2022-08-07
A Firenze la crisi idrica non c’è. E allora Nardella se la inventa
Il sindaco lancia l’allarme «così non si abbassa la guardia». Una forma di «educazione» che sa di demagogia. E la vera emergenza diventa lo stato di allerta permanente e non una carenza di acqua che nessuno ha visto.Il problema del pedagogismo è da sempre il medesimo: chi ha educato chi mi vorrebbe educare? Quando il maestro è riconosciuto, tutti chiedono di essere allievi. Quando si tratta invece di ammaestrare le masse, l’educazione ti viene impartita senza dirtelo. E così il Comune di Firenze dichiara l’emergenza idrica anche se l’emergenza non c’è, «per non abbassare la guardia». Grazie a Dario Nardella possiamo riflettere su come la prossima pietanza della grande agenda mondiale ci verrà somministrata. La chiave di tutto sta nell’inversione: non bisogna «tenere alta la guardia» per non sprecare acqua ma bisogna dire che c’è siccità proprio per «non abbassare la guardia». È il costante stato di allerta, l’emergenza, non il fatto che non ci sia abbastanza acqua per i campi. Ogni tanto ci si imbatte negli ingenui ed è proprio loro che bisogna ringraziare, perché si lasciano scappare la verità sperando che nessuno se ne accorga. Come per il Covid, anche la grande questione del «riscaldamento globale» non può essere affrontata nel merito: gli scienziati, essendo un clero, non accettano le opinioni dei profani e se a contestare sono dei premi Nobel, allora sono diventati matti e se poi si scopre che avevano ragione i sempliciotti, allora si fa finta di niente e si dice che «il contesto è cambiato». Più difficile è, invece, contestare le obiezioni logiche, quelle che chiunque dotato di ragione può e deve avanzare nei confronti della Narrazione. Perché Greta protesta, visto che sono tutti d’accordo con lei? Perché Greta attacca quelli che fanno quello che dice lei ma non parla con quelli che non lo fanno? E passando a questioni più serie: in cosa consisterebbe esattamente quell’insieme di novità rivoluzionarie senza le quali moriremo tutti e l’umanità si estinguerà? E se davvero il rischio è l’estinzione, perché è necessario il marketing per convincere la gente quando invece, se ci sono da mandare un po’ di armi a una nazione amica, le si manda subito e senza consultare nessuno? Malgrado la retorica green sia ormai ampiamente presente nel discorso pubblico, non si capisce con precisione cosa bisognerebbe fare per scongiurare l’apocalisse climatica. A parte i vaghi accordi, ciclicamente rinnovati e che non impegnano nessuno, a «diminuire le emissioni», i governi stanno iniziando solo ora a prendere decisioni per cercare di combattere il riscaldamento climatico. Tra iniziative puramente simboliche come i nostri ecobonus o gli incentivi per comprare l’auto elettrica - brava Greta, missione compiuta! -, negli Usa stanno discutendo un primo reale pacchetto di norme sul clima. Se i Democratici riescono a far passare il Climate bill, gli Stati Uniti si impegneranno a tagliare le emissioni di anidride carbonica, misurate sui valori del 2006, del 40% entro il 2030. Secondo «gli esperti» ciò non sarebbe sufficiente ad impedire la catastrofe, non solo perché l’obiettivo indicato sarebbe il taglio del 50% di tutte le emissioni del pianeta ma, soprattutto, perché senza l’adesione a tale politica di riduzione da parte di Cina e India, lo sforzo degli Stati Uniti, e dell’Europa se anche noi ci adegueremo, sarebbe insufficiente. Pare evidente che se la reale questione è la salvezza del pianeta e della specie umana, e se tale salvezza può essere ottenuta soltanto se tutti si adeguano alle politiche sul taglio delle emissioni ma solo alcuni lo fanno, o basta lo sforzo di Stati Uniti ed Europa che quindi pagano per tutti e salvano la razza umana da soli, oppure questi sforzi non sono sufficienti e quindi sono solo un atto simbolico prima dell’estinzione. Una specie di immolazione woke per nichilisti. Ma forse si tratta di altro, forse l’innalzamento delle temperature, che per molti scienziati sarebbe ciclico e non influenzabile dall’uomo, viene sfruttato per un altro fine: il cambio di paradigma produttivo. Del resto il World Economic Forum parla apertamente di nuova rivoluzione industriale green basata sulle nuove fonti di energia e sulle nuove tecnologie che andranno a sostituire lo schema novecentesco di produzione fondata sui combustibili fossili. Nuove strutture produttive, nuove fonti energetiche, nuove catene di smaltimento, nuove modalità di produzione e nuovi consumi per un nuovo tipo di uomo che dovrà fare il favore di adattarsi a tutto ciò. Purtroppo, come sempre nelle rivoluzioni industriali, qualcuno ci guadagnerà moltissimo e tanti perderanno tutto, ecco perché è necessario instillare il senso di colpa generalizzato, per far sì che i sacrifici richiesti vengano percepiti come necessari e inevitabili. La tua fabbrica chiude perché produceva troppa anidride carbonica, mi spiace ma era necessario, adesso tu puoi portare in giro il cibo in bicicletta. Sarà come sempre una «questione di giustizia», ecco perché si sta introducendo nella narrazione il singolare concetto di «giustizia climatica»: per poter imputare a qualcuno la colpa del fatto che fa caldo. Una sorta di rivalutazione della danza della pioggia in salsa giacobina: c’è troppo caldo perché non fai quello che ti diciamo, non compri quello che ti consigliamo e non voti quello che ti indichiamo. Intanto cadono le foglie.