Il report di C40, network finanziato da Bill Clinton e George Soros che include i primi cittadini di Milano e Roma, prevede l’abolizione di carne e latte, l’addio ai mezzi di trasporto privati e al massimo 3 capi di abbigliamento all’anno.
Il report di C40, network finanziato da Bill Clinton e George Soros che include i primi cittadini di Milano e Roma, prevede l’abolizione di carne e latte, l’addio ai mezzi di trasporto privati e al massimo 3 capi di abbigliamento all’anno. Lo chiamano «obiettivo ambizioso», ma insistono a dire che sarebbe il migliore possibile, il più giusto e il più buono. Il risultato che ci consentirebbe di salvare il pianeta limitando potentemente l’inquinamento nelle grandi città. In che cosa consista tale obiettivo è presto detto: riduzione delle emissioni di almeno il 50%, da ottenersi ovviamente limitando o addirittura cancellando i consumi. Qualche piccolo esempio, giusto per gradire. Per ottenere il risultato ottimale si dovrebbe arrivare, entro il 2030, a eliminare completamente il consumo di carne e di latte e l’utilizzo dei veicoli privati. E ogni cittadino dovrebbe comprare al massimo tre nuovi capi di abbigliamento all’anno.L’aspetto inquietante della faccenda è che a proporre la realizzazione di questo scenario da Unione sovietica (nel periodo più buio, per altro) non sono stati gli attivisti di Ultima generazione o qualche altro svalvolato gruppo di militanti green. No, è stato il C40 ovvero «una rete globale di quasi 100 sindaci delle principali città del mondo che sono uniti nell’azione per affrontare la crisi climatica». Di questa rete fanno parte, ormai da diversi anni (primi Duemila) anche i primi cittadini di Milano e di Roma, Beppe Sala e Roberto Gualtieri. Sala è addirittura membro del comitato esecutivo della organizzazione, che si propone esplicitamente di «influenzare l’agenda globale» per realizzare «una transizione verde e giusta» e ottenere «un futuro più verde, più sano e più prospero per tutti, ovunque».studio chocDal sito ufficiale della congregazione apprendiamo che «i sindaci delle città C40 si impegnano a utilizzare un approccio inclusivo, basato sulla scienza e collaborativo per dimezzare la loro giusta quota di emissioni entro il 2030, aiutare il mondo a limitare il riscaldamento globale a 1,5 gradi e costruire comunità sane, eque e resilienti. C40 aiuta i sindaci a farlo». E come li aiuta? Facile: indicando una serie di obiettivi da raggiungere come quelli minuziosamente elencati in un report intitolato The future of urban consumption in a 1.5°C world: per capire da dove nascano le idee «green» di cui oggi paghiamo le conseguenze basta sfogliarlo. In quelle pagine c’è già tutto. Questo gustoso studio, come tutte le altre attività di C40, è sostenuto da una robusta squadra di finanziatori tra cui compaiono alcuni ministeri e governi europei ma soprattutto entità quali Open society foundations della famiglia Soros, Clinton Foundation, Google, Ikea, L’Oreal e altre sigle di questo livello. L’assunto del documento fresco di pubblicazione è molto chiaro: poiché le grandi città sono responsabili da sole di circa il 10% delle emissioni globali, i sindaci possono fornire un enorme contributo alla lotta contro l’inquinamento adottando politiche suggerite dagli esperti di fiducia di C40. «I leader della città devono essere ancora più intraprendenti, creando e plasmando i mercati e impegnandosi in settori che non erano stati considerati in precedenza», si legge nella introduzione del rapporto. Inoltre, essi devono «sostenere i cittadini e le imprese nel raggiungere un cambiamento radicale e rapido dei modelli di consumo». Messaggio ricevuto? Bisogna che i primi cittadini impongano una spinta più o meno gentile per cambiare i modelli di consumo sulla base delle indicazioni ricevute. Esercitando la propria autonomia, essi possono persino scavalcare i governi. In ogni caso, se si riuscisse a modificare le abitudini delle metropoli, il resto delle città prima o poi si adeguerebbe. Ecco allora che i sindaci devono fare di tutto per eliminare le «emissioni derivanti