha persino snobbato la sentenza della Corte costituzionale del 2015, che aveva dichiarato illegittimi circa 800 dirigenti dell’Agenzia delle entrate (che furono retrocessi al ruolo di funzionari): erano stati promossi senza concorso pubblico. La questione è delicata, anche perché ci fu il rischio concreto che saltassero migliaia di accertamenti fiscali firmati dai dirigenti decaduti. Eppure la Consulta nel 2015 era stata chiara. E invitava «le agenzie fiscali» ad «espletare procedure concorsuali» e ad affidare le reggenze degli uffici ai più elevati in grado, soprattutto per «l’esigenza urgente e inderogabile di assicurare la funzionalità operativa delle proprie strutture, volta a garantire una efficace attuazione delle misure di contrasto all’evasione». Del resto la giurisprudenza costante della Corte costituzionale è stata sempre contraria alle nomine di fiducia. Lo stesso Bassanini negli anni ha criticato spesso la sua riforma. Come ha spiegato più volte l’ex numero di Cassa depositi e prestiti la legge «viene usata per affrancare i più fedeli o i raccomandati dalla necessità di vincere un concorso prima di diventare dirigenti». In questi anni si è poi spesso ricorso a particolari arzigogoli giuridici (come i Pot o i Poer) che assicurano un avanzamento di carriera con superiore posizione economica e giuridica. In pratica gli italiani possono scordarsi i concorsi pubblici.
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)