2024-02-12
A tavola si va in bianco
Penne, fusilli o spaghetti conditi con burro e parmigiano non sono affatto più «leggeri». A iniziare a ribaltare lo stereotipo della pietanza povera erano state le «Fettuccine Alfredo».Una pasta derisa per il prezzo alto ma ormai è nei menù dei grandi chef. Da Marchesi a Quadrio, viene proposta dai cuochi dei ristoranti di lusso, che la preparano con ingredienti di altissima qualità. Ma sui social e sui media impazzano le gag basate soltanto su luoghi comuni superati.Lo speciale comprende due articoli.Nessuno si sogna di criticare i noti, alti e apprezzati paccheri al pomodoro di Da Vittorio, invece la pasta in bianco di Alberto Quadrio e del 10_11 sì. Perché? Perché all’occhio superficiale essa è legata a un immaginario povero e casalingo, oppure ospedaliero, quel mangiare in bianco per non affaticare la digestione con intingoli. E invece no. Il cliché della pasta burro e parmigiano come pasto leggero è stato letteralmente ribaltato da Alfredo Di Lelio nel 1908, nella trattoria di famiglia Angelina in Piazza Rosa, che triplicò la dose di burro e Parmigiano. Oggi, generazione dopo generazione, c’è Alfredo III in Piazza Augusto Imperatore a Roma a Il vero Alfredo, aperto negli anni ’50 dopo la cessione di Alfredo alla Scrofa, e le Maestosissime Fettuccine all’Alfredo (ricetta originale dal 1908) costano 22 euro nel - Deo gratias - silenzio collettivo, come deve essere. Nel 1914 Alfredo aveva aperto Alfredo alla Scrofa in via della Scrofa, poi vendette nel dopoguerra ai Mozzetti, ancora oggi gestori e anche lì si possono mangiare le Originali fettuccine Alfredo, 23 euro. Tornando al 1908, per far riprendere la moglie indebolita dal parto di Alfredo II, Alfredo I inventa questa pasta burro e Parmigiano rinforzata. La moglie apprezzerà talmente tanto la versione così ricca che gli farà mettere il piatto in carta, il piatto verrà poi scoperto dagli americani e poi pian piano replicato in America fino a diventare leggendario come succulento piatto italiano, per un lungo periodo conosciuto più dagli americani che dagli italiani, va detto, americani che spesso ancora oggi negli Usa semplificano il procedimento per ottenere la crema inserendo anche della panna... Il piatto, che prevede fettuccine all’uovo (quell’uovo che, almeno nell’albume, ritorna nella pasta in bianco di Quadrio), si finisce a tavola ancora oggi in entrambi i ristoranti, proprio com’è per la pasta in bianco di Quadrio al 10_11 con la pasta in bianco, e si ottiene mantecando velocemente abbondante quantità di burro morbido e Parmigiano con la pasta appena scolata. Con Alfredo le fettuccine burro e Parmigiano sono diventate il pasto ipernutriente che non resuscita i morti, chiaro, ma certamente rimette in piedi i sofferenti, al pari di una bella bisteccona o di un bel piattone di tortellini in brodo. Non solo, quindi, Alfredo ribaltò lo stereotipo della pasta in bianco trasmutandola da piatto leggero a piatto energizzante, considerato anche che la pasta fosse fresca all’uovo e non pastasciutta di sola semola e acqua. Alfredo legittimò e glorificò in sede di ristorante un piatto casalingo e votato alla semplicità, anche digestiva, trasformandolo in un superfood dal condimento e dalla tecnica ben più complessi della prassi casalinga. Le ricette nipoti di questa (chissà se lo sono anche le Quattro paste di Marchesi condite solo con olio e pecorino) sono quindi libere di dedicarsi alla pura tecnica, perché l’aspetto salutare (nutrire e come) è conseguente ad essa. Dicevamo che nessuno considera la pasta al pomodoro una banalità, nemmeno nelle sue versioni gourmet e stellate, perché la vive come la nostra pasta storica e identitaria. Ma molti ignorano che, da un punto di vista meramente matematico, la pasta in bianco è ancora più storica della pasta al pomodoro, perché i nostri avi l’hanno mangiata per più secoli rispetto al paio di secoli che mangiamo pasta col pomodoro, arrivato qui dopo la scoperta dell’America e