2023-11-09
Si tratta: 12 ostaggi per tre giorni di tregua
Il pressing Usa per uno stop alle ostilità prosegue, nonostante le difficoltà. Hamas apre ma rilancia chiedendo la liberazione dei miliziani. La Casa Bianca vuole le prove che i prigionieri siano vivi. Guido Crosetto: «Inviamo la nave ospedale e l’Arma per mediare».Da un lato il desiderio, oltre che necessità, di ottenere una tregua umanitaria. Dall’altro la cruda realtà che sta imponendo la guerra nella Striscia di Gaza. È la doppia faccia della medaglia della diplomazia americana che in questi giorni si sta muovendo all’interno dell’intricato scenario del Medio Oriente.Nella serata di martedì scorso, il presidente Joe Biden avrebbe infatti telefonato in prima persona a Benjamin Netanyahu, chiedendo di interrompere le operazioni militari per tre giorni in modo tale da consentire l’apertura di corridoi umanitari, l’ingresso di aiuti, ma soprattutto l’avanzare della trattativa in corso tra Usa, Israele e Qatar per il rilascio degli ostaggi prigionieri di Hamas. Ieri, da Tokyo dove è in corso il G7, è intervenuto Antony Blinken, dicendo che «tutti vogliono interrompere questo conflitto il prima possibile e nel frattempo ridurre al minimo le sofferenze dei civili. Ma coloro che chiedono un cessate il fuoco immediato hanno l’obbligo di spiegare come affrontare il risultato inaccettabile che probabilmente comporterebbe». Parole, quelle del segretario di Stato americano, facilmente traducibili in «finché ci sarà Hamas la guerra va avanti». Lo stesso Netanyahu, seppur abbia aperto a «piccole interruzioni tattiche», ha ribadito l’impossibilità di un cessate il fuoco fino a quando non saranno stati liberati tutti gli ostaggi.I colloqui in tal senso si sono svolti per tutta la giornata di ieri, con la Bbc che ha rilanciato la notizia secondo cui un eventuale accordo garantirebbe la liberazione di 12 ostaggi, di cui sei americani, in cambio di uno stop ai combattimenti di 72 ore. Nel pomeriggio anche dall’Egitto era filtrato ottimismo circa il raggiungimento di un’intesa per una pausa umanitaria a Gaza e il conseguente rilascio di alcuni ostaggi, ma l’accordo al momento resta lontano, soprattutto per quanto riguarda la durata della tregua e per via della situazione sempre più complicata nel Nord della Striscia dove sono in corso violenti scontri tra l’esercito di Tel Aviv e i miliziani. Ma anche perché Hamas non ci sta e chiede di più. Oltre alla tregua, il gruppo terrorista pretende di inserire nella trattativa anche lo scambio di prigionieri palestinesi detenuti nelle carceri israeliane, come riferito dal portavoce delle brigate al-Qassam: «L’unica ed evidente strada per la liberazione degli ostaggi è un accordo che preveda lo scambio di prigionieri totale o parziale», ha detto Abu Obeida alla televisione pubblica israeliana Kan. «Se Hamas è interessata a rilasciare gli ostaggi, dovrebbe farlo», ha risposto il vice portavoce del Dipartimento di Stato americano Vedant Patel. Un altro ostacolo alla trattativa, sottolineano dalla dalla Casa Bianca, è la mancanza di prove che gli ostaggi siano ancora vivi. Il portavoce del Consiglio per la sicurezza nazionale, John Kirby. ha affermato che però «non ci sono nemmeno indicazioni del contrario» e che «la liberazione degli ostaggi rimane la principale priorità di dell’amministrazione Biden».Intanto, prosegue il lavoro coordinato dell’intelligence israeliana con quella americana. Secondo quanto riferito dal portavoce dell’esercito israeliano, Daniel Hagari, l’Idf sta lavorando insieme al direttore della Cia, Bill Burns, a un piano per liberare gli ostaggi. È dal Libano invece che può arrivare il contributo italiano. A confermarlo è stato Guido Crosetto, intervenuto ieri alla presentazione del calendario storico 2024 dell’Arma dei carabinieri. Il ministro della Difesa ha detto che «la più potente nazione al mondo (Stati Uniti, ndr) ci ha chiesto l’aiuto dei carabinieri per parlare e mediare coi palestinesi. Un ruolo fondamentale riconosciuto al nostro Paese attraverso il lavoro di persone che in questi anni hanno lavorato servendo lo Stato». Riferimento ai militari italiani impegnati nella missione Miadit per l’addestramento delle forze di sicurezza palestinesi. Ma non solo. Un altro aiuto concreto dal governo italiano consiste nell’allestimento di un ospedale da campo a bordo di una nave della Marina Vulcano partita ieri da Civitavecchia in direzione Gaza.Appelli per il raggiungimento di una tregua umanitaria sono arrivati nelle ultime ore anche da gran parte del mondo occidentale. Dal Canada il primo ministro, Justin Trudeau, ha chiesto «una significativa pausa umanitaria». Da Strasburgo, dove era in corso un dibattito nella plenaria del Parlamento europeo, il presidente del Consiglio Ue, Charles Michel, ha detto che «più la situazione peggiora, più sarà difficile lavorare per una pace duratura in futuro» e che «un assedio totale non è in linea con il diritto internazionale», chiedendo l’apertura di corridoi umanitari. Michel ha infine aggiunto di aver «sempre incoraggiato Netanyahu a istituire pause umanitarie» e che «l’Europa deve essere ossessionata dalla pace e dalla soluzione a due Stati». In plenaria è intervenuta anche Ursula von der Leyen. La presidente della Commissione europea ha parlato di post guerra, affermando che «il territorio di Gaza non può essere amputato o ridotto in alcun modo» e che «non dovrà esserci nessuno spostamento forzato di palestinesi da Gaza». Sulla stessa linea anche la Casa Bianca, da dove ha parlato il portavoce del Consiglio di sicurezza nazionale, John Kirby, secondo cui «dopo il conflitto a Gaza non ci dovrà essere né Hamas, né Israele».Diplomazia al lavoro anche dal Vaticano. Nel corso dell’udienza generale papa Francesco ha rivolto l’ennesimo appello di pace: «Pensiamo al popolo palestinese e israeliano. Che il Signore ci porti a una pace giusta. Si soffre tanto, soffrono i bambini, gli ammalati, i vecchi e muoiono tanti giovani. La guerra è sempre una sconfitta. Non dimentichiamolo», ha detto il Pontefice.
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