dal consumo urbano di materiali da costruzione, cibo, abbigliamento e tessuti, trasporto privato, elettronica e casalinghi elettrodomestici, nonché viaggi aerei privati». Cominciamo allora con le preziose indicazioni riguardanti il cibo. Dice il rapporto che nel 2017 le emissioni legate al consumo alimentare rappresentavano il 13% del totale. «Circa tre quarti di queste emissioni derivano da consumo di alimenti a base animale, con il restante 25% da consumo alimenti a base vegetale», leggiamo. «Se le città C40 cambiano il loro consumo alimentare e le abitudini in linea con l’obiettivo progressivo individuato, le emissioni della categoria potrebbero essere ridotte del 51% tra il 2017 e il 2050. L’adozione di obiettivi ambiziosi consentirebbe un ulteriore riduzione del 9%. L’adozione del cambiamento dietetico è l’intervento con il maggior potenziale di riduzioni delle emissioni. Adottare una dieta sana (cioè ridurre l’assunzione di carne e latticini) contribuisce per il 60% alla riduzione delle emissioni (43% e 17% rispettivamente)». Ottimo: per inquinare meno bisogna mangiare di meno. Cioè limitare la quantità di calorie introdotte ogni giorno nel corpo e, soprattutto, combattere carne e latticini. L’obiettivo ambizioso è eliminarne del tutto il consumo entro il 2030, ma i pietosi esperti di C40 fissano anche una meta più semplice da raggiungere, ovvero un «obiettivo progressivo», il quale prevede un consumo di carne pro capite pari a 16 chili all’anno e un consumo di latte di 90 chili. Poi c’è la riduzione del guardaroba. Obiettivo progressivo: otto nuovi vestiti all’anno, obiettivo ambizioso appena tre capi acquistati. Va decisamente peggio con il trasporto. L’idea è di arrivare, nello scenario più blando, ad avere 190 veicoli privati ogni 1.000 abitanti e, manco a dirlo, zero nello scenario più auspicabile. In ogni caso, ogni veicolo dovrebbe avere un arco di vita di vent'anni. Notate bene che qui non parliamo di risultati da ottenere in un lontano futuro: il 2030 è domani. E non sfuggirà all’attento lettore il fatto che tutte le azioni previste dal report e fortemente consigliate ai sindaci prevedono una brutale riduzione della spesa e, di conseguenza, un clamoroso danno ad alcuni settori: abbigliamento, agroalimentare, industria automobilistica.più puliti? no, più miseriCerto, stiamo parlando di un report e non di un regolamento europeo o di nuove leggi. Ma non conviene sottovalutare la faccenda, come giustamente fa notare Lucio Malan di Fratelli d’Italia pubblicando il folle documento su Twitter. Il C40 è di fatto un gruppo di pressione sostenuto da alcune delle realtà comunicative più potenti del mondo. Anche se è improbabile che i sindaci riescano a imporre in maniera ferrea i desiderata dei lobbysti green, di sicuro sono influenzati dalla loro azione. Del resto, se si vuole stare nei circoletti che contano bisogna adeguarsi e fare i compiti a casa, cioè mettere in atto politiche adeguate, e in fretta. Lo scorso ottobre, durante la riunione del C40 a Buenos Aires, un gruppo di oltre 200 organizzazioni e aziende ha consegnato ai sindaci membri del gruppo una bella letterina per chiedere ai sindaci di darsi una mossa e mettere più impegno nel completare la rivoluzione verde. La missiva lamentava una «mancanza collettiva di progressi» sulle iniziative per il clima. E chiedeva «ai sindaci di tutto il mondo di identificare gli eventi meteorologici estremi nelle loro città e di stabilire un collegamento con l’emergenza climatica». In conclusione, ribadiva «la necessità di ridurre l’assunzione di carne e latticini». Un tassello alla volta, report dopo report, si condizionano non soltanto i politici e gli amministratori, ma in generale le élite e pure l’opinione pubblica. Beh, se vi fate incantare dalle sirene verdi, sapete cosa vi aspetta. Se pensate di salvare il pianeta, sappiate che in realtà state sostenendo la creazione di un mondo senza carne, latte e auto. Non più pulito, ma più povero.
Carlo Nordio (Ansa)
Interrogazione urgente dei capogruppo a Carlo Nordio sui dossier contro figure di spicco.
