2020-02-02
A qualcuno il virus ha risolto i guai
Il clamore mediatico dell'infezione distoglie l'attenzione dalle grane del governo, Donald Trump beneficia della crisi di Pechino, che a sua volta ha «sciolto» il nodo Hong Kong.Nessuno ha la sfera di cristallo e quindi è persino possibile che il coronavirus che sta ossessionando il mondo non si riveli una replica di Sars, peste suina, aviaria, eccetera eccetera: tanto rumore per (quasi) nulla. Ma nell'attesa di verificare se questo casino planetario si risolverà nell'Armageddon oppure nell'ennesimo Bengodi per le aziende farmaceutiche e i produttori di mascherine più o meno farlocche, due o tre considerazioni sul cui prodest magari è lecito farle. Di sicuro il «virus da trattare come la peste o il colera» (ministro Speranza dixit) non dispiace al governo italiano retto da Zelig-Giuseppi. Stringiamoci tutti a coorte di fronte alla fine del mondo in arrivo e non pensiamo al crollo del Pil, alla Whirlpool che chiude, all'Ilva che boccheggia, alla maggioranza più ridicola della pur competitiva (nel campo) storia d'Italia, ai grillini allo spiedo, alle concessioni autostradali con contorno di sardine in maglia Benetton, all'abolizione della prescrizione che fa schifo perfino ai magistrati. Petto in fuori e ciuffo al vento, ci si può gloriare di essere all'avanguardia nelle misure più draconiane nei confronti della minaccia sanitaria e, nello stesso tempo, coerentemente fustigare i cittadini che si preoccupano: «Niente allarmismo». Un capolavoro. Ma pure in Francia, nei palazzi si stappa champagne. Da mesi c'è la gente in piazza a contestare sua maestà Macron. Ecco, adesso avranno meno voglia di fare cortei a rischio contagio. C'è un altro nemico da combattere: Allons enfants… Idem nell'Iran degli ayatollah, usciti a pezzi dallo scontro con gli Usa, alle prese con problemi vecchi (rivolte di popolo ben prima della morte di Soleimani) e nuovi (la faccenduola dell'aereo abbattuto per sbaglio), ma ora con un formidabile alleato: coprifuoco antivirale e non se ne parli più. Si frega le mani pure Trump: nel braccio di ferro commerciale con la Cina, miglior aiuto non poteva avere. Avversario indebolito politicamente dai sospetti del mondo (colpevole silenzio per un mese, seguito da reazione show quasi più inquietante della reticenza iniziale) ed economicamente dalle oggettive conseguenze di un'emergenza tanto clamorosamente enfatizzata. Pechino, peraltro, si può consolare con Hong Kong, dove i milioni per le strade a invocare più democrazia sono stati dispersi: il virus ha avuto successo là dove idranti, manganelli e persino pistole finora avevano fallito.L'elenco dei beneficiati dal morbo misterioso (che al momento in tutto il mondo ha fatto molti meno morti di quanti ne provochi ogni anno in Italia la consueta influenza stagionale) potrebbe continuare a lungo. Ma i primi della lista, quelli che proprio non si possono non menzionare, sono i media. Tv e giornali sguazzano felici da giorni tra ospedali, mercati di polli e serpenti, aeroporti militarizzati, hotel falsamente infetti, navi bloccate, quarantene da raccontare via Whatsapp, virologi da intervistare. Tutti beatamente sollevati dalla teorica necessità di cercare notizie, tutti a cavalcare il terrore, salvo poi indignarsi come un sol uomo se qualcuno li prende sul serio e si tiene alla larga dagli asiatici. «Razzisti, razzisti». Che spettacolo! Ce ne vorrebbe uno all'anno di coronavirus così.