2024-10-22
Indagato l’agente che ha ucciso l’africano col coltello per legittima difesa
Da valutare se ci sia stato «eccesso colposo». Salvini: «Ha fatto il suo dovere». La diocesi di Verona fa la veglia per l’immigrato. All’alba di domenica, alla stazione Porta Nuova di Verona, un immigrato maliano di 26 anni, privo di permesso di soggiorno, ha aggredito diverse persone, tra cui una pattuglia di vigili urbani, che hanno dovuto chiamare rinforzi: l’uomo, già noto alle forze dell’ordine per spaccio di droga, era armato di coltello e in evidente stato di alterazione psicofisica. Quando la polizia ferroviaria ha tentato di identificarlo, Moussa Diarra (questo il suo nome) è diventato ancora più minaccioso, costringendo un agente a esplodere tre colpi di pistola: uno di questi ha raggiunto il maliano al petto, risultando fatale. Nonostante i tentativi fatti dal poliziotto per tenerlo in vita, l’immigrato è deceduto. Ieri, nel frattempo, l’agente che ha sparato all’africano è stato inserito nel registro degli indagati. Si tratta di un atto dovuto nell’ambito dell’inchiesta, condotta dalla Procura di Verona, che deve stabilire l’esatto svolgimento dei fatti. L’ipotesi al vaglio degli inquirenti è quella di eccesso colposo di legittima difesa, previsto dall’articolo 55 del codice penale. Occorre pertanto stabilire se l’agente, per difendersi dall’aggressore armato, è rimasto all’interno dei limiti stabiliti dalla legge. Questo procedimento, che è di prassi, permetterà inoltre all’agente di nominare propri periti per gli accertamenti forensi.In ogni caso, come ha confermato ieri il procuratore capo di Verona, Raffaele Tito, l’indagine rimane «certamente in un contesto di legittima difesa posta in essere dal poliziotto». Tuttavia, ha aggiunto, «le indagini sono ora orientate a valutare se vi sia stata o meno una condotta colposa». L’ipotesi colposa, ha specificato il procuratore, «si ha quando c’è una reazione di difesa esagerata; non c’è la volontà di commettere reato, ma viene meno il requisito della proporzionalità tra difesa e offesa, configurandosi così una valutazione colposa e sbagliata della reazione difensiva». Entrando più nello specifico, Tito ha sottolineato che l’agente della Polfer, «con grande lealtà d’animo e forte senso istituzionale», già poche ore dopo l’accaduto si è reso disponibile all’interrogatorio del pm, nel quale, assistito dal proprio legale, «ha dettagliatamente ricostruito i fatti». I nuovi accertamenti, ha aggiunto il procuratore, sono stati affidati alla squadra mobile della Questura di Verona, «a dimostrazione di un’incondizionata fiducia da parte di questo ufficio». Prossimamente, inoltre, sarà realizzata l’autopsia sul corpo di Diarra, per appurare lo stato psicofisico del maliano e l’impatto dei colpi sparati dall’agente della Polfer.Vista la grande eco che ha suscitato la vicenda, con diversi politici che hanno commentato a poche ore dai fatti, sempre ieri si è fatto sentire anche il Siulp, il principale sindacato della polizia. «A chi propone letture fuorvianti e ingenerose dell’accaduto, ricordiamo sommessamente che i poliziotti hanno pochi istanti per poter decidere come reagire di fronte a situazioni emergenziali, e non lo fanno certo a cuor leggero», ha dichiarato in un comunicato Felice Romano, il segretario del Siulp. Che poi ha spiegato: «Il collega che ieri (l’altro ieri, ndr), per quanto emerso dai primi accertamenti, sembra essere stato costretto - ribadiamo: costretto! - a usare l’arma ha, come spiega il comunicato stampa della Procura della Repubblica, immediatamente dopo cercato di soccorrere l’aggressore che stava morendo. Basterebbe questo a capire che sotto quella divisa c’era una persona dotata di un profondo senso di umanità, che dovrà portare per tutta la vita il peso di quei brevi, drammatici momenti».Una volta resa nota l’iscrizione dell’agente della Polfer nel registro degli indagati, sulla vicenda è tornato anche Matteo Salvini: «Agente indagato perché questa è la prassi? Ribadisco il totale sostegno, mio e della Lega, a chi ha risposto a un’aggressione, difendendosi e facendo il suo dovere», ha commentato sui social il segretario del Carroccio. Nel frattempo, alle 18 di ieri, si sono date appuntamento alla stazione Porta Nuova alcune sigle dell’estrema sinistra, per esprimere solidarietà al maliano deceduto. A organizzare il sit-in è stato il Laboratorio autogestito Paratodos, che aveva ospitato Diarra al Ghibellin fuggiasco, una struttura occupata dagli attivisti ma ora abbandonata per il suo stato fatiscente: «A un bisogno di aiuto e cura si è risposto a colpi di pistola», hanno scritto in un comunicato i militanti di Paratodos. Anche se, di solito, chi chiede aiuto non lo fa con un coltello in mano.Oltre all’estrema sinistra, per piangere la morte del maliano che ha aggredito gli agenti, si è mossa anche la diocesi di Verona. Ieri, infatti, era prevista in duomo la «Preghiera giovani», appuntamento mensile dedicato agli adolescenti e presieduto dal vescovo scaligero, Domenico Pompili. L’evento però, per l’occasione, si è svolto nella chiesa di fronte alla stazione di Porta Nuova: la variazione del luogo, ha spiegato la diocesi in una nota, è stata decisa «all’indomani del triste episodio avvenuto domenica mattina con la morte di Diarra Moussa» e «vuole essere prima di tutto un segno di speranza, di pace, di luce».
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Nel libro postumo Nobody’s Girl, Virginia Giuffre descrive la rete di abusi orchestrata da Jeffrey Epstein e Ghislaine Maxwell e ripercorre gli incontri sessuali con il principe Andrea, confermando accuse già oggetto di cause e accordi extragiudiziali.