2019-09-15
Dopo le moine si fa sul serio. E la flessibilità si allontana
Roberto Gualtieri chiude il suo primo Ecofin esultando: «Investimenti verdi fuori dal deficit». Peccato che Valdis Dombrovskis, tutore di Paolo Gentiloni, e il collega tedesco lo abbiano subito riportato all'ordine: «Vedremo, rispettare i vincoli di bilancio». La flessibilità resta un sogno. Hanno parlato del tempo. Con la generica gentilezza che si dedica a un cugino tollerato, i vecchi marpioni dell'Ecofin riuniti a Helsinki hanno intrattenuto il neoministro dell'Economia, Roberto Gualtieri, lo hanno lusingato apprezzando la svolta politica italiana (peraltro orchestrata da Bruxelles) e lo hanno congedato strappandogli una rassicurazione: anche l'Italia entrerà ufficialmente a far parte del club dei fans di Greta Thurnberg. Non un numero sul deficit, non una parola di apertura sulla flessibilità; solo convenevoli rivenduti mediaticamente ad uso interno in cambio dell'impegno «a unirsi alla coalizione dei ministri delle Finanze» Gualtieri dixit, «per la lotta al cambiamento climatico dalla quale l'Italia era fuori».Nei due giorni di minuetti tutto è ruotato attorno al «green new deal», unico argomento sul quale l'Eurogruppo si è sbilanciato nonostante le sollecitazioni della delegazione italiana. «Ai miei colleghi ho detto che una manovra restrittiva sarebbe controproducente e stiamo lavorando per collocarla nel quadro di una più generale e appropriata fiscal stance dell'area euro». Traduzione dal politichese: Gualtieri ha chiesto maggiore flessibilità all'interno di un sistema in contrazione (vedi la crisi tedesca) insistendo sugli investimenti fuori dal patto di stabilità, esattamente come prevedeva il dossier economico del primo governo Conte. E ha aggiunto «la disponibilità ad approfondire forme per proteggere gli investimenti legati all'azione per il clima». Di fatto ha chiesto che questi denari vengano scorporati dal deficit. Risposta: «Ni». Valdis Dombrovskis, il falco lettone vice presidente esecutivo Ue, ha semplicemente detto: «Su flessibilità specifiche dobbiamo fare un'analisi approfondita. Nessuna conclusione adesso, dipende in che stadio economico si trova l'Italia». Per ora l'Europa - al di là del marketing politico a favore di un esecutivo turboeuropeista, quindi meno antipatico dei sovranisti euroscettici - non accenna a fare sconti. Un rumore di fondo è arrivato da Carlo Cottarelli, che non può certo essere considerato leghista, ma che su Twitter ha commentato: «Gli investimenti pubblici (verdi e non) servono. Ma si è aumentata già la spesa corrente, la si vuole aumentare ulteriormente e si vogliono pure tagliare le tasse. Speriamo di non restare al verde».Gualtieri, per ora noto soltanto per una performance musicale in tv (ha suonato Bella ciao in versione bossanova con la chitarra), ha promesso un accordo sulla Tobin tax entro ottobre ed è stato costretto a precisare: «È ovvio che questo governo si batte all'interno delle regole, che comprendono anche il pieno uso della flessibilità come chiesto da alcuni gruppi politici e come detto dalla presidente Ursula von der Leyen». In conferenza stampa il ministro ha dovuto mitigare gli entusiasmi e ha di fatto ammesso lo stallo sottolineando che «c'è poi il dibattito sulle regole, ma sono due questioni distinte e come tali vanno trattate». Non un grande inizio, gli entusiasmi sono già evaporati e l'effetto Gentiloni (che non ha ancora preso possesso dell'ufficio) è tutto da verificare. A Helsinki non si è notata alcuna apertura a un cambio di regole del Patto di stabilità. La Francia e la Germania non lo vogliono. Parigi è contraria perché comunque bypassa gli accordi da anni senza pagare pegno, Berlino non intende ridurre il suo surplus commerciale extraparametri (stigmatizzato anche Mario Draghi). Dombrovskis ha chiuso la discussione sul tema flessibilità con parole definitive che anticipano temporali: «C'è preoccupazione per un rallentamento globale della crescita, ma la politica monetaria non può fare tutto da sola. Chiediamo a chi ha spazio di bilancio di investire e a chi deve rafforzarsi di fare le riforme». Come si suol dire, ogni riferimento a Germania e Italia è del tutto voluto.La situazione è molto meno rosea rispetto alla narrazione governativa, anche se Gualtieri si è affrettato ad annunciare ai colleghi che la Flat tax è incenerita e che Quota 100 andrà a morire in tre anni. Ha dovuto anche ammettere, suscitando i sorrisi dei colleghi economisti, che «i 18 miliardi di privatizzazioni del primo governo Conte sono una cifra irrealistica». A nessuno è sfuggito il senso comico della surreale capriola politica.Per comprendere lo scenario realistico è sufficiente lasciare le parole volatili di Gualtieri al loro destino (il «no a una manovra restrittiva» non ha impressionato nessuno) e soffermarsi su quelle dei suoi interlocutori. Incamerata la diffidenza di Dombrovskis, ecco il ministro delle Finanze tedesco Olaf Scholtz: «Il governo italiano adesso è estremamente proeuropeo, penso che questa sia una buona base per un lavoro comune e per far sì che le regole concordate di politica finanziaria e di bilancio siano rispettare». Mario Centeno, presidente portoghese dell'Eurogruppo: «Crediamo che l'Italia abbia sempre rispettato le regole di bilancio, speriamo che continui. C'è l'impegno del nuovo governo proeuropeo». Anche se siete amici fate i compiti a casa, per bigiare c'è tempo.
Jose Mourinho (Getty Images)