2020-08-29
«A Piombino con Jindal va in scena lo stesso copione dell’ex Ilva»
L'imprenditore Diego Penocchio vittima di un contenzioso con Jsw: «L'Italia finirà per inginocchiarsi».Diego Penocchio è il proprietario del gruppo industriale Ormis, che produce macchinari e impianti per le acciaierie e l'industria. Nel 2012 la multinazionale indiana Jsw steel (guidata da Sajjan Jindal) gli ha assegnato un contratto pluriennale per la realizzazione di un grande stabilimento idoneo a produrre impianti e macchinari siderurgici. Ormis avrebbe dovuto trasferire il suo know how e accompagnare Jsw per sei anni. Ma Jws, dopo il completamento dello stabilimento, decise di rescindere il contratto, aprendo un contenzioso da 7,5 milioni di euro che ha messo in ginocchio Ormis, obbligandola a chiedere un concordato. Dopo un anno e mezzo di trattative Jsw ha riconosciuto a Ormis 1 milione di euro.Penocchio, cominciamo dalle ultime notizie: sembra più di una indiscrezione l'imminente nuova posizione di Marco Carrai, che alcuni quotidiani hanno fatto trapelare.«Solo un cieco può non vedere quanto sia inquietante la nomina annunciata di Carrai come ad di Jsw steel Italy. È l'ultimo gradino di una scalata senza ostacoli, che sembra rappresentare il consolidamento di un “affaire" tra il debolissimo governo italiano (già ai tempi di Matteo Renzi e poi Paolo Gentiloni) e il gruppo Jindal, la cui conclusione sarà la distruzione anche del secondo polo siderurgico italiano. Gli indiani non stanno mantenendo gli accordi di programma, 1.700 dipendenti sono in cassaintegrazione. Se ne andranno ancora una volta, senza pagare dazio».Rivedremo lo stesso copione dell'ex Ilva?«Credo di sì, Piombino è destinato a essere la fotocopia della vicenda Ilva: gli indiani vanno avanti come carri armati, e all'Italia non resta che inginocchiarsi. Carrai, storico consigliere di Renzi, è un uomo di relazioni, legato agli intrecci della grande economia, e pare essere un invincibile apripista, anche se non mi sembra per gli interessi del nostro Paese. È stato prima advisor di Jindal per l'acquisizione della ex Lucchini Aferpi, poi membro del cda di Jsv steel Italy, e nulla è cambiato neppure quando lo scorso anno è finito fra gli indagati nell'inchiesta sulla Fondazione Open. Intanto si prefigura l'intervento della Cassa depositi e prestiti anche per il polo toscano, cioè la strada già tracciata per Taranto. La Cdp finirà prosciugata e l'Italia senza acciaierie nazionali. Eppure regna l'indifferenza, con il solo condimento di dichiarazioni e proclami».Come ha conosciuto Jindal?«Ho conosciuto Sajjan Jindal nel 2012, è un uomo di grande carisma e intelligenza. Ha visitato Ormis e insieme abbiamo varato il progetto per realizzare un grande stabilimento all'interno del suo più importante centro siderurgico da 12 milioni di tonnellate all'anno, in Vijeianagar, a Bellary».Poi che cosa è cambiato?«Per la prima volta nella mia attività di imprenditore, mi sono fidato della parola data anziché procedere in punta di contratto. Ma quando serviva il suo intervento, Jindal si è reso irreperibile e ha mandato un plotone di manager che hanno eretto un muro di gomma per oltre un anno e mezzo».Le istituzioni non hanno fatto nulla?«Nel periodo del contenzioso Jindal era in lizza per acquisire l'Ilva di Taranto e mi venne consigliato di cercare una soluzione pacifica. Provai tutte le strade: il ministro degli Esteri Angelino Alfano mi mise in contatto con l'ambasciatore a Delhi; poi incontrai a Roma il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Sandro Gozi, chiesi la sua intercessione per parlare con Carlo Calenda e Luigi Di Maio. Alla fine fu respinta ogni richiesta di colloquio. Ho incrociato anche i tormenti di Piombino, con il quale Ormis nel 2008 aveva stipulato un contratto per oltre 25 milioni di euro, finito anche questo in contenzioso per pagamenti non avvenuti. Dal 2018 Piombino è di Jindal, e io “devo" avere ancora fiducia che il contratto venga onorato».Piombino sarebbe ancora strategica per l'Italia?«Di interessante c'è la parte di laminazione e in particolare l'impianto che produce le rotaie. L'investimento per installare forni elettrici nel sito sarebbe importantissimo».Ma ora non verrà presentato a breve il piano industriale?«Lo dicono da anni. Ma pare che neppure i fornitori vengano pagati. Credo sia una chimera che il gruppo Jsw onori gli accordi presi: non ci sarà nessun forno elettrico e a Piombino non si produrrà più acciaio. Stefano Patuanelli pensa all'ingresso dello Stato? Sembra un film già visto, purtroppo».