iniziato ad essere mangiato molto dopo. Come spiegano tutti gli storici della cucina italiana, il pomodoro incontra la pastasciutta (cioè la pasta essiccata, non quella fresca) nello specifico degli spaghetti allora detti maccheroni all’incirca a metà dell’Ottocento e spodesta la pasta col burro e parmigiano (o altri formaggi locali) che fino ad allora era stata la versione di pasta più usata, spesso oltretutto come mero contorno, tanto che il detto «come il cacio sui maccheroni» per dire di qualcosa che abbinata ad un’altra sta alla perfezione si riferisce proprio alla combo maccheroni e cacio (e burro). <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/a-tavola-si-va-in-bianco-2667240918.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="una-pasta-derisa-per-il-prezzo-alto-ma-ormai-e-nei-menu-dei-grandi-chef" data-post-id="2667240918" data-published-at="1707692338" data-use-pagination="False"> Una pasta derisa per il prezzo alto ma ormai è nei menù dei grandi chef Ma in fondo che cos'è La mia idea di pasta in bianco di chef Alberto Quadrio che si può ancora mangiare al 10_11 di Milano col nome «La pasta in bianco del 10_11» se non le Fettuccine Alfredo dei nostri tempi? Se non la pasta al burro e parmigiano senza burro come attuale voga di nullificazione sostanziale ma non formale di ingredienti vuole? E cosa, se non le novelle cacio e pepe di Salvatore Tassa mescolata al tavolo col tovagliolo e cacio e pepe di Eugenio Peretti nella forma, in origine di Parmigiano, ora anche di Pecorino? E, ancora, cosa se non, per citare Jovanotti, una tappa della grande chiesa della cucina italiana che va dalla pasta in bianco medievale al 2023 passando per il 1994 delle 5 stagionature di Parmigiano e il 2010 dei tortellini con crema di Parmigiano Reggiano entrambi di Massimo Bottura? Localizzarsi in una costellazione storico-gastronomica tanto iconica e - vedremo - storica a voi pare poco? Nel 2023 apre nello Stivale un nuovo hotel 5 stelle Lungarno Collection nella corte dell'Hotel Portrait di Milano, corte che vuol essere un quadrilatero nel quadrilatero della moda, tanto che si chiama il quadrilatero del Portrait. Il ristorante, anzi bar giardino ristorante, si chiama 10_11, Ten Evelen. Si occupa del suo menu lo chef Alberto Quadrio, che firma una serie di piatti signature, tra cui l'ormai leggendaria «pasta in bianco». Alberto Quadrio è giovane ma ha iniziato al Marchesino di Gualtiero Marchesi e si vede, poi proseguito in altre hautes cuisines mondiali. Ha già a curriculum capolavori creativi minimal ed eleganti come i Monvisini ripieni (alle Cucine Nervi di Gattinara) pasta ripiena che iconizza la forma del formaggio Vetta del Monviso, impiattata come quelle forme vengono stipate a stagionare in magazzino, che a sua volta replica quella del monte. La pasta in bianco di Quadrio fa subito notizia, perché la pasta in bianco è vista dalla vox populi come un piatto talmente semplice da poter essere preparato in casa anche da chi non sa cucinare, basta scodellare un pezzo di burro sulla pasta bollita, scaraventarci un cucchiaio di formaggio grattugiato e girare. Perché offrire in un ristorante luxury tale piatto e perché a 26 euro? In realtà, il prezzo è assolutamente adeguato al ristorante, agli ingredienti, alla concezione e alla preparazione, che niente hanno a che vedere con quanto pensa la vox populi ossia che pasta in bianco significhi scodellare un tocco di burro eccetera. Come tutto ciò che è oggetto di ruminazione social e giornalistico-sensazionalistica contemporanee, poco dopo la cosa si spegne e scompare dai radar. Ci ritorna nel 2024 quando Fiorello, durante una puntata della sua trasmissione Viva Rai2, pronuncia la battuta: «26 euro per una pasta in bianco, capito? Solo a Milano» e giù grasse risate. Così riparte la ruminazione social sulla pasta in bianco di Milano, col carico da 12 della battuta su Milano ladrona per poveri foodies deficienti che si farebbero fregare da chef truffaldini fatta