2022-12-22
Adesso il Pd si mette a fare la vittima. Ma lo scandalo mazzette è affare suo
Gori accusa Bonelli, Fratoianni e Speranza. Però gli «amici» degli emiri sono legati in primis al Nazareno, che candidò Panzeri e il deputato Ue da lui coinvolto. E poi, le forze di sinistra sono unite nel gruppo socialista. Il sindaco di Bergamo, Giorgio Gori, esponente di seconda fila del Pd, ieri su Twitter si è lasciando andare a una dichiarazione politicamente surreale, anzi grottesca: «Fatemi capire: Soumahoro è della ditta Bonelli & Fratoianni; Panzeri è di Articolo Uno. Com’è che tutto finisce in conto al Pd? Adesso, per cortesia, ognuno si prende le legnate che gli toccano. E il Pd tiri fuori un po’ di orgoglio e di amor proprio, che cavolo». «Noi siamo parte lesa», ha azzardato pochi giorni fa il segretario del Pd, Enrico Letta, «abbiamo chiesto una commissione di inchiesta e chiederemo che chi ha sbagliato paghi il conto». Siamo, come è evidente, di fronte a un tragicomico tentativo di scaricare su chiunque si trovi a passare per la strada gli scandali che stanno travolgendo i dem, facendo precipitare il consenso del partito guidato ancora per un po’ da Enrico Letta: «Lo scandalo del Qatargate», spiega all’Adnkronos il sondaggista Renato Mannheimer, «costerà molto al Partito democratico per vari motivi. Innanzitutto perché il Pd, come buona parte della sinistra, ha costruito la propria identità sull’idea morale di una superiorità antropologica. Sono due gli elementi che si innescano nella crisi del Pd che qualcuno sostiene rischi di scendere al 10%». La bufera del Qatargate sta investendo il Pd e non potrebbe essere altrimenti, con buona pace di Giorgio Gori, il quale (che cavolo!) finge di dimenticare alcuni fatti concreti e incontestabili, a partire dal rapporto strettissimo tra Pd e Articolo Uno: tanto per fare un esempio, alle ultime politiche l’ex ministro Roberto Speranza è stato candidato e eletto alla Camera come capolista dei dem a Napoli nel listino proporzionale, pur essendo esponente del partitino di sinistra. Torniamo al Qatargate. L’ex eurodeputato Antonio Panzeri, arrestato a Bruxelles per corruzione, ha la sua biografia ancora in bella mostra sul sito del Pd: eletto per la prima volta a Bruxelles nel 2004, con la lista Uniti nell’Ulivo, viene riconfermato nel 2009 dopo essere stato candidato dal Partito democratico. Nel 2014 è eletto di nuovo, sempre con il Pd, e solo nel 2017 aderisce ad Articolo Uno. Quindi, nelle vene politiche di Panzeri, che ha svolto la sua carriera politica tra Pd, Ds e Pd, scorre puro sangue dem. Esponente di primo piano del Pd è Andrea Cozzolino, eurodeputato non indagato ma chiamato in causa da Panzeri e sospeso dai dem. Cozzolino nasce e cresce politicamente nel Pci: segretario della federazione giovanile di Napoli dal 1983 al 1986, dirigente nazionale all’epoca della Bolognina di Achille Occhetto, aderisce al Pds, poi ai Ds, partito di cui segretario provinciale dal 1994 al 2000 quando viene eletto consigliere regionale in Campania. Rieletto nel 2005, diventa potente assessore regionale alle Attività produttive ai tempi della presidenza di Antonio Bassolino. Eletto all’assemblea nazionale costituente del Pd, è recordman di preferenze alle europee 2009 (136.859) il più votato della circoscrizione Italia meridionale). Nel 2011, Cozzolino vince le primarie dem per la candidatura a sindaco di Napoli contro l’uomo di Giorgio Napolitano, Umberto Ranieri, ma la consultazione viene annullata. Rieletto al Parlamento europeo nel 2014, poi l’anno dopo ritenta la strada delle primarie: partecipa a quelle per scegliere il candidato alla presidenza della Regione, sfida Vincenzo De Luca e perde. Resta a Bruxelles, quindi, e nel 2019 viene riconfermato eurodeputato per la terza volta, sempre col Pd. «Pur non avendo ricevuto alcun avviso o comunicazione giudiziaria da parte delle autorità inquirenti», ha detto ieri Cozzolino, «ho dato incarico ai miei avvocati di presentare al giudice istruttore belga, Michel Claise, una formale istanza con la quale, pur dichiarandomi estraneo ai fatti, chiedo di essere sentito, rinunciando a tal fine alle guarentigie dell’immunità parlamentare». L’attuale capogruppo del Partito democratico al Parlamento europeo, Brando Benifei, non indagato, pure viene citato negli atti dell’inchiesta, secondo Le Soir, come uno degli «amici italiani» del Qatar.Panzeri ha chiamato in causa un altro eurodeputato, il belga Marc Tarabella, la cui abitazione è stata perquisita dagli inquirenti. Tarabella, non indagato, è figlio di immigrati italiani in Belgio e al momento è al suo quarto mandato all’interno dell’Europarlamento, nel gruppo dei Socialisti e democratici, e nel 2021 si è iscritto ad Articolo Uno. È bene ricordare che tutti i deputati europei dell’area socialdemocratica europea fanno parte del gruppo S&D. Gruppo che ieri ha sospeso per «colpa grave» un funzionario, nell’ambito delle indagini sulle mazzette arabe: sarebbe un politico di nazionalità non italiana, che ha lavorato nella commissione Esteri dell’Europarlamento. Al momento dell’esplosione dello scandalo, inoltre, Emma Bonino e Federica Mogherini facevano parte del consiglio dei membri onorari di Fight impunity, la Ong fondata da Panzeri ed epicentro dello scandalo mazzette (si sono dimessi pochi giorni fa). La Mogherini è una piddina doc: ha fatto tutta la trafila Pds-Ds-Pd, è stata deputata dei dem, ministro degli Esteri nel governo guidato da Matteo Renzi, Alto rappresentante per gli Affari esteri e vicepresidente della Commissione europea dal 2014 al 2019. La Bonino, da parte sua, ha fondato la Ong No peace without justice, il cui segretario è Niccolo Figà Talamanca, indagato nell’ambito dello scandalo.