La Lega sotto assedio reagisce con veemenza. Dal caso Striano all’intervista alla Verità della pm Anna Gallucci, il Carroccio si ritrova sotto un fuoco incrociato e contrattacca: «La Lega», dichiarano i capigruppo di Camera e Senato, Riccardo Molinari e Massimiliano Romeo, «ha presentato un’interrogazione urgente al ministro Carlo Nordio sul caso del dossieraggio emerso nei giorni scorsi a danno del partito e di alcuni suoi componenti. Una vicenda inquietante, che coinvolge il finanziere indagato Pasquale Striano e l’ex procuratore Antimafia Federico Cafiero de Raho, attualmente parlamentare 5 stelle e vicepresidente della commissione parlamentare d’inchiesta sulle mafie. Ciò che è accaduto è gravissimo, pericoloso, e va oltre ogni logica di opposizione politica», concludono, «mettendo a rischio la democrazia e le istituzioni. Venga fatta chiarezza subito».
Ambrogio Cartosio (Imagoeconomica). Nel riquadro, Anna Gallucci
La pm nella delibera del 24 aprile 2024: «Al procuratore Ambrogio Cartosio non piacque l’intercettazione a carico del primo cittadino di Mezzojuso», sciolto per infiltrazione mafiosa. Il «Fatto» la denigra: «Sconosciuta».
Dopo il comunicato del senatore del Movimento 5 stelle Roberto Scarpinato contro la pm Anna Gallucci era inevitabile che il suo ufficio stampa (il Fatto quotidiano) tirasse fuori dai cassetti le presunte valutazioni negative sulla toga che ha osato mettere in dubbio l’onorabilità del politico grillino. Ma il quotidiano pentastellato non ha letto tutto o l’ha letto male.
Federico Cafiero De Raho (Ansa)
L’ex capo della Dna inviò atti d’impulso sul partito di Salvini. Ora si giustifica, ma scorda che aveva già messo nel mirino Armando Siri.
Agli atti dell’inchiesta sulle spiate nelle banche dati investigative ai danni di esponenti del mondo della politica, delle istituzioni e non solo, che ha prodotto 56 capi d’imputazione per le 23 persone indagate, ci sono due documenti che ricostruiscono una faccenda tutta interna alla Procura nazionale antimafia sulla quale l’ex capo della Dna, Federico Cafiero De Raho, oggi parlamentare pentastellato, rischia di scivolare. Due firme, in particolare, apposte da De Raho su due comunicazioni di trasmissione di «atti d’impulso» preparati dal gruppo Sos, quello che si occupava delle segnalazioni di operazione sospette e che era guidato dal tenente della Guardia di finanza Pasquale Striano (l’uomo attorno al quale ruota l’inchiesta), dimostrano una certa attenzione per il Carroccio. La Guardia di finanza, delegata dalla Procura di Roma, dove è approdato il fascicolo già costruito a Perugia da Raffaele Cantone, classifica così quei due dossier: «Nota […] del 22 novembre 2019 dal titolo “Flussi finanziari anomali riconducibili al partito politico Lega Nord”» e «nota […] dell’11 giugno 2019 intitolata “Segnalazioni bancarie sospette. Armando Siri“ (senatore leghista e sottosegretario fino al maggio 2019, ndr)». Due atti d’impulso, diretti, in un caso alle Procure distrettuali, nell’altro alla Dia e ad altri uffici investigativi, costruiti dal Gruppo Sos e poi trasmessi «per il tramite» del procuratore nazionale antimafia.
Donald Trump e Sanae Takaichi (Ansa)
Il leader Usa apre all’espulsione di chi non si integra. E la premier giapponese preferisce una nazione vecchia a una invasa. L’Inps conferma: non ci pagheranno loro le pensioni.
A voler far caso a certi messaggi ed ai loro ritorni, all’allineamento degli agenti di validazione che li emanano e ai media che li ripetono, sembrerebbe quasi esista una sorta di coordinamento, un’«agenda» nella quale sono scritte le cadenze delle ripetizioni in modo tale che il pubblico non solo non dimentichi ma si consolidi nella propria convinzione che certi principi non sono discutibili e che ciò che è fuori dal menù non si può proprio ordinare. Uno dei messaggi più classici, che viene emanato sia in occasione di eventi che ne evocano la ripetizione, sia più in generale in maniera ciclica come certe prediche dei parroci di una volta, consiste nella conferma dell’idea di immigrazione come necessaria, utile ed inevitabile.






