2025-05-14
A Riad Trump disegna il suo Medio Oriente e apre a turchi e Iran
Donald Trump e Bin Salman
Il presidente: «Non vi daremo più lezioni su come vivere. Vorrei i sauditi negli Accordi di Abramo». Poi leva le sanzioni alla Siria.Donald Trump ambisce a un ruolo: quello di grande pacificatore del Medio Oriente. È questo, in estrema sintesi, il succo del discorso che, ieri pomeriggio, il presidente americano ha tenuto in occasione del Saudi-Us Investment Forum di Riad. L’inquilino della Casa Bianca ha delineato un futuro di prosperità per la regione, facendo riferimento a «una nuova generazione di leader che sta trascendendo gli antichi conflitti e le stanche divisioni del passato e che sta forgiando un futuro in cui il Medio Oriente è caratterizzato dal commercio, non dal caos». «È fondamentale», ha proseguito, «che il mondo intero prenda atto del fatto che questa grande trasformazione non è stata causata dagli interventisti occidentali che volevano darvi lezioni su come vivere o su come avreste dovuto condurre i vostri affari». «Le meraviglie di Riad e Abu Dhabi non sono state create dai cosiddetti nation-builder, dai neoconservatori o dalle organizzazioni progressiste no-profit, come quelli che hanno speso migliaia di miliardi di dollari per poi fallire nel creare sviluppo a Kabul e a Baghdad. Al contrario, la nascita di un Medio Oriente moderno è stata portata avanti dalle stesse persone della regione», ha continuato.Insomma, Trump ha sottolineato di voler impostare il suo rapporto con il Medio Oriente sulla base della Realpolitik e degli interessi commerciali reciproci, anziché sull’esportazione della democrazia. E ha individuato come interlocutore privilegiato il principe ereditario saudita, Mohammad bin Salman, da lui non a caso definito ieri un «uomo incredibile». In questa cornice, nel suo intervento, il presidente americano ha tracciato la propria idea di una «età dell’oro del Medio Oriente», evidenziando innanzitutto la volontà di rilanciare gli Accordi di Abramo. «È mia fervente speranza, desiderio e persino un sogno che l’Arabia Saudita aderisca presto agli Accordi di Abramo», ha dichiarato.Al contempo, il presidente americano ha cautamente teso la mano all’Iran. «Oggi non sono qui solo per condannare le scelte passate dei leader iraniani, ma per offrire loro un percorso nuovo e migliore verso un futuro molto più promettente», ha affermato, per poi tuttavia lanciare un monito agli ayatollah: «Se la leadership iraniana rifiutasse questo ramoscello d’ulivo e continuasse ad attaccare i vicini, allora non avremmo altra scelta che esercitare la massima pressione e azzerare le esportazioni iraniane di petrolio». Da alcune settimane, Washington e Teheran stanno d’altronde conducendo delle trattive sul nucleare. Trump sa benissimo che Israele e Arabia Saudita temono che gli ayatollah si dotino dell’arma atomica. Evitare questo scenario è quindi per lui la precondizione fondamentale per far eventualmente entrare l’Iran in un quadro di stabilizzazione regionale.Ma il presidente americano ha teso una mano anche a Recep Tayyip Erdogan, annunciando la «cessazione delle sanzioni» alla Siria, il cui attuale governo è notoriamente spalleggiato dalla Turchia. Tutto questo, senza trascurare il conflitto israelo-palestinese. «Tutte le persone civili devono condannare le atrocità del 7 ottobre contro Israele», ha sottolineato Trump. Il presidente americano ha anche detto che «la popolazione di Gaza merita un futuro migliore», precisando tuttavia che ciò non potrà accadere «finché i loro leader sceglieranno di rapire, torturare e prendere di mira uomini, donne e bambini innocenti per fini politici».È abbastanza chiaro che il quadro complessivo a cui tende l’inquilino della Casa Bianca è quello di un delicato gioco a incastro: un puzzle sicuramente difficile, ma neanche del tutto impossibile, da comporre. La strategia in cui si sta muovendo è improntata alla logica secondo cui ciascun attore, se vuole ottenere qualcosa, a qualcos’altro deve rinunciare. E, da questo punto di vista, sarà interessante analizzare in che modo si svilupperà il prosieguo del tour mediorientale di Trump, che deve recarsi ancora in Qatar ed Emirati Arabi Uniti. Non è neanche del tutto esclusa una sua tappa, giovedì, in Turchia, per presenziare, insieme a Marco Rubio, ai colloqui tra ucraini e russi (ciononostante, ieri, fonti della Casa Bianca riferivano alla Cnn che il viaggio a Istanbul avverrebbe solo in caso dovesse essere presente anche Vladimir Putin).Ecco, in questo disegno complessivo, l’Arabia Saudita rappresenta, per Trump, un attore centrale. Ieri mattina, l’inquilino della Casa Bianca è arrivato a Riad, dove è stato accolto con tutti gli onori da Bin Salman. Nell’occasione, i due leader hanno firmato una serie di accordi riguardanti vari campi, tra cui cooperazione militare, spazio, energia e sanità. In particolare, Washington ha reso noto che l’Arabia Saudita si è impegnata a investire un totale di 600 miliardi di dollari negli Usa. La Casa Bianca ha anche fatto sapere che «gli Stati Uniti e l'Arabia Saudita hanno firmato il più grande accordo di vendita di prodotti per la Difesa della storia, per un valore di quasi 142 miliardi di dollari, che fornirà all'Arabia Saudita equipaggiamenti e servizi bellici all’avanguardia da oltre una dozzina di aziende della difesa statunitensi». I due Paesi hanno inoltre concordato di cooperare nel settore minerario, mentre significativa attenzione è stata altresì conferita al comparto tecnologico. Innanzitutto sono stati stabiliti 80 miliardi di dollari d’investimenti in entrambi i Paesi da parte di Google, DataVolt, Oracle e Salesforce. Inoltre, lunedì scorso, Bin Salman aveva avviato una nuova società per lo sviluppo dell’intelligenza artificiale in Arabia Saudita. Probabilmente non a caso, Trump, ieri, era accompagnato da vari esponenti del settore tech statunitense, come Elon Musk a Sam Altman.Il Medio Oriente rappresenta, per il presidente americano, un punto d’accesso privilegiato al Sud Globale. Quel Sud Globale che, in termini d’influenza geopolitica, Trump è deciso a strappare alla Cina. È dunque questo l’obiettivo ultimo in cui va inserito il discorso pronunciato ieri, a Riad, dall’inquilino della Casa Bianca.
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