anche da Fiorello. Ora, la battuta esaminata dal punto di vista comico è pure decente, perché le battute si basano sui luoghi comuni, sugli stereotipi, sulla banalità che, democraticamente e talvolta populisticamente, permette a tutti di capire di cosa si dovrebbe ridere e quindi di riderne. Ben più difficile è ridere a una battuta su Schopenauer proferita in greco antico, no? Il costo della vita è vergognosamente aumentato in tutta Italia dopo l'euro e ovviamente aumenta ancora di più in una piazza molto gettonata come è quella milanese. Nel ristorante che si trova nello spazio di un hotel 5 stelle a Milano quanto vorrebbe pagare un e poi quel piatto di pasta, Fiorello? 2,60 euro? Il problema che dovrebbe interessare il consumatore dalla spendenza limitata non è che nei luoghi luxury le cose costino ovviamente tanto, ma che siano arrivate a costare tanto anche nei luoghi normali, perché non ci dica Fiorello che 15 euro per un piatto di pasta all'osteria non sia, volendo proprio criticare, meno criticabile del piatto di pasta di ricerca a 26 euro nel ristorante di lusso. Quello che, tornando a bomba, non va bene, perché trasforma la possibilità democratica e perfino istruttiva della rete in spazio in cui un'orda di persone rovescia ignoranza, rancori, pregiudizi su questioni ben più complesse, è che poi la riduzione di un fatto complesso a cretino stereotipo esaurisca completamente il discorso collettivo sul fatto. Come purtroppo succede nel momento in cui Fiorello passa alla battuta successiva e i social che ruminano sulla battuta di Fiorello sulla pasta in bianco cristallizzano e imprigionano la pasta in bianco dello chef Quadrio e del 10_11 nella riduzione al suo solo prezzo, decontestualizzato da tutto il resto che invece lo determina. Tutto ciò che di quel piatto potrebbe dire il commentatore specialistico è sovrastato dal rumore di chi può solo leggerlo come mero esempio di alto costo della vita o se volete di esempio di ladrocinio della ristorazione di alto livello ai danni degli scemi che pagano in cui Milano sarebbe specializzata. Se permettono Fiorello, la ruminazione social, giornalistico-sensazionalistica e chiunque sia pienamente soddisfatto da questa disamina così superficiale da atterrire, c'è molto altro in quella pasta in bianco. La ricetta dello chef Quadrio, che dal luglio 2023 non è nemmeno più al 10_11 (probabilmente perché l'annunciato fine dining non si è fatto più e il casual dining gli stava stretto), mentre la pasta in bianco è rimasta in carta col nome La pasta in bianco del 10_11, prevede innanzitutto l'uso di quella che è stata definita la migliore pasta del mondo dallo chef tristellato Mauro Uliassi. Nello specifico, sono i fusilloni rigati di semola di grano duro (italiana) e albume n. 19 del pastificio Massi di Senigallia. Sul pacco c’è scritto “pasta superiore” e lo è, è una pasta dalla perfomance alimentare che travalica nello scultoreo. Ho mangiato la pasta in bianco al 10_11 qualche giorno fa. Ci ho messo mezzora a finirla perché intanto chiacchieravo e dopo mezzora il fusillone era esattamente come appena servito. Ma il pregio di questa elaborazione della pasta in bianco non risiede solo negli ingredienti, elevatissimi tutti, essendo l'altro ingrediente il Parmigiano Vacche Rosse 36 mesi. Il procedimento nasce anche con l’intento di ricordare e omaggiare la prassi popolare di sfruttare la crosta del formaggio per insapidire e insaporire un brodo o una minestra, prassi in voga quando il concetto di non spreco non era codificato perché tutta la vita si viveva in modalità antispreco. Il 5 febbraio è stata la Giornata contro lo spreco alimentare, intento che in molti risiede ogni giorno, evidentemente anche nello chef autore di questa bella ricetta che recupera sia la ricetta della nonna, sia le croste del Parmigiano, sia la prassi ora anche haute cuisine di sfruttare la materia alimentare a tutto tondo, dopo l'apripista di Gualtiero Marchesi: «ascoltare la materia». Si prepara