
Il governatore invia gli ispettori alla Usl di Padova per velocizzare le pratiche, dopo la richiesta di un paziente. Pesano le sue convinzioni in materia, ma soprattutto i precedenti della magistratura in caso di mancata azione.«Serve una legge nazionale sul fine vita». Lo va ripetendo da tempo, Luca Zaia, che dall’osservatorio della Serenissima vede profilarsi leggi regionali monche (Toscana ed Emilia-Romagna), trappole radicali evitate per un pelo (Lombardia e lo stesso Veneto), accelerazioni e frenate, mentre il Parlamento si muove con il passo della tartaruga. Soprattutto Zaia ha davanti a sé la sentenza del 2019 della Corte Costituzionale ribadita nel 2023, impugnabile da qualsivoglia Procura per mordere i polpacci alle istituzioni non allineate. Il governatore invitava Montecitorio ad accelerare anche perché sperava di evitare ciò che gli sta capitando in questi giorni: gestire un nuovo caso che rischia di deflagrargli sulla scrivania.Il paziente si chiama Roberto, ha 67 anni, è di Padova, dal 2006 è costretto a convivere con un glioma diffuso (un tumore cerebrale) e cinque mesi fa ha chiesto all’Usl Euganea di poter accedere al suicidio medicalmente assistito. È stato avviato alle cure palliative, ha accettato di sottoporsi alla terapia ma non ha cambiato idea sul suo fine vita. Ad assisterlo e a far calare su lui la lunga ala grigia è ancora una volta l’Associazione Luca Coscioni con il suo portavoce Marco Cappato, da tempo punta di lancia per arrivare a legalizzare l’eutanasia in Italia. La strategia è sempre la stessa: spettacolarizzazione del caso, pressione politico-mediatica, sventolio della sentenza della Consulta davanti a una classe politica fragile e indecisa. Il caso di Roberto da Padova è la nuova bandiera, la Commissione medica lo ha visitato una settimana fa ma le pressioni per accelerare l’iter del suicidio sono sempre più forti. Zaia ne avverte il peso e ha inviato gli ispettori alla Usl di Padova per velocizzare la pratica. «I nostri direttori generali hanno l’obbligo di rispondere velocemente al malato terminale che chiede di essere valutato dal Comitato bioetico, non possono tenerlo in balìa del tempo», ha spiegato al Corriere del Veneto. «Se un paziente arriva a chiedere il suicidio assistito, immaginate in che condizioni è. Gli ispettori hanno compiuto una ricostruzione millimetrica dei diversi passaggi delle carte, un combinato disposto tra fine anno, la nomina del Comitato bioetico e altro».Il direttore generale della Sanità regionale Massimo Annicchiarico ha anche inviato una lettera di richiamo al numero uno dell’Usl Euganea, Paolo Fortuna, nella quale «si evidenza la necessità di prendere in carico rapidamente ogni richiesta e di dare una risposta altrettanto velocemente». Finora le richieste ufficiali di suicidio assistito in Veneto sono state sette dal 2019 (una all’anno), quattro delle quali respinte per deficit di requisiti, tre portate avanti e due concluse con la pillola letale. Da un anno è scaduto il Comitato regionale di bioetica e non è ancora stato rinnovato. Secondo Cappato i meccanismi della «fabbrica della buona morte» sono ancora troppo lunghi, la produttività del servizio sanitario nazionale langue, tempi e metodi dovrebbero essere migliorati; brividi lungo la schiena. Tutto questo anche se l’iter appare complesso e va verificata l’esistenza dei quattro pilastri della Consulta: patologia irreversibile, provate sofferenze fisiche o psicologiche intollerabili, dipendenza da trattamenti di sostegno vitale e soprattutto libera capacità di autodeterminazione. Senza dimenticare che - e non pare un dettaglio per il medico che deve intestarsi l’operazione - l’eutanasia in Italia è proibita dalla legge.Va aggiunto che il Consiglio regionale del Veneto il 16 gennaio scorso ha bocciato la proposta di legge di iniziativa popolare sul fine vita dell’associazione Luca Coscioni attraverso il comitato «Liberi Subito». Ma Zaia ha la fretta della lepre e annuncia una circolare tecnica per spiegare alle Usl le modalità d’intervento. I motivi dell’accelerazione sono due. Il primo è la sensibilità personale sul tema. Più volte il governatore ha sottolineato che «bisogna andare oltre le cure palliative, i pazienti che chiedono l’accesso al fine vita non ne fanno una questione di dolore ma di dignità». Il secondo è il timore che qualche Procura possa interessarsi del problema e, ancora una volta, sostituirsi ai rappresentanti dei cittadini eletti per imporre a colpi di inchieste ciò che il legislatore non ha codificato. L’ipotesi viene fatta balenare dalla consigliera regionale di «Veneto che vogliamo» (sinistra con cappello civico) Elena Ostanel: «Zaia riferisca subito in aula la verità sul fine vita. Mi chiedo che rispetto ci sia per i pazienti. E come mai sul caso di Roberto ci sia un mancato rispetto della sentenza della Corte Costituzionale».Al di là delle scelte venete e delle pressioni dei Cappato boys, su un tema etico di enorme portata come questo deve muoversi il Parlamento, magari non con calma olimpica. Lo sta facendo al Senato con il testo elaborato in Commissioni Affari Sociali e Giustizia, firmato da Ignazio Zullo (Fdi) e Pierantonio Zanettin (Forza Italia). Arriverà prima la lepre spaventata dai pm o la tartaruga istituzionale? La risposta, forse, 2.500 anni e rotti dopo Esopo.
