2020-02-11
Unicredit ufficializza 6.000 esuberi. Sindacati in trincea: «Spropositati»
Il gruppo comunica il piano delle uscite in Italia e la chiusura di 450 filiali. Rappresentanti dei lavoratori furiosi: «Mustier senza fair play e ossessionato dai risparmi. Ha già tagliato 700 milioni più del previsto»Alla fine la lettera ai sindacati con i numeri ufficiali sugli esuberi in Italia è arrivata. Tra il 2019 e il 2023 Unicredit prevede nel nostro Paese 6.000 uscite, sul totale di 8.000 decise a livello di gruppo, e la chiusura di 450 filiali. Nel dettaglio si tratta di 500 uscite già considerate nel piano industriale appena chiuso, Transform 2019, mentre 5.500 riguardano «nuove eccedenze» legate al piano Team23 presentato a Londra nel dicembre scorso dall’ad Jean Pierre Mustier. Ricordando che nel piano precedente la banca ha agito «in modo socialmente responsabile e continueremo a farlo». È quindi intenzione di Unicredit, si legge nella lettera, cercare «soluzioni condivise». Si guarda a quelli che maturano il requisito pensionistico entro il 31 dicembre 2023 (con diritto alla pensione fino all’1 gennaio 2024 compreso). Per le altre uscite, viene aggiunto, si «intende poi valutare in via prioritaria l’attuazione dello strumento del fondo di solidarietà di settore». In relazione a questa soluzione la banca «ritiene sostenibile far riferimento all’uscita di personale più prossimo al diritto di pensione, con un anticipo medio rispetto al primo requisito pensionistico di 36 mesi, adottando finestre di uscita che garantiscano certezza di realizzazione degli obiettivi di riduzione». Verranno inoltre approfondite «ulteriori forme di esodo» come «quota 100, opzione donna, riscatti di periodi non coperti da contribuzione». L’obiettivo dell’istituto di piazza Gae Aulenti è trovare un accordo entro il 31 marzo. Il confronto dovrebbe partire venerdì il 14 febbraio. Ma non sarà ispirato di certo da San Valentino perché i sindacati sono già sul piede di guerra. «Unicredit continua ad avere un atteggiamento inaccettabile», attacca Lando Maria Sileoni, leader della Fabi (il principale sindacato dei bancari). Che usa parole dure per Mustier: «Si illude di poterci squadernare un piano a scatola chiusa, di fatto senza discutere i numeri, tutti già cristallizzati nella lettera di avvio di procedura sul confronto che ci è arrivata oggi. A queste condizioni, diventa difficile poter avviare un negoziato basato sul fair play. Non solo ribadiamo che, a fronte di ogni due eventuali esuberi, dovrà corrispondere almeno un’assunzione, ma anche che tutti gli argomenti del piano industriale, nessuno escluso, andranno condivisi con le organizzazioni sindacali. Quanto all’ossessione dei tagli, vale la pena sottolineare che a fine 2019 i costi totali del gruppo si sono attestati a 9,9 miliardi, assai meno rispetto all’obiettivo prefissato a 10,6 miliardi. Vuol dire che il gruppo ha tagliato 700 milioni di troppo, di fatto senza motivo». Nel mirino poi la scelta di concentrare il 70% dei tagli al personale e alle filiali in Italia, che, però, contesta Sileoni, «è l’area di maggior profittabilità del gruppo, a livello europeo». Di numero «spropositato» parla il segretario generale della Fisac-Cgil, Giuliano Calcagni, e sulle barricate sale anche il segretario generale aggiunto della Uilca, Fulvio Furlan, per il quale «non esiste un problema di esuberi nel gruppo» e le uscite vanno limitate «a logiche volontarie e incentivate, servono assunzioni, secondo le logiche che hanno portato a rinnovare il contratto nazionale del credito e che il piano del gruppo pare smentire per concentrarsi solo sulla remunerazione degli azionisti». Nel frattempo, il ministro del Lavoro e delle Politiche sociali, Nunzia Catalfo, ha convocato i vertici di Unicredit per venerdì 21 febbraio. Il caso di Unicredit non è però isolato, anzi. Tassi a zero, Fintech e postumi della crisi finanziaria - cui si aggiungeranno presto anche gli effetti del consolidamento europeo - si stanno abbattendo sul sistema bancario, non solo italiano ma europeo, che deve trovare un nuovo centro di gravità permanente. Le regole del gioco, insomma, sono cambiate. Il risultato è che la gestione del personale operativo del front desk non può non passare dall’efficientamento della rete distributiva. Comparti come il private banking e il wealth management offrono servizi ad alto valore aggiunto richiedendo nuove competenze soprattutto nell’analisi dei dati che arriveranno da sistemi di intelligenza artificiale. Il profilo professionale di impiegato di rete è quindi destinato a scomparire, sacrificato sull’altare delle nuove tecnologie e dell’automazione di tutte le operazioni. Nella stessa lettera di Unicredit ai sindacati viene sottolineato che l’attività dei clienti allo sportello si è più che dimezzata in pochi anni, il numero delle operazioni effettuate in filiale è crollato del 55% mentre è «costante» l’aumento di clienti che fanno uso esclusivo di canali Internet o telefonici.
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