2021-11-30
La beffa dei nostri aerei nel disastro di Kabul
Alenia G222 dell'Aeronautica Militare afghana operativo a Kabul nel 2010. Nel riquadro il rudere di un G.222 in demolizione nel 2014 (Usaf e Defense Logistics Agency)
Un report Usa sulla ricostruzione punta il dito su una commessa da 550 milioni per 20 velivoli Alenia abbandonati e rottamati per 40.000 dollari. Dopo 8 anni di inchiesta, naufragati i tentativi di accusare l’Italia. Nessun militare colpevole, ma solo negligenze.Le immagini dei talebani vestiti come le forze speciali Usa e muniti degli stessi fucili hanno fatto il giro del mondo. Indignazione per un tale passaggio di consegne che in poco meno di tre settimane ha azzerato lo storytelling di anni. La difesa delle donne, dei diritti umani in generale e la lotta al terrorismo. Certo, l’amministrazione di Joe Biden ha deciso di fare ciò che i precedenti presidenti non erano stati in grado o non avevano voluto fare: mettere la parola fine a una guerra di cui nessuno più comprendeva lo slancio. O il significato. Al tempo stesso resta inevasa un’altra domanda di fondo. Per la grande industria della Difesa a stelle e strisce il teatro di guerra afgano aveva smesso di essere remunerativo? L’interrogativo sorge spontaneo dopo aver letto un interessante report firmato John Sopko, Ispettore generale per la ricostruzione in Afghanistan. Il report spiega benissimo due aspetti fondamentali per comprendere la sconfitta Usa a Kabul. Il primo è lo spreco di denaro, cioè come 20 velivoli di trasporto truppe siano stati pagati dai contribuenti americani 549 milioni di dollari e a distanza di 13 anni valgano non più di 40.000 dollari di rottami. Il secondo aspetto è tattico e aiuta a capire come la mancanza di prospettiva e di strategia abbia segnato la sconfitta occidentale in quella landa sassosa almeno a partire dal 2011. La vicenda riguarda 20 velivoli di produzione italiana. Si tratta dei G222 ex Alenia e poi Finmeccanica, ora Leonardo. Nel 2006 la Us Air force avvia una gara per rifornire l’aviazione afgana. Nel 2008 viene scelta Alenia che nel settembre firma un contratto con Air logistic center con l’intento di manutenere e rimettere a nuovo tutti gli aerei. Un anno dopo il primo velivolo rifittato, come si dice in gergo, atterra in Afghanistan. L’ultimo atterra a ottobre del 2012. Il costo complessivo viene calcolato in 287 milioni spalmati in un decennio. Successivamente viene firmato un secondo contratto per la manutenzione ordinaria e straordinaria. A un certo punto, per l’esattezza nel 2013, i rapporti s’incrinano. Il contratto di supporto logistico viene interrotto. L’Air force Usa decide che all’aviazione afgana serve un nuovo velivolo tattico per trasportare le truppe. E viene scelto un po’ di tempo dopo un altro aereo tutto a stelle e strisce. Si tratta del celebre ma più impegnativo e costoso C-130 di Lockheed Martin. Scelte tattiche o scelte politiche? Non lo sapremo mai. E di questo il report non fa alcun cenno. Mentre si sofferma su quanto è accaduto ai 20 velivoli da quell’anno fino alla scorsa primavera. Riportiamo in pagina due foto, contenute nel report. La prima è datata 2010 e rappresenta un G222 operativo. L’altra è recente e immortala solo rottami. Eppure con il passare del tempo il costo totale dell’operazione è salito a circa 550 milioni di dollari. Si sono susseguite inchieste del dipartimento della Difesa, di quello della Giustizia e pure dell’Fbi. Ma nessuna delle ipotesi si è trasformata in un processo. Appare chiaro l’obiettivo di spostare le colpe di tale spreco alle società italiane, ma in 8 anni di indagini se ci fosse stato qualche cavillo immaginiamo che i militari si sarebbero fatti sentire. La realtà è che la scelta di lasciare a terra i G222 per sostituirli con altri velivoli è probabilmente stata ponderata male. Non a caso in uno degli allegati del report l’Ispettore per la ricostruzione scrive all’ufficio del segretario della Difesa ammettendo che gli americani hanno già nel 2013 cercato di rivendere i velivoli a diverse nazioni, compresa l’Italia. Tentativo abortito. Così come si ammette che l’operazione è fallita nelle operazioni di messa a terra e non perché fosse un progetto sbagliato. La storia non ha mai avuto eco. Né Alenia né Finmeccanica hanno mai commentato o diffuso la notizia. Comprensibile. Gli Usa sono nostri partner commerciali di primo livello. Meglio un report che getta qualche ombra senza mai accusare, piuttosto che un’inchiesta che faccia luce e tolga ogni dubbio sugli italiani ma con il rischio di perdere commesse. Infatti, il punto è un altro. Quella dei G222 è una vicenda da studiare per evitare che in futuro l’Occidente e con esso la Nato cadano nello stesso errore di trasformare la guerra in una routine da burocrati. È così che poi si è costretti a riconsegnare uno Stato a un gruppo di terroristi.
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