Giulia Buongiorno (Ansa)
La proposta è rimandata per supplementi di indagine. Giulia Bongiorno: «Scriverla bene».
«C’era un accordo politico importante, alla Camera c’è stato un voto unanime su questa legge, i massimi vertici dei gruppi parlamentari si erano stretti la mano e ciò ora significa che stringersi la mano con questa destra non vale niente perché all’ultimo momento si può tornare indietro, smentendo addirittura un voto unanime del parlamento. E hanno deciso di farlo proprio oggi, il 25 novembre (giornata internazionale contro la violenza sulle donne, ndr)». È uscito dalla commissione Giustizia del Senato sbraitando che la destra ha stracciato l’accordo sul ddl stupro, il senatore di Italia viva Ivan Scalfarotto.
Nel riquadro la produttrice Giulia Maria Belluco (iStock)
La produttrice di «C14» Giulia Maria Belluco spiega: «Ci abbiamo messo cinque anni per scrivere la sceneggiatura. Le riprese saranno girate l’anno prossimo tra Veneto e Alto Adige». Si cercano ancora due attori internazionali...
Nasce in Veneto un film, C14, sulla Sacra Sindone, la più importante reliquia della cristianità, la cui storia è trapunta di dispute per verificarne scientificamente l’autenticità. Una nota ricerca britannica del 1988 con il radiocarbonio-14 la datò tra il 1260 e il 1390, negando che sia il sudario che ha avvolto il volto di Cristo. Analisi successive, tuttavia, hanno confutato tale risultato, come quelle del professor Giulio Fanti, dell’università di Padova, consulente della sceneggiatura, intervistato dalla Verità il 14 novembre 2024. La produttrice del film è Giulia Maria Belluco, 35 anni, nata a Treviso. Vive a Bassano del Grappa (Vicenza) ed è titolare della EriadorFilm. «L’ho acquisita nel 2023» spiega «con l’obiettivo di portarla sul mercato internazionale attraverso collaborazioni con Paramount, Discovery, Magnolia, Hallmark con le quali abbiamo fatto co-produzioni e produzioni esecutive qui in Italia. Una delle più viste è quella sulla famiglia Stallone, girata tra Puglia e Lazio».
Pier Paolo Pasolini (Getty Images)
Oggi il discusso evento sui lati conservatori del grande scrittore. La sinistra grida alla lesa maestà, eppure ha avallato per anni ricostruzioni farlocche sulla sua morte, al fine di portare avanti astruse piste politiche. E il vero vilipendio è proprio questo.
Il convegno su Pier Paolo Pasolini organizzato da Fondazione Alleanza Nazionale e dal Secolo d’Italia che si terrà oggi pomeriggio a Roma, il cui fine - come da titolo: «Pasolini conservatore» - è quello di dibattere (con il contributo di numerosi relatori tra cui il critico letterario Andrea Di Consoli, certamente non vicino alla destra politica) gli aspetti dell’opera e del pensiero pasoliniani che appaiono in conflitto con la sua area ideologica di appartenenza, quella comunista, è vissuto dalla sinistra italiana letteralmente come un sacrilegio. Nonostante dai curatori dell’evento sia già stato chiarito in tutte le maniere possibili che scopo del convegno è unicamente promuovere una discussione, senza nessuna volontà di «annettere» PPP - operazione che non avrebbe d’altronde senso alcuno - al pantheon culturale della destra, a sinistra si è addirittura giunti a gridare alla «profanazione», come fatto ieri, a botte di gramscianesimo mal digerito, dal professor Sergio Labate sul quotidiano Domani.
Gaia Zazzaretti prima e dopo il vaccino (iStock)
L’ex karateka Gaia lo sente in tv e sceglie di porgere il braccio. Poi, la malattia neurologica. Ma la virostar nega il nesso.
È vero che non se ne può più di «burionate». Ma come si può passare sotto silenzio gli ultimi post della virostar più famosa d’Italia, mentre continua a disinformare e contemporaneamente ridicolizzare persone danneggiate dal vaccino anti Covid chiamandoli #sorciscemi, senza alcun rispetto anche del diritto, di tutti noi, a essere informati correttamente su questioni che riguardano la salute, specie da chi dovrebbe avere, come lui, il dovere di dare informazioni corrette?