un brodo di Parmigiano grattugiato, con acqua e Parmigiano (croste comprese) in pari peso, bollitura 12 ore e riposo di 24 ore in frigo. Durante questo riposo affiora il «finto burro» che condirà la pasta, proprio come avviene per il vero burro che si fa con la panna da affioramento: l'affioramento consiste nel raccogliere il latte in grandi vasche e farlo riposare circa 20 ore a 15°C di modo che la panna affiori naturalmente, separandosi dal siero del latte. Nel brodo di Parmigiano, la parte grassa affiorata si raccoglie e si usa al posto del burro per mantecare la pasta (a tavola, al 10_11 la pasta in bianco viene completata a tavola, come molte altre paste in bianco canoniche citate a inizio pezzo). Il brodo che rimane, una sorta di siero, si usa per cuocere la pasta e il disco duro che si era depositato in fondo pentola durante il riposo viene frantumato in cristalli che poi saranno spolverizzati sulla pasta mantecata col «burro di Parmigiano». La pasta, dunque, viene mantecata a tavola, sotto lo sguardo del cliente, con la crema di Parmigiano di cui prima e poi completata non col Parmigiano grattugiato come ricetta canonica vorrebbe, ma con i cristalli di Parmigiano. Ecco perché questa pasta in bianco si pone anche nella storia o cronaca della cosa senza cosa, dal dolce senza zucchero alla pasta senza semola alla carne senza carne (cioè la finta carne vegetale). Il burro sciolto dal calore della pasta è sostituito dalla crema di Parmigiano e il Parmigiano grattugiato è sostituito dai cristalli dello stesso, che non essendo semplicemente normale Parmigiano grattugiato ma cristalli derivanti da disidratazione apportano una consistenza crunchy, altra ossessioncina odierna, sia il crunchy, sia l'abbinamento col cremoso, che nella pasta burro e parmigiano normale non c'è. Proprio tramite le consistenze arriviamo a posizionare la pasta in bianco di Quadrio in un quadro contemporaneo di intervento sulle consistenze del formaggio: ci sono le 5 stagionature di Parmigiano dello chef Massimo Bottura che sono anche 5 consistenze, infatti il nome completo del piatto è Le cinque stagionature del Parmigiano Reggiano in diverse consistenze e temperature. Il formaggio dai 24 ai 50 mesi di stagionatura è elaborato in forme diverse, dalla demi-soufflé (il 24 mesi), alla salsa (30 mesi), dalla galletta (40), alla spuma (36), all'aria (50). L'aria di Parmigiano è un brodo dello stesso, croste comprese, poi lasciato riposare e poi montato con lecitina appena prima di impiattare. Ma anche le altre consistenze dialogano, esse emittenti, esso riceventi, col procedimento della pasta in bianco di Quadrio. Impossibile non intravedere, dietro il disco di Parmigiano da cui si ottengono i cristalli, la galletta che Bottura costruisce separando da un brodo di Parmigiano la parte cremosa e poi facendola rassodare prima in frigo e dopo in forno. Anche i Tortellini con crema di Parmigiano di Bottura sono certamente noti a Quadrio: chef Bottura ottiene la crema frullando Parmigiano e acqua e alzando progressivamente la temperatura. Il piatto si inserisce bene anche nella costellazione delle paste in bianco contemporanee, quella cacio e pepe che si avvicina sempre di più alle Fettuccine Alfredo per la pratica, anche questa tutta contemporanea, di ottenere una cremina di cacio semplicemente sciogliendo il pecorino senza aggiungere olio o burro, mentre la cacio e pepe antica prevede semplicemente la mescola del cacio e del pepe nel piatto col risultato che se la pasta è ben scolata il cacio si ammorbidisce, certo, ma non si liquefà (vedi Tassa, che addirittura lo fa in sala, in un tovagliolo). Cremina è anche quella che si ottiene con la cacio e pepe terminata a tavola direttamente nella forma del formaggio, come fanno ancora al ristorante di Eugenio Peretti oltretutto offrendo una cacio e pepe fatta nella forma di Parmigiano oltre che di Pecorino.
Philippe de Villiers (Getty Images)
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